Nel 2020 ogni euro investito in export e innovazione è destinato a rendere ancora di più. Un principio che valeva già da tempo che poche delle aziende italiane hanno finora recepito . Tanto è vero che l’export del madeinitaly è cresciuto ancora, ma il numero delle aziende esportatrici è sceso ulteriormente .

Lo dimostra il grafico: l’export cresce, il pil cala.

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Per chi si ostina a fare business dall’Italia, e ci crediamo ancora in tanti grazie a Dio,   ci vuole poco a comprendere dove puntare: e non  è certo sul mercato domestico.

Il contesto

L’Italia di oggi è un posto dove si produce poco ma si consuma moltissimo. Un posto dove i cittadini che non lavorano hanno superato ampiamente il numero di coloro che lavorano, dove larga parte della popolazione ha accesso a consumi opulenti e dove allo stesso tempo la produttività è ferma da vent’anni.

I consumi interni continuano a tenere, veglioni e cenoni di fine anno fanno il pieno, ma il declino dell’Italia è nei fatti.  Solo che è sufficientemente lento da auto ingannarci, pensando che i problemi verranno al pettine solo nel lungo periodo. Quanto ancora potremo resistere? Fino a quando continueranno le PMI, a auto ingannarsi?

Secondo il rapporto di Osservatori.net il sistema economico italiano, costituito prevalentemente da micro realtà – delle oltre 5 milioni di Partite IVA attive sono “solamente” 4.500 le grandi imprese – fatica  a decollare. In uno scenario molto frammentato, oggi, oltre la metà delle aziende del nostro Paese investe meno dell’1% del proprio fatturato in progetti di digitalizzazione, b2b digitale e un’azienda su tre ha ancora tra le priorità la sola digitalizzazione dei processi interni. Una propensione all’innovazione  tutt’altro che entusiasmante. Se non vogliamo perseverare nell’autoinganno bisogna reagire.

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 Export , Innovazione , Cambiamento

Il rapporto IceIstat 2019 lo conferma: le aziende italiane esportatrici sono meno del 2% e le misure finora attuate dal sistema Italia, non solo non aumentano il numero delle aziende esportatrici ma lo riducono. L’export italiano deve cambiare con una nuova visione volta a valorizzare sul serio i milioni di pmi italiane potenzialmente esportatrici.

 Parliamoci chiaro: siamo l’unico paese avanzato che non sa creare lavoro ad alto contenuto di conoscenza, si crea lavoro di basso profilo e si fanno emigrare i laureati.

Il sistema imprenditoriale italiano non è stato finora capace di intercettare una propria via all’innovazione e valorizzare a livello di mercati internazionali l’incredibile patrimonio che abbiamo in termini di persone, territori , aziende.

Si mandano baldanzosi startupper a perdere tempo in silicon valley e si cerca di imitare improbabili modelli americani: ci sono una valanga di incubatori ma nessuno investe nelle startup del sistema Italia. Intanto nelle aziende Italiane neanche si sa l’inglese.

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 Dobbiamo trovare qui i nostri modelli di sviluppo coerente con i punti di forza di un paese che può decuplicare la sua capacita di esportare conoscenza, turismo,cultura , prodotti delle pmi, tecnologia, energia imprenditoriale.

Qualcosa ha iniziato a muoversi con i programmi istituzionali che spingono le aziende a portare innovazione.

 Le opportunità ci sono

Il rapportoSACE-SIMEST di dicembre sull’export 2020 e sul triennio  2021-2023 ci prospetta uno scenario dove, per chi avrà l’intelligenza di sfruttarle, le opportunità prevalgono sulle minacce.

Certo il quadro internazionale non è incoraggiante  con le tensioni economiche fra USA Russia Cina, Brexit, dazi e barriere crescenti .  E’  vero che ogni nuova barriera doganale, normativa, logistica (ad esempio i costi per ottenere le autorizzazioni o le certificazioni) vale per tutte le aziende internazionali, ma è anche vero che queste barriere incidono in modo molto maggiore sulle PMI, che  hanno un volume d’affari più basso, in italia sono stragrande maggioranza .

