Con l’opinione pubblica e l’attenzione polarizzata sugli orrori e le atrocità di questa guerra criminale, non c’è dubbio che qualcuno sfrutti il momento per far passare le misure più impopolari. Abbiamo accettato il confinamento, i vaccini obbligatori, i greenpass inutili, cosa volete che sia accettare l’allocazione di miliardi per comprare armamenti, o spegnere il condizionatore per vincere la guerra?

Succede cosi che questi giorni si prendono impegni pesanti, e  l’assalto alla diligenza del PNRR viene sapientemente orientato a favore delle lobby di turno senza che nessuno ne parli e tanto meno si opponga. Per esempio si allocano 60 milioni di PNRR per una inutile pista di bob che devasta Cortina.

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La strategia Italiana per sostenere l’export

Tanto per intenderci e ritornare al tema ExportItalia 2030, 60 milioni sono molto più di quanto il Patto per l’Export abbia stanziato per sostenere le PMI che ingaggiano export manager. Ora, se la strategia per l’export del Made in Italy  è fabbricare ed esportare piste di Bob, diciamocelo. Ma sappiamo che non è cosi.
La Strategia Italiana Export, sottoscritta condivisa e conclamata  a tutti i livelli da Governo, Ministri e Sottosegretari, dalle Regioni, dai rappresentanti delle Associazioni imprenditoriali che siedono nella cabina di Regia, dal Comitato Agevolazioni, e dal Patto per l’Export, è quella di sostenere  le PMI e aumentare il numero delle aziende esportatrici. O no?
Il proclama lo rivediamo in questi giorni a Vinitaly. E’ una della fiere simbolo dell’export Italiano:

Giustamente la partecipazione della maggior parte delle aziende italiane espositrici a Verona è sostenuta da cospicui incentivi pubblici, era il meno che si potesse fare vista l’entità dei fondi (oltre 5 miliardi) a disposizione per l’export delle PMI (ossia le aziende che arrivano a un massimo di 250 milioni di fatturato).
Fin qui tutto bene, ma per sostenere l’export delle PMI  in tempo di guerra, occorrerebbe molto di più. Vediamo come interviene la Simest, ossia la SpA governativa istituzionalmente delegata a sostenere la crescita e la competitività delle aziende italiane che operano con l’estero. Le sue linee di attività sono i Finanziamenti Agevolati, le Partecipazioni al Capitale, e il Supporto all’Export.

Quali interventi per l’export delle PMI in tempo di guerra?

Con un comunicato dell’8 aprile 2022, SIMEST comunica importanti modifiche sullo strumento PNRR “Transizione Digitale ed Ecologica”. Dal prossimo 27 aprile lo strumento “Transizione Digitale ed Ecologica”, inizialmente finalizzato a sostenere gli investimenti in tecnologia e in sostenibilità delle sole PMI, sarà esteso anche alle imprese a media capitalizzazione (ossia quelle non qualificabili come PMI e con un numero di dipendenti fino a 1500 unità).
Qual’è la coerenza di questo ampliamento stile robin hood all’incontrario che porta via le risorse delle PMI e le destina ai grandi gruppi? Quotiamo qui quanto recita il comunicato Simest:

"Le Modifiche che sono tese a incentivare i processi di innovazione tecnologica anche delle aziende mediamente strutturate, le quali potranno così fungere da traino alle filiere costituite da piccole e micro imprese..."

Ah, ecco cosa ci eravamo persi. 

I grandi gruppi presenti a Vinitaly con 500 metri di stand faraonico ora esultano perchè con la transizione digitale saranno loro a sostenere i 40mila vignaioli italiani e la miriade di piccoli espositori invisibili ai buyer nei loro minuscoli booth. Naturale, finanziamo i grandi con l’obiettivo di proteggere i piccoli, quelli che remano e portano avanti la barca, ai quali lesiniamo le risorse. E’ geniale! Chapeau.

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Vogliamo ricordare che allo stesso modo nel 2020 la grande maggioranza del fondo 394 è stata spesa per ricapitalizzare e patrimonializzare anche con fondo perduto gli investimenti esteri dei grandi gruppi italiani. Sempre con grande beneficio delle PMI, notoriamente sostenute dai loro concorrenti mid cap. Detto questo, andiamo a vedere quali sono stati i risultati dei fondi già spesi finora (non si hanno ancora i dati delle aziende esportatrici nel 2021, mentre è aumentato l’export ma è diminiuto l’avanzo commerciae). Nel 2020 avevamo perso 20mila esportatori rispetto a 5 anni prima.

