Per risvegliarci dal lungo ponte primaverile, richiamiamo un recente report dell’Ufficio Studi della CGIA di Mestre: le piccole e medie imprese pagano tasse 120 volte di più rispetto ai colossi del web come Google, Amazon o Microsoft. Eppure sono loro il fulcro centrale dell’economia italiana. Sentiamo continui proclami sulla dinamica di crescita dell’export e del lavoro italiano. Meno male che c’è Crozza.

Posso personalmente testimoniare che oggi un esperto assunto come quadro, che costa all’azienda 4.500 euro al mese, percepisce un netto di 2.000 euro. Ecco perché le PMI, schiacciate tra colossi e tasse, continuano a perdere talenti e competitività. Si parla di almeno 25 multinazionali che operano nel digitale e che sono presenti nel nostro paese, utilizzate quotidianamente dagli italiani. Ci sono anche Adobe, ADP, Alibaba per l’e-commerce internazionale. Seguono IBM e JD.com per il commercio online, la Oracle, SAP, Salesforce, Uber. Per non parlare dai colossi del food  come Lactalis, Nestlè, o la stessa Stellantis, ormai definitivamente emigrata. E’ questo il contesto nel quale si muovono le aziende italiane nell’epoca dell’intelligenza artificiale e di uno sconvolgimento geopolitico senza precedenti: quando è il tuo stesso paese che ti taglieggia con il fisco, ti opprime con la burocrazia, che lascia che l’energia abbia i costi più alti del mondo, che favorisce la concorrenza dei colossi internazionali, allora il problema non sono certo dazi!

Fin quando la soluzione dei problemi di aziende e lavoratori è affidata alla propaganda, ai dibattiti TV, e alle diatribe partitiche, le PMI italiane non possono contare su nessuna certezza e dovranno fare da sole, specialmente nell’export. Più o meno come hanno sempre fatto.

Siamo davanti a una sfida drammatica ma entusiasmante: portare il Made in Italy nel mondo non solo con prodotti, ma con storie, emozioni e, ormai indispensabile, con un tocco di genialità tutta italiana. Ma quali sono gli ingredienti segreti per un export di successo?

Sono tre gli asset unici del Made in Italy che aggregano e potenziano piccole imprese, cultura e storia, territori, istituzioni illuminate. Un visione illuminata può venire dall’alto per raddoppiare il numero delle aziende esportatrici e trasformare l’export in bene comune, ma può partire da iniziative forti e concrete portate avanti da aziende, export manager, associazioni professionali e imprenditoriali, reti e filiere.

Dimenticate l’immagine dell’eroe solitario: oggi l’export è un gioco di squadra. Le PMI che vincono all’estero sono quelle che sanno fare rete, dentro e fuori dall’azienda. Dal magazzino al customer care, passando per marketing e produzione, tutti devono parlare la stessa lingua (e magari anche l’inglese, ma senza esagerare con il “maccheronico”) per adattarsi alle esigenze dei mercati globali. La sinergia tra reparti e la collaborazione con partner locali e internazionali, l’alleanza con imprese amiche  sono la chiave per superare le barriere normative e culturali.

Exportmanager a Gointernational

Se pensate che l’export manager sia solo un venditore con la valigia, siete fuori strada quanto un GPS senza aggiornamento. Oggi questa figura è un vero “progettista dello sviluppo internazionale”: analizza mercati, crea strategie, coordina team, adatta i prodotti e, soprattutto, costruisce relazioni. È il regista che orchestra la troupe aziendale tra i set internazionali, trasformando ogni trattativa in un capolavoro degno di premio Oscar. Lo abbiamo visto nel Premio Export Italia. E come ogni buon regista, non può fare a meno di un cast preparato: competenze linguistiche, digitali, analitiche, e una buona dose di problem solving sono il loro copione quotidiano.

Cosa distingue una PMI italiana nel mare magnum dell’export globale? La creatività. Non basta esportare prodotti o tecnologie: bisogna esportare storie, valori, emozioni, cultura. L’export manager moderno è anche un narratore, capace di raccontare l’azienda come una saga familiare, dove ogni prodotto è un personaggio con un’anima, ogni cliente un protagonista, e ogni mercato una nuova avventura. Il valore percepito non si misura solo in euro, ma in emozioni condivise, tradizioni reinterpretate, e innovazione che profuma di futuro.

“L’export è il cuore del Made in Italy, le PMI sono il cuore dell’export, le competenze e i professionisti dell’export e dell’innovazione il cuore delle PMI”.

In definitiva, il successo nell’export delle PMI italiane è come un film ben riuscito: servono un regista visionario (l’export manager), un cast affiatato (il team aziendale), una sceneggiatura originale (la creatività) e, naturalmente, una produzione impeccabile (le competenze). Solo così il Made in Italy continuerà a conquistare i mercati internazionali, scena dopo scena, applauso dopo applauso. E se ogni tanto serve improvvisare? Nessun problema: l’importante è non perdere mai il gusto per la collaborazione, la voglia di imparare e, soprattutto, la fantasia di raccontare il proprio valore al mondo, scambiare e condivider le esperienze. Si parte da un buon casting: da Uniexportmanager sta partendo il Roster AI International Assessor con l’ambizioso programma di diffondere un modello, avallato come Prassi di Riferimento dall’UNI, che possa diffondere nelle aziende italiane idee chiare e approccio positivo per diventare attori protagonisti e non comparse dell’export italiano.

Giuseppe Vargiu
Presidente Uniexportmanager