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Resta il fatto per il prossimo triennio saranno i mercati esteri e l’innovazione i driver fondamentali della crescita delle aziende italiane .

 Cosa fare per beneficiarne?

 La hit parade delle priorità per chi fa export e innovazione

Per chi ritiene utile affrontare il 2020 in modo positivo cercando i fattori di successo per l’export, ecco la classifica delle priorità , messa a punto  insieme ai colleghi di Uniexportmanager. 

Naturalmente non abbiamo alcuna pretesa di esaustività ma molti farebbero bene a rifletterci su , lavorare e approfondire, con un rinnovato approccio mentale e imprenditoriale all’export e all’innovazione digitale. (tra parentesi per ogni priorità la posizione in classifica all’inizio del 2019).

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 1. (1)     Pensare positivo.  

Resta il primo imperativo categorico per chi vuole fare business in Italia e conservare salute mentale.   Essere positivi  non è essere ottimisti  vedere tutto rosa e pensare che i problemi si risolvono sa soli. E ovviamente nemmeno essere disfattisti, ingigantire gli ostacoli, vedere tutto nero .       Pensare positivo è essere concreti su quello che siamo e possiamo nella oggettiva situazione in cui ci troviamo, e darsi da fare di conseguenza. Per esempio invece di pensare “nel 2020 avremo gravi problemi” pensate “nel 2020 la partita sarà  difficile , ma abbiamo  le soluzioni e gli strumenti per vincerla nel modo migliore possibile e ci attrezziamo per farlo”   

 2. (11) Anticipare i trend

Fiutare il vento che tira su mercati e tecnologie e anticipare per tempo  le tendenze emergenti per trarne profitto è sempre stata la caratteristica degli imprenditori vincenti. Ecco alcuni dei trend emergenti:

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La Cina si sta aprendo e gli USA si stanno chiudendo. La Cina sta facendo agli americani quello che loro a suo tempo fecero agli inglesi, diventando il fulcro del commercio mondiale. La storia si ripete. Non state pensando a questo mercato? I vostri concorrenti lo faranno. La Cina non è roba di fiere o missioni da un giorno a seguito del ministro. Ma per chi ha una strategia precisa, mezzi e risorse si trovano cosi’ come la risposta di un mercato che non è mai stato cosi ricettivo. Per chi c’è.

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L’innovazione nell’export. Sapevate chi è, dopo gli USA, il secondo esportatore mondiale di agri-food? L’Olanda! Con una superficie 300 volte piu’ piccola. E la nostra agroindustria da chi dovrebbe prendere esempio? Ma perchè gli olandesi vendono più formaggio di noi? Per non parlare del latte olandese e che alimenta la ns industria casearia… Potrmmo farlo anche noi. Basta Semplificazione, innovazione digitale, ottimizzazione logistica. 

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La longevity economy e il mangiare per star bene. Le persone over 50 comprano sempre di piu’ , hanno piu’ tempo e più soldi. Nel mondo il loro potere d’acquisto è valutato 13 trilioni di dollari . Le aziende ancora non comprendono questo trend e non sviluppano in modo adeguato prodotti mirati per loro . Con qualche eccezione: per esempio il sistema ItaliaLongevity food un canale b2b mirato ad attrarre i buyer che percepiscono le valenze di buono sano naturale che fa vivere a lungo del food&wine italiano.

Il Giappone Si tratta del secondo partner commerciale dell’Unione Europea ed è un grande amante del Made In Italy, dai prodotti moda, all’industria, dalla tecnologia all’arte, dal wine and food al design. Grazie all’eliminazione di circa il 90% dei dazi per le imprese europee che esportano, il Giappone, costituisce un’opportunità di business unica, ma è importante comprendere che “esportare” presuppone costruire relazioni a lungo termine che sono in grado di essere profittevoli. Vedi anche la priorità  paesi obiettivo, alla 7 posizione.

