Aveva visto giusto Papa Francesco già al ritorno dal suo viaggio in Asia nel 2014:

I conflitti nei teatri di guerra internazionali preoccupano il Pontefice che torna a lanciare un appello, di ritorno dal viaggio in Asia. Il Papa ha denunciato l’efferatezza delle guerre non convenzionali e che sia stato raggiunto “un livello di crudeltà spaventosa” di cui spesso sono vittime civili inermi, donne e bambini. “La tortura è diventata un mezzo quasi ordinario”. Questi “sono i frutti della guerra, qui siamo in guerra, è una III guerra mondiale ma a pezzi”. “Dove c’è un’aggressione ingiusta posso solo dire che è lecito fermare l’aggressore ingiusto, sottolineo il verbo fermare, non bombardare o fare la guerra.

Il Papa: terza guerra mondiale, a pezzi

Parlava allora dei  bombardamenti Usa in Iraq. Vale oggi per i bombardamenti Russi, per gli orrori di questa guerra senza senso, per la crisi umanitaria, per l’escalation del conflitto e per la corsa agli armamenti. Chi lavora sui mercati internazionali vede le cose peggiorare da una settimana all’altra. Si pensava che lo stallo fra i due fronti potesse portare ad una ragionevolezza, ma l’intransigenza persiste e ha di nuovo vinto il partito della guerra.

Durante la pandemia c’era stata una perdita di oltre 8 punti di pil, che eravamo riusciti a recuperare nel 2021. Prima della guerra in Ucraina, avevamo una rinnovata fiducia delle imprese, e investimenti che potevano superare anche i livelli pre Covid. Ora aggiorniamo di settimana in settimana le proiezioni al ribasso, con aspettative di recessione, e inflazione che galoppa verso il 10%. A fine giugno ci potrebbe essere il blocco di oltre il 40% delle attività industriali.
Si prevede che la guerra durerà ancora a lungo. Tutto sembra spingere per buttarci giù, ma a non è una ragione per cui dovremmo perdere la fiducia, e per cui non dovremmo giocare bene le prossime difficili sfide globali.

E’ a rischio il Recovery plan?

Al contrario, è a rischio la visione burocratica del PNRR, che potrebbe essere ottimamente rimodulato e reso efficace per rispondere ai bisogni reali delle aziende.
Le aziende lavorano e reagiscono, ma vivono una situazione estremamente difficile da sostenere, e non possono fare da sole. Leggo che qualcuno ha paura che si metta a rischio l’attuazione del recovery plan. Il punto di vista è quello dei predatori del PNRR e va esattamente rovesciato.

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Abbiamo cominciato a vedere quanto spesso le prime applicazioni dei fondi PNRR siano caratterizzate da forzature burocratiche e da aspetti propagandistici. Per esempio lo abbiamo visto nelle recenti rimodulazioni del fondo 394, quanto meno stravaganti (vedere la newsletter ExportItalia della scorsa settimana).

Una scelta praticamente forzata è ora riorientare i fondi del PNRR in modo intelligente per sostenere un contesto che altrimenti sarebbe davvero insostenibile. E’ inoltre indispensabile un piano energetico europeo perché con aumenti del 1000% di energia, gas, fertilizzanti, e carenza di materie prime, Stato ed Europa devono intervenire.

L’export non è particolarmente colpito

L’export non è particolarmente colpito visto che le  vendite a Russia e Ucraina hanno una debole incidenza. Proprio per questo una visione economica saggia deve focalizzarsi strategicamente proprio sull’export per trainare l’economia.
Da un paese naturalmente esportatore è legittimo aspettarsi che  insieme a un piano energetico si adotti un piano che sostenga l’export delle PMI con rinnovato vigore. Sono  le piccole imprese che nel nostro paese sono il cuore dell’export, ed è con loro che si crea il rilancio dell’economia e la migliore risposta alla recessione interna.

Per fare questo vogliamo ricordare alla politica economica nazionale la necessità di una visione chiara in questa direzione. Le priorità sacrosante sono quelle di produrre in casa e comprare gas e petrolio dai nuovi fornitori alternativi alla Russia, ma attenzione, questi fornitori dobbiamo pagarli e per farlo dobbiamo produrre ed esportare.

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I nemici dell’export sono gli interessi che remano contro le piccole imprese, e talvolta  sono presenti anche nelle associazioni imprenditoriali: dobbiamo combattere queste lobby, e lavorare per aumentare il numero delle aziende esportatrici, il cui numero continua drammaticamente a calare nonstante le ingenti risorse allocate per favorire l’export e le PMI.

La guerra è il primo nemico dell’export, il secondo è la mala burocrazia dietro la quale si nascondono i grandi  interessi che alla fine sono gli stessi che spingono per la durata senza fine dalla guerra, lucrano sulla pandemia, e prendono d’assalto il PNRR. Noi però non perdiamo la fiducia e lo dimostriamo con due esempi:

Primo esempio: potenziamo e qualifichiamo i professionisti dell’export

Non perdete martedì 19 alle 16:00 la presentazione del primo corso istituzionale multiassociativo per l’accesso alla certificazione professionale di Export Manager in conformità alla norma volontaria UNI 11823:2021:

Si tratta dello standard professionale che mette un punto fermo sulla professione di Manager Esperto dei Processi Export, Import, Internazionalizzazione, individuando capacità e competenze e assicurando certezze alle aziende italiane. Si calcola che solo in Italia ci siano 20mila posizioni aperte per questa fondamentale figura professionale.

Secondo esempio: il Premio ExportItalia: aperta la call delle migliori export story

Cerchiamo nuove strade e nuovi modelli per lo sviluppo internazionale, e li premiamo come esempi da imitare. E’ aperta la chiamata dei migliori esempi di vitalità delle PMI Italiane assistite da un export management illuminato.

Con il patrocinio Maeci e Unioncamere, e il sostegno di BPER, il Premio partirà il 27 aprile con la giornata di apertura per richiamare le creatività e le migliori pratiche di export innovativo, collaborativo, digitale, e l’innovazione delle aziende italiane e dei loro imprenditori ed export manager.

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Giuseppe Vargiu
Presidente Uniexportmanager