Quali sono le priorità Simest?

La struttura, originariamente organizzata per gestire 1000 operazioni l’anno rivolte soprattutto a finanziare aziende Medio-Grandi, si è trovata improvvisamente a far fronte a 13mila richieste l’anno. Un impatto non da poco. C’è stato un primo momento di efficienza straordinaria, della quale come dicevo hanno beneficiato soprattutto quelle che possiamo chiamare le mid cap italiane, che hanno praticamente prosciugato  il fondo 394.
Dopo che i buoi sono scappati, si è chiuso il cancello. E’ arrivato il PNRR,  l’intensità delle misure fondo perduto è calata al 25%, si è consentito l’accesso alle sole PMI con operazioni limitate a 300mila euro. Oggi, tutti i giorni pervengono segnalazioni  alle associazioni professionali (Uniexportmanager in primis) e imprenditoriali  sulla situazione dei finanziamenti Simest. Le procedure sono diventate lunghissime, e vengono richiesti gli stessi documenti più volte durante il processo. 

Molteplici casi evidenziano due aspetti, non necessariamente alternativi:

  1. è stata posta in essere una strategia per ” demotivare” le aziende, soprattutto quelle più piccole.
  2. la gestione dei Finanziamenti delle richieste non è più sotto controllo come in passato.

Quando qualcosa non va bene logica vuole che chi è responsabile attivi azioni correttive.

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In risposta a tutto questo viene fuori l’ampliamento dei beneficiari. Appare nei fatti il duplice obiettivo di alleggerire il carico di lavoro sulla struttura della società di Stato, e di dare priorità a favore delle mid cap.
E Le PMI ? che si mettessero in fila.
Certamente per gli apparati amministrativi  è molto più facile lavorare su richiedenti già consolidati e su pratiche da un milione, che non su piccole aziende, meno affidabili proprio perchè più bisognose di supporto, che chiedono 15mila eur per una fiera.

Resta il fatto che il fondo 394 e il PNRR sono preordinati a sostenere l’export delle aziende italiane che ne hanno bisogno, e non a fare capitalismo di stato a favore delle lobby e dei grandi gruppi. Non è dato neanche sapere chi siano stati i  beneficiari dei finanziamenti 394, come ci si aspetterebbe invece da un elementare principio di trasparenza ogni qualvolta si erogano fondi pubblici. Al contrario, le erogazioni sono blindate, come i fondi che passano per le Isole Cayman.

Il contesto e le azioni necessarie (ExportItalia 2030)

Il contesto dell’export in tempo di guerra  lo ha prospettato Confindustria la settimana scorsa.

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Se va bene torneremo nel 2023 ai livelli del export 2015. E  l’import sarà superiore all’export, generando disavanzo commerciale. Una cosa si può e si deve fare: puntare strategicamente a sostenere le PMI.

Parliamo di centinaia di migliaia di imprese vive e vitali che resistono lavorano e danno lavoro e sono il cuore dell’economia futura del nostro paese. Per adattarci al nuovo ordine emergente del commercio mondiale, la  visione deve essere mirata al 2030, portando la  potenza creativa industriale delle piccole aziende italiane oggi polverizzata a tradursi in presenza commerciale sui mercati esteri.

A queste aziende bisogna dare risorse, competenze, ed export manager, sono queste le armi per vincere la guerra dell’export. La competenza di un export manager in ogni azienda porta sviluppo, occupazione e guadagni. Altro che finanziare le lobby, gli apparati, e le aziende che magari delocalizzano. E’ uno dei temi guida del pensiero #ExportItalia2030, di cui questa newsletter è espressione.

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Con i colleghi sella sezione Vino Uniexportmanager al lavoro in questi giorni a Vinitaly condividiamo qui come sempre le tesi del pensiero Exportitalia2030, e annunciamo l’avvio del Premio ExportItalia, con il patrocinio di Maeci e Unioncamere, e il sostegno di BPER, che partirà il 27 aprile da Modena con una giornata di apertura e la premiazione dei laureati con tesi sull’internazionalizzazione dell’Università di Modena, per richiamare le creatività e le migliori pratiche di export innovativo , collaborativo, digitale, e l’innovazione delle aziende italiane e dei loro imprenditori ed exportmanager.

Giuseppe Vargiu
Presidente Uniexportmanager