Le tecnologie esponenziali Sono quelle determinate tecnologie che crescono, in capacità, ad una velocità maggiore rispetto alle altre. Queste tecnologie hanno avuto negli ultimi anni un impatto incredibile nella nostra vita e nella nostra società, modificando in maniera profonda il modo in cui facciamo affari, interagiamo tra di noi e il modo in cui viviamo e affrontiamo i problemi delle persone e delle aziende. Chi le ignora fa come chi ignorava l’internet 20 anni fa.

 3.  (2)  Investire è necessario. 

Allocare in modo intelligente un budget in misura di almeno un 7% del vostro fatturato a investimenti connessi all’export è il primo presupposto se volete crescere all’estero. La redditività è un fatto matematico: se investite zero il ritorno è zero, maggiore l’investimento, maggiore il ritorno. Lo dimostrano i costanti risultati di crescita delle aziende più grandi,  che hanno scommesso sull’export e innovazione con un rischio calcolato. Sbaglia chi pensa di poter lavorare sull’estero senza risorse in grado di gestirlo con adeguata continuità. Serve anche investire in modo intelligente: serve a poco fare decine di fiere (che costano sempre di più e rendono sempre di meno) se non si è organizzati per rispondere alle mille problematiche del commercio internazionale.

 4 (5)     L’export digitale.

Non è piu questione di pagine web o presenza su Amazon, Albaba o Wechat. Bisogna gestire il digitale nella sua continua evoluzione con tutte le sue innumerevoli opportunità , i molteplici canali, acquisire la capacità di beneficiare della quantità incredibili e crescenti di dati e informazioni disponibili.

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Secondo l’edizione 2019 dell’Osservatorio della School of Management del Polimi, la vendita all’estero di beni di consumo attraverso i canali elettronici continua a crescere (+12%), ma rappresenta ancora solamente il 7% delle esportazioni totali. Serve un cambio di passo nella cultura di impresa, soprattutto tra le Pmi.

 L’ecommerce italiano di beni di consumo verso l’estero nel ha toccato i 9,2 miliardi di euro, ma vale ancora solo il 6,4% della «torta» complessiva, pari a 144 miliardi di euro. I ritmi di crescita sono sostenuti, ma l’approccio all’export per molte aziende si serve quasi esclusivamente dei canali offline e ignora le potenzialità di una internazionalizzazione digitale. La valorizzazione del digitale è uno skill che non può mancare nei progetti export 2020 per acquisire nuovi mercati ma anche per potenziare quelli tradizionali. (infografica Corriere della Sera).

5.  (4)   Esternalizzazione e smart working . 

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Il presidio dell’export in va operato in pianta stabile in ogni azienda. Ma ben poche PMI possono permettersi una risorsa dedicata in servizio permanente. D’altra parte chi lavora sull’estero non deve per forza esser presente in azienda. Che senso ha spostarsi da casa a ufficio quando il 90% del lavoro è fra telefono e computer? O quando i nostri partner esteri lavorano sei ore avanti, 7 ore indietro, fanno festa giovedi o venerdi, sono operativi a Ferragosto? Organizzate in modo flessibile senza orari e spostamenti chi lavora il vostro export, e scegliete collaboratori interni o esterni in base alla capacità e competenza e non alla vicinanza. Digitalizzare le attività operative, avvalersi di professionisti in modalita flessibili come il frazionale , l’export manager a domanda, ampliare la rete di chi collabora come residente estero…

 6  (9) Agevolazioni e incentivi

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Fare export costa, cosi come fare innovazione: per questo cresce l’importanza di intercettare finanziamenti e incentivi per sostenere attività il cui ritorno commerciale è necessariamente a medio termine. Il  2020 sarà l’anno degli innovation manager. Il piano straordinario per l’export è stato rifinanziato,  ci aspettiamo qualcosa di meglio rispetto al voucher temporary che non ha avuto risultati esaltanti, dal momento che il numero di aziende esportatrici è diminuito. Comunque siano strutturate  le misure non si può non accedervi, i vostri concorrenti lo faranno.

 7  (11).  I paesi obiettivo:

Prima di esportare bisogna pianificare , per pianificare bene occorre focalizzare i trend emergenti insieme ai paesi obiettivo.

