La realpolitik internazionale
La realpolitik – in tedesco “politica reale” o “politica concreta” – è un pensiero politico che risale nel tempo al Machiavelli, e che è basato su una concreta pragmaticità, rifuggendo da ogni premessa ideologica o morale. Traducibile anche come pragmatismo politico, identifica, ad esempio, scelte basate più su questioni pratiche che su principi universali o etici.
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Nel difficile contesto internazionale che stiamo vivendo vediamo come agiscono gli Stati, i quali, essendo entità sovrane, si dovrebbero muovere in base al principio della massimizzazione della propria utilità soggettiva, ossia degli interessi dei propri cittadini. Gli Stati operano contro i propri interessi soltanto se minacciati da altri Stati o poteri più potenti. È il caso dell’Italia: gran parte delle scelte internazionali degli ultimi anni sono indifendibili, oggettivamente contrarie agli interessi del Paese, e sono state prese per il timore di essere destabilizzati da Casa Bianca e Commissione europea se si disobbedisce ai loro comandi. Ciascuno è libero di non essere d’accordo, io però mi domando come con un minimo di onestà intellettuale si possa ragionevolmente negare che fatti sotto gli occhi di tutti come i miliardi spesi in armamenti, le autosanzioni alla Russia che hanno danneggiato noi per primi, e che sono alla base della crisi industriale ed energetica, il sostegno al genocidio in Palestina, il rifiuto della pace in palese contrasto con la Costituzione, il contributo al rischio crescente di conflitto nucleare, le scelte industriali e geopolitiche del sistema paese siano decisioni prese a favore degli interessi del paese stesso.
La realpolitik per il Made in Italy
Ma qual’è il pensiero politico e strategico del nostro Governo sul futuro del Made in Italy? Ne abbiamo parlato anche recentemente in questa newsletter (vedi i link di approfondimento a fondo pagina) ma dal momento che non risultano pervenute risposte, torniamo sulla legge 206, la legge quadro per la tutela dei prodotti italiani autentici. L’occasione ci viene dall’autorevole intervento del consigliere al bilancio della Presidente del Consiglio, Renato Loiero, intervenuto agli Stati Generali della Ripartenza organizzati a Bologna dall’Osservatorio economico e sociale Riparte l’Italia. Trascriviamo in corsivo alcuni punti salienti del suo lungo intervento con qualche doverosa annotazione: “come sapete l’economia di questo Paese si regge su 800 miliardi di export o su un valore comunque positivo della bilancia commerciale, l’anno scorso ha raggiunto un valore di oltre 34 miliardi…il monitoraggio della 206 (N.B. il consigliere evita il più possibile di definirla legge sul Made in Italy) è una delle attività che fa Palazzo Chigi tramite in particolare il Dipartimento per l’Attuazione del Programma di Governo, che monitora se i provvedimenti secondari attuativi delle leggi vengano emanati nei tempi previsti, e se non siano emanati per quale motivo, e se c’è bisogno eventualmente, in caso di mancata emanazione, di fare un tagliando perché nel frattempo la normativa di base o di cornice o comunque afferente a quel settore è stata modificata. La 206 oltre appunto a questa cornice generale ha creato il fondo nazionale per il Made in Italy:
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N.B.: Il fondo, con una dotazione di un miliardo di euro, nasceva con un approccio dichiaratamente interventista, che poi si è perso per strada. Il governo si dichiarava pronto a diventare imprenditore, acquisendo, a prezzi di mercato, quote di aziende italiane operanti in quelle che venivano definite “filiere strategiche nazionali”. Tuttavia, i contorni di queste filiere strategiche non sono mai stati chiariti. Ad un anno dall’annuncio, nessun investimento risulta realizzato. Oltre a prevedere investimenti in aziende private, una parte delle risorse del fondo potrebbe essere destinata, attraverso una controllata del ministero dell’Economia e delle Finanze (Invimit), alla riqualificazione del patrimonio immobiliare e infrastrutturale pubblico, da mettere a disposizione delle imprese operanti nelle filiere considerate “strategiche”: “…sostiene l’imprenditoria femminile e è rivolta appunto in termini di selettività nell’interlocuzione con le parti sociali e quant’altro sono stati enucleati in particolare alcuni settori e molte delle norme 206 sono rivolte a questi settori e sono la filiera legno-arredo, l’olio d’oliva vergine, le fibre tessili naturali, la moda, la nautica da diporto, la ceramica, i bacini culturali, i creatori digitali e il settore fieristico”. In concreto, però, cosa abbiamo fatto veramente dopo un anno non si sa: “…noi da almeno 50 anni, con sempre crescente attenzione e preoccupazione, ci confrontiamo con l’Italian Sounding. Non passa giorno che non conosca bene le comunità italo-americane sia in Canada che negli Stati Uniti e potrei portare numerosi esempi”.
