Le ombre della crisi dell’export
Negli ultimi giorni si sono udite molteplici voci estremamente preoccupate per le crescenti difficoltà del commercio internazionale del Made in Italy. CNA lamenta un calo delle esportazioni nei principali mercati di riferimento (Germania, Stati Uniti, Francia, e Cina). Mercati che rappresentano il 35% del totale. Nei primi otto mesi dell’anno, l’export verso questi Paesi è sceso del 4,3%, con settori come automotive, meccanica, metallurgia, mobili e moda particolarmente colpiti. Le piccole imprese, che costituiscono quasi il 90% degli esportatori, e generano metà del valore totale dell’export, sono cruciali per l’economia italiana. Ma come? fino a poche settimane fa eravamo in pieno tripudio, non siamo forse il quarto paese esportatore del mondo?

Recita così il comunicato dell’Agenzia ICE del luglio 2024: L’ITALIA NELL’ECONOMIA INTERNAZIONALE: nel 2023 export italiano a quota 626 miliardi di euro, stabile rispetto al 2022 ma cresciuto del +30,4% rispetto al 2019 (480 miliardi di euro) e del +60,5% sul 2012 (390 miliardi di euro). E’ la fine di un mito che che si scontra con la dura realtà?
Il mito della caverna di Platone e l’export delle PMI
La Governance dell’export italiano ci appare molto simile alla Caverna di Platone, con tantissime PMI che non esportano rinchiuse e prigioniere di una sistema che le illude e che impedisce loro di crescere, e mostra loro un approccio al business internazionale fatto di ombre lontane dalla realtà.

Per chi non lo conoscesse, il mito della caverna di Platone si apre con dei prigionieri incatenati all’interno dell’antro, costretti ad avere lo sguardo fisso contro una parete. Dietro di loro un fuoco proietta ombre contro la parete: per i prigionieri quelle ombre rappresentano la realtà, non avendo modo di paragonarle col mondo esterno. Un giorno un prigioniero si libera, esce dalla caverna, e vede il Sole. Inizialmente il prigioniero è accecato, ma quando riesce ad avere un altro termine di paragone, capisce la menzogna che si cela all’interno della caverna. Il prigioniero allora diventa filosofo, e rientra per avvertire gli ignari compagni, ma essi, non avendo vissuto la sua esperienza, lo deridono e lo prendono per pazzo. Da anni in questa newsletter andiamo dicendo che l’approccio del Sistema Italia all’Innovazione e Internazionalizzazione non può limitarsi a tutelare gli interessi delle grandi organizzazioni industriali e finanziarie, a scapito dei milioni di imprese di minore dimensione. Non si può continuare a devolvere a favore dei giganti industriali, ai colossi internazionali della finanza e della tecnologia la gran parte delle risorse, con il risultato che i numeri dell’export crescono, ma crescono le delocalizzazioni, le concentrazioni in mano estera, e i benefici per il paese diminuiscono. Lo dicono Istat e Bankitalia. Lo diciamo anche noi, e riceviamo notevoli consensi, ma anche gli attacchi e la derisione di coloro che non si rendono conto di essere prigionieri nella caverna. Costoro accusano chi si permette di esternare buon senso e libero pensiero di irriverenza, e di non encomiare abbastanza il potente di turno.
Mettere in campo nuove azioni per l’export
Come dicevamo in apertura la CNA – guidata dal presidente Dario Costantini – ha lanciato l’allarme sul ripiegamento delle vendite all’estero. Il perdurare dei conflitti (sostenuto dall’Europa), l’orientamento protezionista di Stati Uniti e Cina, il costo energetico, l’affanno tedesco del settore auto, e la crisi politica in Francia alimentano un clima di preoccupazione sulle prospettive del Made in Italy. Verso la Germania, gli Stati Uniti, la Francia, e la Cina, che assorbono il 35 per cento delle esportazioni italiane, nei primi 8 mesi dell’anno le vendite hanno accusato una contrazione del 4,3 per cento, una flessione ben più profonda del calo dello 0,6 per cento del totale dell’intero export nazionale. Il trend è particolarmente negativo con la Germania (2,7 miliardi, -5,6 per cento) e la Cina (2,5miliardi, -24,7 per cento).
Disaggregando i flussi – rileva la CNA – l’automotive è il settore produttivo più in difficoltà. Al forte calo dell’export di auto si accompagna la flessione della meccanica e della metallurgia. La debolezza della domanda estera penalizza anche altre produzioni tipiche del Made in Italy come i mobili, che accusano una flessione a due cifre in Cina e in Germania, e il comparto moda. La vitalità dell’export italiano nella fase post pandemia sta scontando adesso un rapido e profondo peggioramento, con il rischio di produrre effetti negativi permanenti in quanto una parte rilevante delle vendite all’estero è realizzata dalla platea di piccole imprese che tra gennaio e ottobre hanno fatturato quasi 60 miliardi di euro in Germania, Stati Uniti, Francia e Cina. In totale sono circa 120mila le imprese che esportano, il 55,8% conta meno di 9 addetti, ed estendendo il campo a quelle fino a 50 dipendenti la percentuale arriva all’89,2 per cento: “l’economia italiana – informano da CNA – non può permettersi un arretramento…. dunque è il momento di mettere in campo una serie di azioni. Per presidiare un aggregato fondamentale per la formazione del PIL, e tanto più per compensare la debolezza della domanda interna”.
Quindi? Allargare la base esportatrice
L’associazione di categoria degli artigiani indica quindi due direzioni per uscire dall’impasse: da un lato garantire continuità e nuove opportunità di crescita alle imprese che già esportano ma hanno bisogno di diversificare i mercati e innovare la loro offerta. Dall’altro, favorire l’ampliamento delle imprese esportatrici. Uno studio della Confederazione ha calcolato che ci sono circa 90mila micro e piccole aziende che avrebbero le caratteristiche di prodotto per svolgere un ruolo da protagonista sui mercati esteri. Non aiuti, ma un sostegno pubblico per l’accesso facilitato alle informazioni sui mercati, rischi commerciali, sistema di garanzie, attività fieristica.