La corretta individuazione delle destinazioni dove concentrare gli sforzi è fondamentale . La scelta dei paesi obiettivo non è facile nè univoca e deve esser fatta ricorrendo a esperti o fonti qualificate.

Una strategia puo essere individuare quesi paesi dove la nostra presenza è inferiore alla potenziale domanda: non solo paesi lontani , ma anche la stessa Germania per esempio.

Qui segnalo come fonti di riferimento  e studio il webservice ExportPlanning di Studiabo e il portale  istituzionale SaceSimest  che  si è notevolmente evoluto ed è diventato una delle fonti informative (e formative) piu’ utili   per chi si confronta con le problematiche export.

Secondo il piu’ recente aggiornamento del rapporto Sace Simest (reperibile sul sito o scaricabile dal repertorio servizi gratuiti di Italybureau.it),  in termini di mercati, le opportunità andranno colte a ogni latitudine, tenendo conto delle evoluzioni di mercato e talvolta di specifici segmenti e prodotti. Tra i Paesi più promettenti vi sono diverse geografie asiatiche, tra cui Cina, GiapponeIndiaMalesia e Vietnam, ma anche alcune economie del Nord Africa, come il Marocco. In America Latina, nuove occasioni di business potranno emergere in Perù; in Medio Oriente, occorrerà intercettare la domanda proveniente dal Qatar; tra i Paesi dell’area CSI, l’Ucraina potrebbe rivelarsi una sorpresa; nell’Europa dell’Est infine, PoloniaRepubblica Ceca e Ungheria potrebbero regalare ancora soddisfazioni agli esportatori italiani.

Una strategia univoca per tutte le aziende e tutti i settori non esiste: le opportunità maggiori vengono dai paesi a maggior potenziale di crescita dove la nostra presenza è sotto rappresentata:

Cina: In Cina esportiamo meno che in Belgio eppure la domande e l’attrattività del madeinitaly è molto maggiore alla nostra presenza effettiva. Per entrare in Cina non bastano le fiere. Occorre essere presenti col proprio prodotto in loco, e adottare modelli di export condivisi cha abbattono i costi di logistica e dogana. Attenti alle piattaforme tipo Alibaba: sono uno strumento formidabile per acquistare, ma per vendere in Cina presentano rischi nascosti e barriere che moltiplicano costi e rischi. Trovate validi partner locali e ragionate su fare tappa a HongKong o nelle nuove zone franche.

Il Canada  E’ un mercato che diventa tanto piu’ interessante quanto piu’ si innalzano le barriere negli USA . In piu’ c’è l’accordo per l’abbattimento dei dazi doganali. Anche qui valgono le considerazioni fatte per la cine sull’aggregare e condividere logistica, spedizioni e partner locali.

Giappone : L’interscambio commerciale con il Giappone ha segnato un gigantesco balzo in avanti grazie all’abbattimento dei dazi. 

Brasile E’ una delle ex tigri bric che dopo la crisi è in fase di forte recupero , con la piu’ grande popolazione residente di origine italiana. Offre grandi opportunità nel lusso, attrezzature , nautica, design, arredo. Ha un mercato online fra i più estesi al mondo. Anche qui pero’ attenzione alle barriere doganali e a una burocrazia complicata.

 8. (16) Interazione diretta con clienti e buyer  

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Guadagna posizioni il bisogno di interazione e conversazione con i clienti. La domanda di MadeinItaly cresce, ma negli ultimi anni siamo diventati cari e la concorrenza si è moltiplicata. Per cui anche nel 2020  tutto il potere lo avrà chi compra, anzi chi paga. Non puo’ essere diversamente in un mercato globale sempre più competitivo. Per questo sarà indispensabile una sempre maggiore ricerca della relazione diretta con il Cliente  …che non potrà prescindere però dall’innovazione digitale, anzi al contrario, dovrà avvalersene. Sempre piu’ importanti saranno i tool di marketing conversazionale e le tecniche di guerriglia marketing, virus marketing, content marketing, social mktg  per generare leads, trasformarli in prospect , poi in clienti e soprattutto mantenerli. Chi lo fa nella vostra azienda?