Sono soddisfazioni. “E’ stato varato il fascicolo informatico dell’impresa, dove le imprese e tutti quelli che possono legittimamente accedere alle informazioni, ai registri delle imprese, possono trovare tutti i documenti che afferiscono appunto alla vita dell’impresa. Realizzando nuovamente, perché è una cosa che spesso ci diciamo, il principio dello once only, se ho detto una volta a una pubblica amministrazione, ho comunicato un dato, non devo più essere ridotto nella condizione di ambasciatore di me stesso, per cui devo comunicare, magari con un pezzo di carta, ancora oggi a un’altra o a qualsiasi altra pubblica amministrazione quello stesso dato”. Questa l’avevamo già sentita. Resta il fatto che gli incidenti di percorso con amministrazione e fisco per una piccola impresa non sono incidenti, sono il percorso quotidiano. “La policy per le piccole e medie imprese, netto dell’attuazione appunto della 206, perché ovviamente non sono solo le nuove leggi che devi implementare, ma anche tutte le buone norme che già esistono e che non vanno tralasciate. Cito il tema della semplificazione dell’accesso, che attualmente è in corso alla misura piano transizione 5.0. Nei prossimi giorni sarà anche elevata l’intensità del beneficio fiscale, quindi offrendo incentivi più elevati per l’acquisto di pannelli e fotovoltaici, e sottolineo esclusivamente per le piccole e medie imprese. Noi puntiamo anche a prorogare il piano transizione 5.0 fino ad aprile 2026 e rendere maggiormente flessibile le regole sul cumulo, oltre che le regole dell’accesso”.
In tema di semplificazione e transizione 5.0 andate a leggervi la Circolare di centinaia di pagine con le dichiarazioni allucinanti sul ”Do No Significant Harm” (DNSH), richieste alle aziende che hanno la temerarietà di accedere alle misure PNRR e voglio dichiararsi sostenibili Circolare del 13 ottobre 2022, n. 33. La policy per la semplificazione è ancora molto lontana.
Le machiavelliche priorità
Ci fermiamo qui. Nelle cose fatte ci risultano i fondi allocati sull’imprenditoria femminile. Il rifinanziamento della Sabatini. Qualcosa sulla moda e sul risparmio energetico. Ma questo è quanto. Alla fine, il quadro della legge quadro 206 è davvero desolante. Questa è la realpolitik italiana per le imprese, secondo quanto ci riporta il consigliere al Bilancio della Presidenza del Consiglio. Quali siano le machiavelliche priorità del nostro Governo per i prodotti fatti in Italia lo vediamo oggi dalla presentazione della Nave Trieste, la nuova ammiraglia della Marina Militare, lunga 245 metri e larga 36, 38mila tonnellate di stazza, è la più grande unità mai costruita in Italia dal Dopoguerra. Struttura anfibia multiruolo, dal ponte di volo possono decollare elicotteri ed F35.
E’ vero che la nostra economia si regge sull’export, ma chi sull’estero ci lavora tutti i giorni sa bene che il supporto del sistema paese deve evolvere in direzione di un sostegno forte e deciso per quella che è la vera ossatura che sostiene il Made in Italy. Lavoriamo per migliorare l’export: le PMI non possono far da sole, nè possono fare a meno del supporto istituzionale, anche se sempre più spesso sono costrette perchè questo supporto è dirottato a chi non ne ha bisogno. Si sta verificando tra le PMI un fenomeno simile a quello per cui gli elettori non vanno a votare per sfiducia: le PMI smettono di andare a richiedere il supporto degli apparati istituzionali. Insomma, non ci credono.
Sappiamo che in molti, nelle istituzioni, seguono questa newsletter, qualcuno con insofferenza, ma sappiamo che per fortuna in molti apprezzano quando segnaliamo, nel silenzio generale, quelli che sono malfunzionamenti del sistema che possono essere oggetto di azioni correttive e progetti innovativi di cambiamento. Speriamo che ascolti qualche nostro consiglio anche il consigliere del principe, non si può mai sapere.
Giuseppe Vargiu,
Presidente Uniexportmanager
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