Allargare la base esportatrice:”al tempo stesso – concludono da CNA – per settori in difficoltà come l’automotive e la moda, occorrono strategie e politiche industriali in grado di coinvolgere il sistema della piccola impresa. Nella moda sono a rischio chiusura oltre 10mila aziende, mentre sull’auto va scongiurato l’errore di identificarla con un solo grande gruppo, dimenticando le oltre 110mila imprese e i 542mila addetti che sono il principale motore della filiera. La centralità di micro e piccole imprese non è uno slogan appannato, ma la semplice verità dei numeri.
Come fare emergere l’export delle PMI
Fin qui siamo d’accordo con CNA, che associa milioni di imprese, di cui tantissime vocate all’export, ma il punto è che le azioni positive per allargare la base esportatrice non si vedono da nessuna parte. Assistiamo a tante missioni-gita in giro per il mondo, a tante fiere vetrina, solo per esibire una sterile propaganda del prodotto italiano autentico, magari a traino del ministro di turno, ma questo non genera un solo contratto estero alle nostre aziende. Manca una visione dello sviluppo del Made in Italy ancorata sul facilitare competenze e risorse alle PMI, e meno ancorata sulle MPMI. Non si vedono strategie e azioni che favoriscano export collaborativo, aggregazioni e reti, che combattano i fake portando a terra i prodotti italiani sui mercati. Prevale una narrazione diseducativa e propagandistica dell’export. Per fortuna esistono nelle istituzioni e nell’associazionismo aperture a iniziative visionarie che prendono atto dell’evoluzione tumultuosa dei mercati e propongono nuovi approcci. Per esempio la recente Prassi di Riferimento UNI/PdR 163:2021 che pone uno standard per l’assessment dell’internazionalizzazione, e per la messa a punto attraverso auditor competenti di linee guida diverse, a seconda del livello di preparazione delle aziende ai mercati esteri. Azioni sistematiche di questo tipo, operate da enti territoriali (come ha fatto Provincia Autonoma di Trento con UNI e Trentino Sviluppo) sono uno strumento potentissimo per sviluppare strategie di sviluppo locale e per rivitalizzare il tessuto imprenditoriale.

Non a caso, l’associazione Uniexportmanager lavora sulla collaborazione tra aziende e professionisti dell’export, e sulla creazione del Roster di Auditor Assessor di Internazionalizzazione, siamo disponibili ad operare interventi indipendenti in conformità alla PdR 163, con l’obiettivo di fare uscire le aziende che ancora giacciono rinchiuse nella caverna, timorose di ogni cambiamento che le apra al sole dei mercati internazionali.
Giuseppe Vargiu,
Presidente Uniexportmanager
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