 9. (3)    Lean management .

Ossia approcciare l’export in modo agile. Il lean management è un modello organizzativo finalizzato all’eliminazione dello spreco e della variabilità non necessaria in tutti i processi aziendali attraverso un continuo processo di sperimentazione e risoluzione dei problemi aziendali, particolarmente adatto alle aziende impegnate in percorsi di export e internazionalizzazione. Ogni nuovo progetto estero orientato a un approccio agile e “light” riduce costi ed evita errori soprattutto in fase di startup su nuovi mercati.

Nuovi format di lean management stanno guidando l’export italiano nel Franchising e nel retail innovativo . Come definireste il vostro approccio nella proposizione di valore sull’estero?

 10 (6 – 7)     Condivisione risorse, Reti, Ecosistemi di imprese  

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 Le aziende che si aprono a iniziative condivise ottengono di piu’ e spendono molto meno. Per cui con il budget di una sola fiera 5 espositori insieme fanno 5 fiere , condividendo lo stesso spazio , moltiplica ndo l’attrattività dello stand, scambiando positiva esperienza. Cercate le opportunità di condivisione con aziende partner e siate aperti a ospitare aziende partner nelle vostra iniziative, avrete solo da guadagnarci.

Tutte le iniziative di condivisione favoriscono la crescita del numero delle imprese esportatrici, soprattutto di piccole e medie dimensioni e localizzate su tutto il territorio nazionale .

Lo strumento rete di impresa applicato all’estero se usato correttamente ha potenzialità dirompenti. Le reti consentono di avere a disposizione un insieme di soluzioni che permettano alle imprese di migliorare i processi produttivi ricorrendo a nuove tecnologie e a nuove metodologie, tra cui i percorsi “Export 4.0” (vedi priorità 11)  che abilitano le imprese all’innovazione e al digitale. Le filiere possono rappresentare a tal fine un veicolo strategico per facilitare la trasmissione di informazioni, tecnologie, competenze e propensione al cambiamento tra le imprese che ne fanno parte.

 11  (10) L’export 4.0 . 

Chiamiamo export 4.0 quegli interventi che rimodellano l’organizzazione aziendale in funzione del business internazionale e delle tecnologie emergenti. Questo significa riunire insieme i vantaggi del digitale, del lean management, dell’innovazione di prodotto e di processo , dello smart working e dell’internazionalizzazione.  

Abbiamo parlato prima di tecnologie esponenziali: in Italia esistono enorni potenzialità su IOT, INTELLIGENZA ARTIFICIALE, BLOCKCHAIN, STAMPA 3D ,NANOTECNOLOGIE, ROBOTICA, BIOTECNOLOGIE, REALTÀ AUMENTATA, REALTÀ VIRTUALE,QUANTUM COMPUTING, BIGDATA, TECNOLOGIE GREEN, SMART CITIES.

Ogni imprenditore dovrebbe riuscire a ragionare superando la visione ristretta del ritorno commerciale immediato. Con la nuova legge di bilancio  gli investimenti di questo tipo possono essere recuperati fino al 100% mettendo insieme agevolazioni fiscali come il bonus ricerca sviluppo innovazione, o le misure industria 4.0 con incentivi export e internazionalizzazione.

 12   (–) Rafforzare la presenza  all’estero ,

attraverso processi di internazionalizzazione che puntino ad un maggior presidio dei mercati locali, molto  utile nell’attuale congiuntura di inasprimento delle misure protezionistiche.

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Questo porta aumento del valore medio unitario dei beni esportati dà maggiore continuità alle vostre attività all’estero.

Anche per controbattere l’italian sounding. 41 miliardi vale l’export food madeinitaly a fronte di un falso valutato 100 miliardi. Se un prodotto è ottimo, se una marca è rinomata, è inevitabile che siano tantissimi gli imitatori e i falsificatori. Così è per il brand madeintaly e i per i prodotti autenticamente italiani. A perseguirli ci proviamo da anni con scarso successo. Il punto è che bisogna presidiare i mercati. Il madeinitaly farlocco prospera dove non c’è quello vero. E noi non ci siamo! Abbiamo 100 miliardi di motivi per organizzare meglio la nostra presenza all’estero.

