Vi descrivo il contesto dopo il festival di Sanremo, l’evento diventato purtroppo il simbolo del vuoto che contraddistingue il pensiero strategico del nostro paese, che oggi più che mai si presenta con un angosciosa carenza di idee per il futuro. Siamo tutti di fronte a:
- una politica ipocrita e priva di strategie;
- una pubblica amministrazione che funziona male e danneggia il paese;
- un dirottare i fondi del Made in Italy ai potentati economici, finanziari industriali che impongono le loro scelte e si appropriano delle risorse destinate allo sviluppo.
In questo contesto qualcuno si arrabbia: tipo i contadini con i trattori. La loro protesta è prontamente cavalcata e strumentalizzata dagli stessi che avevano contribuito a provocarla. Politici , grandi confederazioni , grandi centrali agricole . Tutti ora si affrettano a salire sopra i trattori. Non è cambiato molto per gli italiani dal tempo di questa antica stampa dell’incisore Giuseppe Maria Mitelli.
Ma andiamo con ordine:
Politica ipocrita e priva di strategie
Una politica ipocrita è quella che non si vergogna di esibire 10 bambini palestinesi che curiamo in Italia, mentre nessuno ha il coraggio di dire il nostro paese è oggettivamente complice e non si è mai dissociato dalla strage di decine di migliaia di innocenti, fatta anche col contributo delle nostre armi. Quella che non si è vergognata di tagliare gli aiuti alle organizzazioni umanitarie in Palestina. Quella che manda i nostri soldati e navi da guerra sul mar rosso a difendere non le navi non italiane, mai attaccate, bensì quelle inglesi e americane. Una politica europea impazzita che è orgogliosa di dare 50 miliardi all’Ucraina, oltre ai 110 che già abbiamo dato, non per la ricostruzione bensì per finanziare altra guerra palesemente inutile e mandare al massacro altri 500 mila riservisti.
Nel contesto di forte e crescente incertezza caratterizzato da tensioni geopolitiche, rischi connessi all’inflazione, volatilità dell’andamento dei mercati finanziari e crisi energetica – le ripercussioni sul sistema economico del nostro Paese, sono riportate con una narrazione stereotipata e una informazione asservita declinata in base agli schieramenti e in modo non trasparente.
Per esempio si parla della crescita dell’export e nessuno dice che le aziende italiane esportatrici sono poco più dell’1% del totale. Si propaganda occupazione record e non si dice che i dati Istat includono i posti di lavoro che durano 1 giorno. Il dibattito politico e mediatico verte su tematiche come il patriarcato e su chi si dichiara fascista oppure no, intanto la povertà aumenta, le banche fanno profitti mai visti, le aziende pagano interessi mai visti, esportano sempre meno, chiudono. Facciamo mega progetti stellari di cooperazione con l’Africa, (che ci hanno detto anche loro che non hanno l’anello al naso ed è solo propaganda). Il pensiero economico va avanti con trovate tipo gli spaghetti nello spazio, il liceo Made in Italy, le giornate Made in Italy. Salvo finanziare generosamente le grandi filiere confederali che sfruttano le piccole imprese, le corporate italiane che delocalizzano e portano lavoro all’estero con i nostri incentivi.
Tutta la partita si gioca in chiave marketing elettorale, senza tener conto dei problemi del Paese. Conseguenza? La gente non ci crede, non vota, i giovani se ne vanno all’estero, le imprese pure, quelle che non chiudono, il Paese si trascina guidato sostanzialmente dal suo gigantesco e pletorico apparato burocratico.
Una pubblica amministrazione che funziona male è il problema del paese
Il vuoto a perdere della politica viene riempito dalla burocrazia. Si parla tanto di evasione contributiva, e si accusano le piccole imprese oppresse da un fisco debole con i forti e implacabile con le piccole imprese. E’ passato sotto silenzio il recente lo studio della CGIA Mestre che documenta come l’inefficienza della PA ci costa il doppio dell’evasione: “La mala burocrazia che purtroppo attanaglia la gran parte della nostra Pubblica Amministrazione (PA) provoca un danno economico ai contribuenti italiani stimato attorno ai 184 miliardi di euro l’anno. Un importo, quest’ultimo, più del doppio rispetto alla dimensione dell’evasione tributaria presente in Italia. Secondo il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF), infatti, il mancato gettito annuo ammonta a 84,4 miliardi di euro”.
Quella denunciata dall’Ufficio Studi della CGIA è una chiara provocazione che mette in evidenza un aspetto importante: nel rapporto “dare-avere” tra lo Stato e i contribuenti, l’aggravio economico delle “distorsioni” provocate dalla PA agli italiani ha una dimensione nettamente superiore alle mancate risorse che i contribuenti disonesti decidono di non versare all’erario. L’evasione è un grosso problema, ma il vero problema per il nostro Sistema Paese è mettere a punto una macchina pubblica precisa, efficace, ed efficiente…
A chi vanno i fondi per il Made in Italy?
