Il gioco del cucuzzaro
Il cucuzzaro è un divertente gioco per bambini diffuso nel Sud Italia. Ci si siede in cerchio, con un capogioco, che dà avvio al gioco e chiama a intervenire i giocatori.
Ogni giocatore sarà una “cucuzza” numerata per quanti sono i partecipanti, quindi se saranno in quattro, il gruppo si vedrà formato da: il cucuzzaro, cucuzza numero uno, cucuzza numero due, e cucuzza numero tre, e così via… Inizia il cucuzzaro pronunciando ad alta voce la frase: “sono andato nell’orto ed ho raccolto …. N cucuzze”, scegliendo il numero delle cucuzze che vuole acquistare. La cucuzza nominata dal capogioco, esempio la cucuzza numero due, dovrà rispondere: “e perchè due?”. Allora a sua volta il cucuzzaro ribatterà con la frase: “allora quante?” A questo punto la cucuzza risponderà scegliendo tra le altre cucuzze in gioco. Tra le scelte, oltre la cucuzza numerata, si può chiamare in causa anche lo stesso cucuzzaro, pronunciando la frase “tutto il cucuzzaro”. Se chi risponde è la cucuzza sbagliata o commette un errore viene eliminata. Non vorrei sembrare troppo irriverente, e non vorrei che qualcuno se ne avesse a male, ma davvero il ricordo di questo gioco mi è venuto spontaneo seguendo i lavori della Cabina di Regia per l’Internazionalizzazione, l’alto consesso che si riunisce annualmente e presiede allo sviluppo economico internazionale del nostro Paese.
La Cabina di Regia gira lo stesso film ogni anno
Cambiano i Governi e i Capigioco (nelle ultime due edizioni questi ultimi si sono moltiplicati – e giocano in concorrenza tra loro) ma il format resta lo stesso da molti anni a questa parte. Tutti i partecipanti seduti intorno ai capigioco di turno, che si alternano dicendo sempre le stesse cose. Alla fine si scattano selfie, foto di gruppo, si rilasciano comunicati fotocopia dove tutti dicono io c’ero, e quanto siamo bravi noi italiani che supportiamo e sosteniamo l’internazionalizzazione e l’export del Made in Italy. In questa edizione MIMIT è subentrata a MAECI, in qualità di padrone di casa nel sontuoso palazzo Piacentini, ma lo schema del gioco è sempre lo stesso: qui il report mamma RAI dell’evento.
Niente di nuovo, anzi no: rafforziamo l’ attrattività
Difficile trovare qualcosa di nuovo nei contenuti , nelle policy, nelle strategie. Anzi no, quest’anno qualcosa di nuovo c’è : rafforzare l’attrattività del paese. e per questo nell’occasione si è firmato un protocollo con Invitalia. Guarda caso, negli stessi giorni Stellantis ha annunciato un piano record da 5,6 miliardi di euro, dal 2025 al 2030: uno degli investimenti più grandi nella storia dell’industria automobilistica. Arriveranno 40 nuovi prodotti e tecnologie innovative. In Brasile, non in Italia. Meno male che adesso arriva il protocollo Invitalia. Magari oltre che attrarre investimenti dall’estero qualcuno dei registi potrebbe anche pensare a trattenere chi va via dall’Italia.
Su tutto il resto stendiamo un velo pietoso: il Fondo Sovrano, la cucina Italiana nello spazio, il liceo. il Mimit che fa la giornata del Made in Italy, il Maeci che risponde con la giornata dell’internazionalizzazione. Agenzia Ice che di invece di sostenere direttamente i milioni di MPMI potenziali esportatrici portando loro in misura adeguata competenze, professionalità specializzate, e cultura imprenditoriale export, si compiace di pagare decine di piattaforme e-commerce, e di sostenere enti fiera esteri che fanno il proprio business e non quello del Made in Italy. Non poteva mancare un po di aiuto all’Ucraina (cosa c’entra con l’internazionalizzazione dell PMI?), e la solita campagna a tutela del falso Made in Italy, che si fa non a parole bensì favorendo certificazioni serie e sostenendo i punti vendita esteri e gli importatori dei prodotti autentici delle MPMI.
Qualcuno si salva
Salviamo Sace e Simest, che giocano il loro ruolo onesto di società finanziarie istituzionali, con un approccio tipicamente bancario che, come tale, favorisce le aziende medio grandi. Salviamo le camere di commercio, le uniche che con risorse irrisorie riescono a far qualcosa per le microimprese. Salviamo alcune, pochissime, associazioni imprenditoriali e professionali come Confapi o CNA, o FederItaly, che hanno veramente a cuore i loro associati, e non hanno paura di dire che questo sistema è contro la piccola impresa, e che bisogna cambiare verso. Viviamo in un paese dove sono in pochi a dire quello che pensano, mentre moltissimi tacciono o dicono quello che non pensano.
Quale visione per il futuro del Made in Italy?
Forse una regia c’è, ed è quella di indirizzare le risorse a favore delle grandi aziende e multinazionali. L’Italia è fra i leader mondiali nell’export degli armamenti. Prosperano i grandi operatori di energia e finanza. E quando non prosperano, incassano le sovvenzioni, licenziano, e delocalizzano all’estero. La borsa di Milano è ai massimi storici. Sarà grazie alle quotazioni delle piccole aziende del Made in Italy? Peccato che, da parte dei milioni di piccole aziende che sostengono l’economia di un paese, che ad export e internazionalizzazione è storicamente portato, non si vedano gli stessi risultati. E’ chiaro che per gli occupanti della cabina di regia non è una priorità la crescita del sistema di piccole e piccolissime imprese che lavorano, soffrono, abbisognano competenze e fondi, e sono il cuore pulsante del Made in Italy. Queste non hanno scelto loro di essere piccole, potrebbero crescere, con visione e strategia diverse da parte del Sistema Italia. Con beneficio generale. Ma continuano a essere meno numerose, meno esportatrici, e a chiudere. La BCE ci dice che in Italia e in Europa sono in aumento le imprese in fallimento, e che l’Italia e la Germania registrano la quota più alta di aziende vulnerabili (9%).
Il report finale
Come sempre, la Cabina di Regia rilascerà il suo bravo report zeppo di numeri, ma senza alcun seguito o influenza reale sul cambiamento. Senza obiettivi raggiungibili nè indicatori misurabili. Non si vede nel nostro Paese una strategia chiara preordinata a sostenere il rafforzamento delle milioni di Piccole Aziende che sono il cuore della produzione nazionale autentica, portando loro competenze e risorse che oggi sono sistematicamente dirottate altrove. Sarebbe l’unico modo per salvare il Paese dalla rovina o dal diventare ostaggio delle multinazionali. Con Uniexportmanager abbiamo partecipato ai lavori preparatori di questa Cabina di Regia, e insieme ad altri stakeholder abbiamo portato proposte cantierabili e unanimemente condivise. Completamente scomparse dai radar. Chi fa proposte serie o disturba il capogioco è fuori dal cucuzzaro. Che è certamente un bel gioco ma farlo durare troppo è pericoloso.
Grazie per leggere e condividere Export Italia 2030. Lavoriamo per migliorare l’export, nell’interesse generale.
Giuseppe Vargiu,
Presidente Uniexportmanager
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