 13.  Nicchie di mercato :

In Italia piccole aziende sconosciute che raggiungono posizioni leader della loro nicchia di mercato con strategie di differenziazione di prodotto o servizio esportano mediamente piu’ del 50% anche nei settori tradizionali e nei mercati maturi piu’ competitivi. Molto utile mettere insieme strategie di nicchia con anticipazione dei trend emergenti (vedi priorità 2).

 14  (8)   Le iniziative di sistema  

ICE, Ministeri Esteri e SviluppoEconomico, Camere di Commercio, Regioni , Associazioni . A metà 2019  il Ministero degli Esteri è subentrato al MISE nel sovraintendere al Commercio Estero. Questa discontinuita ha generato qualche perplessità, ma potrebbe anche essere una scelta giusta. Tutto sta nell’avere strategie chiare e univoche per l’export del sistema Italia. In ogni caso è stato dichiarato dalle Istituzioni  a tutti i livelli un impegno molto forte per promuovere l’export del sistema Paese, con iniziative che sostengono Reti e condivisioni , cosi come momenti collettivi di formazione e aggiornamento. 

Per le PMI è sempre  bene partecipare ma soprattutto selezionare e gli eventi: tutti gli enti si sono attribuiti scelte burocratiche più o meno centrate che loro chiamano strategia di specializzazione intelligente. Per le aziende prima di tutto conta  la coerenza con le proprie strategie imprenditoriali.

 15. (–)  Risk management  e costanza negli investimenti .

 Il 90% delle aziende italiane con performance superiori alla media ha aumentato gli investimenti nell’ultimo triennio (nuovi prodotti, nuovi mercati, capacità produttiva, promozione export). Gli investimenti vanno sostenuti con costanza e intelligenza per generare i frutti attesi.

Intelligenza vuol dire anche una oculata gestione del rischio di ogni iniziativa estera.

C’è molto peggio di non vendere:  ed è vendere e non essere pagati. Essere imprenditori coraggiosi non vuol dire essere sconsiderati. Esistono nella vs. Azienda procedure e competenze che prevedono la valutazione dei rischi, dei clienti, dei paesi? E l’uso di strumenti che comunque affievoliscono questi rischi?

 16 . (16) Tempestività e reattività sul mercato :

Tra i fattori critici del  successo all’estero resta  il saper rispondere velocemente e spesso anticipare Clienti e Mercato . La flessibilità è il vero punto di forza delle piccole aziende che possono mettere in campo la loro capacità di rapido  di adattamento con percorsi di agile riposizionamento per cogliere al volo le opportunità emergenti

 Uniexportmanager, l’associazione professionale  scaturata dal cambiamento in atto in una delle piu’ grandi confederazioni imprenditoriali italiane, nel suo primo anno di attività ha riunito moltissimi export manager  italiani che si riconoscono in un nuovo modo di concepire e lavorare  l’export insieme all’innovazione , al digitale, ai nuovi modelli di Export Manager frazionale e ExportManager A Domanda .

Associamo professionisti Export Manager e Innovation Manager in tutta Italia . La campagna associativa 2020 su Uniexportmanager.it . Abbiamo avviato iniziative e progetti, prima fra tutti la NormaUNI sulla professione di “Manager Esperto per i Processi di Export/Import ed Internazionalizzazione” che è entrata in fase normativa coinvolgendo tutti gli stakeholder.

La nostra sfida ha l’obiettivo piu’ volte dichiarato ma finora mai raggiunto,  di contribuire ad aumentare il numero delle aziende italiane che diventano realmente esportatrici.  

Abbiamo le idee molto chiare su come fare. E siamo aperti a collaborare con tutti coloro che vorranno condividere con noi questo obiettivo. Vedrete presto iniziative ed eventi del 2020.

Buon Anno!

Beppe Vargiu