Partiamo dal Bonus Export Digitale Plus in apertura i prossimi giorni.
La nostra burocrazia si è impadronita in modo maldestro di strumenti e tecniche di marketing, scimmiottando grandi campagne con risultati penosi. E’ il caso dell’ultimo bando Invitalia / ICE / Maeci / Invitalia. Dopo esser stati dormienti un anno hanno lanciato un bando last minute dando alle aziende una settimana di preavviso. C’è voluto infatti più di un anno per decidere cosa fare dei fondi del precedente Bonus Export Digitale non richiesti perchè il Bonus Export Digitale 2024 era di entità ridicola. Alla fine, il buon senso ha prevalso e hanno deciso di fare questo nuovo bando con le risorse avanzate. Premettiamo che il bando Bonus Export Digitale 2024 è da apprezzare perchè migliora significativamente l’efficacia della misura per sostenere l’export delle piccole imprese e di portare loro competenze digitali. Tuttavia restiamo molto critici su modi e tempi con i quali il Sistema Italia alloca le risorse per l’export la digitalizzazione e l’internazionalizzazione e il PNRR.
Per scelta politica esse sono devolute in massima parte alle aziende medio grandi, alle corporate internazionali (non c’è solo stellantis), alle piattaforme globali, alle filiere dove la cupola dei big fa il grande business a scapito dei piccoli componenti, vedi protesta trattori. Diamo i numeri: per tutto Il Bonus Export 30 milioni a fronte dei 5 miliardi del fondo Simest, dei 50 miliardi all’Ucraina non per ricostruire il paese ma per continuare la guerra, dei 16 miliardi di extraprofitti alle prime grandi banche. Qualcosa anche per il Sud: 12 miliardi al Ponte sullo Stretto che nessuno vuole, a parte i dirigenti super pagati. Non è sterile polemica di parte, non è essere irriverenti, è dire al manovratore, anche se lo disturbiamo, che ci sta portando a sbattere. Intanto alle piccole imprese, figlie di un dio minore, a queste vanno solo questi piccoli provvedimenti, in modalità tipo “saldi di fine stagione termina domenica…”
Serve una nuova visione per il futuro dell’Italia
“The Economist“ qualche giorno fa ci dice che finora all’Italia le cose non sono andate tanto male, e gli scettici sono stati smentiti. Ma lo stesso giornalista fa presente che tutti i problemi permangono irrisolti, dalle piccole imprese, ai giovani, al Sud, e si domanda: quanto potrà durare senza una strategia e senza una visione? Carlo Borgomeo in una intervista a In Più parla di un Mezzogiorno che ha visto decrescere la popolazione giovanile del 28% dal 2002. Un Sud sempre più “vecchio”, destinato ad avere sempre più incerte prospettive di sviluppo. In tutta Italia prosegue impressionante la fuga dei cervelli. I giovani se ne vanno, i talenti lavorano all’estero, le aziende chiudono. Il fenomeno è continuamente richiamato, da politici, economisti, opinionisti. Ma sinceramente vi è un grave squilibrio tra denuncia e proposte; e tentativi di immaginare delle risposte, anche parziali. Vince la logica del c’è ben altro, ossia il la Visione Sanremo.
Carlo Borgomeo: Non è un paese per giovani
La questione del lavoro è certamente decisiva, ma non è la sola che motiva l’esodo di tanti giovani e lo stimolo a intraprendere in Italia. Gioca anche l’attrattività dei territori dal punto di vista sociale, dei servizi, delle opportunità culturali. Ed è su questo che bisogna lavorare: rendere complessivamente più attrattiva l’Italia per chi ci lavora, produce, esporta, per i giovani, meridionali e no, e per chi intraprende, al Sud come al Nord.
Dobbiamo mettere a punto nuove visioni per il futuro del Made in Italy
Con il think tank che condivide il pensiero Export Italia 2030, associazioni come Uniexportmanager, Federitaly, Fondazione Ampioraggio, AssoretiPMI, stiamo lavorando per far emergere le visioni positive per il futuro del paese, le misure che hanno funzionato, quelle che favoriscono il Made in Italy, le piccole imprese, le reti, i nuovi modelli aggregativi, la cultura, l’uso intelligente dell’IA, lo sviluppo di nuova imprenditorialità e nuovi modelli al di fuori di schieramenti, di lobby, e di vecchi schemi. Qualcuno che dirà che tutto questo è inutile: è esattamente la visione che ha portato a questa situazione ed è alimentata dai potenti interessi che lavorano contro l’Italia delle Piccole Imprese, e cercano di narcotizzarle. La visione Sannremo.
Lavoriamo per migliorare l’export, e il futuro del Made in Italy.
Grazie per leggere e condividere questa newsletter.
Giuseppe Vargiu
Presidente Uniexportmanager
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