Il 27 giugno l’ONU celebra la giornata mondiale della piccola impresa dedicata alle micro, piccole e medie imprese (MPMI). Tale ricorrenza vuole ricordare il contributo vitale di queste realtà nell’affrontare i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (UN SDGs). L’Unione Europea negli ultimi dieci anni ha promosso con insistenza lo sviluppo sostenibile, ponendo il Green Deal e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) al centro delle sue politiche, con l’ambizione di guidare la transizione ecologica e sociale del continente. Oggi, però, la stessa Europa decide di impegnare il 5% del PIL per la spesa militare, in risposta alle nuove minacce percepite, in particolare dalla Russia, e in coerenza con gli accordi presi in sede NATO. Si tratta di un cambiamento epocale: per l’Italia, ad esempio, significa passare da circa 45 miliardi di euro l’anno a 145 miliardi, una cifra superiore a quella investita in scuola e università e più del doppio dell’ultima manovra finanziaria.

Questa svolta appare incoerente rispetto alla narrazione dominante degli ultimi anni: dopo aver indicato lo sviluppo sostenibile come priorità assoluta, ora si afferma che la sicurezza militare è la vera urgenza. Le risorse che fino a ieri venivano considerate indispensabili per la transizione verde e la coesione sociale vengono dirottate verso il riarmo, con il rischio di mettere in secondo piano gli stessi obiettivi che l’Europa aveva definito come vitali per il proprio futuro. In sintesi, l’Europa, da un lato, si proclama leader mondiale nella lotta per la sostenibilità; dall’altro, di fronte a minacce ipotetiche come minimo, è pronta a sacrificare parte di quella visione di lungo periodo per una risposta immediata di tipo militare. Questa scelta solleva dubbi sulla coerenza e sulla reale gerarchia delle priorità europee, e rischia di minare la credibilità stessa del progetto di sviluppo sostenibile che l’UE ha promosso con tanta forza negli ultimi dieci anni.

Lanciati nel 2015, e sottoscritti dai Governi di tutto il mondo, gli SDGs rappresentano un enorme progetto per costruire un futuro migliore e più sostenibile. Essi coprono moltissimi ambiti, dalla lotta alla fame al diritto all’istruzione.

Sono i dati della Commissione Europea a dirci che oltre il 99% delle aziende europee è costituito da piccole e medie imprese. Insieme, esse generano circa il 58% del valore aggiunto nell’UE e forniscono il 67% dell’occupazione. L’obiettivo di sostenibilità 8 (lo trovate declinato in dettaglio a fine articolo) richiede una riforma globale del nostro sistema economico e finanziario per affrontare l’aumento del debito, le incertezze economiche e le tensioni commerciali, promuovendo insieme crescita, retribuzioni eque, un lavoro dignitoso e la  crescita delle mPMI. I contributi delle mPMI all’Obiettivo 8 sono importantissimi. Moltissime promuovono una crescita economica inclusiva e sostenibile, e creano un’occupazione dignitosa estesa anche alle fasce più povere. In più, aiutano a realizzare un’industrializzazione sostenibile, oltre a essere innovative. Tutte le misure del PNRR sono legate a obiettivi di sostenibilità.

Sono le misure a sostegno delle mPMI quelle che contribuiscono di più a migliorare la qualità della vita. Il contesto nel quale viviamo oggi la  giornata delle mPMI 2025 è devastante: si estendono crisi climatica ed energetica, prosegue la guerra in Ucraina, resta saldo il sostegno europeo al genocidio di Gaza (comunque lo si chiami), permane l’incertezza sul commercio internazionale e la debolezza dell’economia globale. Ma l’elemento più grave è che questo obiettivo, cosi come molti obiettivi e i valori portati avanti dall’ ONU, nella rinnovata visione di Europa che emerge in questi giorni, si allontana. Così come sempre di più si allontana una politica europea a favore dello sviluppo delle mPMI, portatrici di interessi che non sembrano prioritari.

Nel 2015 si sottoscrivevano gli accordi per lo sviluppo sostenibile, oggi si sottoscrive l’impegno a investire il 5% per gli armamenti. Sapete tutti che sul vostro reddito grava una tassazione complessiva del 43%. Se qualcuno vi dicesse che dal mese prossimo un ulteriore 5% vi verrà sequestrato dall’Europa col pretesto che dobbiamo difenderci dalla Russia, onestamente, cosa rispondereste? Sappiamo tutti cosa hanno appena risposto 26 governi europei su 27, e cosa non hanno risposto su Dazi, Gaza, Energia.

Stampa, TV, commentatori sono impegnati in disperati tentativi e acrobazie per arrampicarsi sugli specchi. Non è certo facile dimostrare che la scelta di metter le mani nelle tasche di milioni di europei è fondata su motivi validi e su ragionevoli e solide strategie. Si arriva a sostenere l’improbabile tesi che i fondi del riarmo si generano da soli e non incidono sulle criticità vitali che cittadini e imprese toccano con mano ogni giorno con povertà, sanità, istruzione, lavoro. La strategia superiore che si è data l’Europa è molto semplice: lego l’asino dove dice il padrone.

Dove il padrone è l’America, e gli asini siamo noi, famiglie e imprese europee, soprattutto piccole e piccolissime, che si troveranno ulteriormente private delle già scarse risorse disponibili. Intanto vediamo ogni giorno una nuova foto di gruppo dove una schiera di mediocri governanti si gloria di comparire come diligenti e obbedienti maestranze agli ordini del padrone. Naturalmente la strategia dei governanti asserviti ricade a cascata sui sottoposti: dai presidenti, ai ministri, agli apparati, ai portaborse, agli organi di stampa. Baste seguire uno a caso dei notiziari TV, dove a parte lo stucchevole teatrino dei politici dilaga un totale appiattimento alle tesi dei potenti di turno.

In realtà l’ipocrisia dei governi vassalli si traduce anche nell’ipocrisia delle loro decisioni. Questa cosa del 5% è stata firmata per fare ammuina, compiacere l’America in un momento in cui nessuno ha il coraggio di opporsi, ma al lato pratico in 10 anni possono accadere tante cose. Per cui cosi come i patti ONU sono stati disattesi, così come vengono meno i più elementari  valori di umanità ( l’ONU è stata cacciata da GAZA per essere sostituita da una organizzazione Israele USA infame che attrae disperati e affamati non per distribuire aiuti ma per sparare loro addosso), allo stesso modo gli obiettivi sostenibili passano in secondo piano rispetto a quelli bellici. Ma nel cinismo della politica internazionale ci sarà tempo e modo per disattendere anche questi ultimi.

Buona giornata mondiale delle MPMI e un saluto agli export people che seguono, senza dover necessariamente condividerne le opinioni, questa newsletter e il pensiero Export Italia 2030. Portiamo avanti pensieri e opinioni che spesso professionisti, imprenditori delle mPMI, piccole associazioni, piccole amministrazioni, non hanno modo di esprimere. Abbiamo il grande vantaggio, fino a quando ce lo consentiranno, di essere liberi, indipendenti, e di non dover ossequiare e rispondere agli ordini dei padroni nazionali e globali.

Dite voi, onestamente, se l’Europa (e l’italia) contribuiscono all’accordo sullo sviluppo sostenibile siglato nel 2015, oppure sono dedicati al nuovo impegno per il riarmo:

8.1 Sostenere la crescita economica pro-capite a seconda delle circostanze nazionali e, in particolare, almeno il 7 per cento di crescita annua del prodotto interno lordo nei paesi meno sviluppati;

8.2 Raggiungere livelli più elevati di produttività economica attraverso la diversificazione, l’aggiornamento tecnologico e l’innovazione, anche attraverso un focus su settori ad alto valore aggiunto e settori ad alta intensità di manodopera;

8.3 Promuovere politiche orientate allo sviluppo che supportino le attività produttive, la creazione di lavoro dignitoso, l’imprenditorialità, la creatività e l’innovazione, e favorire la formalizzazione e la crescita delle micro, piccole e medie imprese, anche attraverso l’accesso ai servizi finanziari;

8.4 Migliorare progressivamente, fino al 2030, l’efficienza delle risorse globali nel consumo e nella produzione nel tentativo di scindere la crescita economica dal degrado ambientale, in conformità con il quadro decennale di programmi sul consumo e la produzione sostenibili, con i paesi sviluppati che prendono l’iniziativa;

8.5 Entro il 2030, raggiungere la piena e produttiva occupazione e un lavoro dignitoso per tutte le donne e gli uomini, anche per i giovani e le persone con disabilità, e la parità di retribuzione per lavoro di pari valore;

8.6 Entro il 2020, ridurre sostanzialmente la percentuale di giovani disoccupati che non seguano un corso di studi o che non seguano corsi di formazione;

8.7 Adottare misure immediate ed efficaci per eliminare il lavoro forzato, porre fine alla schiavitù moderna e al traffico di esseri umani e assicurare la proibizione e l’eliminazione delle peggiori forme di lavoro minorile, incluso il reclutamento e l’impiego di bambini-soldato, e, entro il 2025, porre fine al lavoro minorile in tutte le sue forme;

8.8 Proteggere i diritti del lavoro e promuovere un ambiente di lavoro sicuro e protetto per tutti i lavoratori, compresi i lavoratori migranti, in particolare le donne migranti, e quelli in lavoro precario;

8.9 Entro il 2030, elaborare e attuare politiche volte a promuovere il turismo sostenibile, che crei posti di lavoro e promuova la cultura e i prodotti locali;

8.10 Rafforzare la capacità delle istituzioni finanziarie nazionali per incoraggiare e ampliare l’accesso ai servizi bancari, assicurativi e finanziari per tutti;

8.a Aumentare gli aiuti per il sostegno al commercio per i paesi in via di sviluppo, in particolare i paesi meno sviluppati, anche attraverso il “Quadro Integrato Rafforzato per gli Scambi Commerciali di Assistenza Tecnica ai Paesi Meno Sviluppati”;

8.b Entro il 2020, sviluppare e rendere operativa una strategia globale per l’occupazione giovanile e l’attuazione del “Patto globale dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro”.

Giuseppe Vargiu,
Presidente Uniexportmanager