Un raggiro implica generalmente una transazione. Nel modello tradizionale il venditore dice una bugia (Ricordate Totò che si vendeva fontana di Trevi), il compratore  ci crede incautamente, e viene imbrogliato. I raggiri della nostra epoca includono sempre più spesso la componente di rete. E’ capitato con le criptomonete, o con gli NFT. Ossia le offerte le promesse, e talvolta, le bugie, per riuscire bene vengono rilasciate in ambienti qualificati, sapientemente amplificate e ingigantite dai media e dai social che inducono una sorta di convinzione di massa, di rassicurazione reciproca, per cui la gente è quasi inconsciamente spinta a cascarci. Il concetto non vale soltanto per il marketing (provare per credere: verificate fra qualche tempo la convenienza dei vostri acquisti Black Friday), ma sempre più spesso si estende alla politica: guardatevi bene dall’accettare o credere a tutto quello che vi dicono, anche se lo dicono TV e giornali. Anzi proprio perchè lo dicono loro.

Prendiamo l’approvazione del via libera all’ultimo pezzo di PNRR nella versione rimodulata dal Governo. E’ oggettivamente una bella notizia, ed ecco qui come viene comunicata dalla nostra Presidente del Consiglio.

I titoli amplificati dai media ci dicono che le  principali misure previste riguardano le imprese. Vediamo di approfondire con le parole della Premier: “Semplicemente quelle risorse le stavamo concentrando nella nostra proposta di revisione del PNRR. Quasi 12 miliardi e mezzo di euro di incentivi alle imprese, tra i quali ad esempio 6,3 miliardi per la transizione 5.0, cioè i crediti d’imposta (fruibili nei prossimi anni) per aiutare le aziende sulla doppia transizione, ma anche il supporto alle piccole e medie imprese per l’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili, 2,5 miliardi di euro per sostenere lo sviluppo delle filiere strategiche per l’efficienza energetica, 2 miliardi per i contratti di filiera nel settore agricolo, quasi un altro miliardo per l’agrisolare. E sono contenta di annunciare che ci sono anche oltre 300 milioni di euro proprio per rafforzare la competitività del nostro settore turistico”. Fin qui i titoli, tanta roba! Non è il massimo per la lista d’attesa infinita dei bisogni delle PMI, ma sembra davvero un’offerta credibile, una fiducia da non perdere, tanto più se ci sentiamo rassicurati  dai media, e dai tanti che ci credono, come accade per il Black Friday. Ma quanto di questa offerta si tradurrà in beneficio reale per le Piccole imprese, che sono oltre 4 milioni, sono l’anima del Made in Italy, e generano gran parte dell’occupazione?

Quale policy per le MPMI: farle crescere in numero e volume o soffocarle silenziosamente?

In Italia abbiamo 3,6 milioni di imprese, mentre gli Stati Uniti, che sono un’economia molto più grande della nostra, hanno 4 milioni di imprese, la Germania 2,5 milioni di imprese. E’ chiaro che da questo deriva una frammentazione e un nanismo imprenditoriale a livello internazionale importante“.

Inizia con l’enunciazione di questi dati l’intervento del consigliere per le politiche di bilancio della Presidenza al panel “Tra riconversione e innovazione del sistema imprenditoriale italiano” che si è tenuto a Bologna agli Stati Generali della ripartenza dell’Osservatorio “Riparte l’Italia”. Che si è guadagnato fama e reputazione di Think Tank imparziale per la ripartenza del paese. La vision governativa per le piccole imprese prende avvio però da dati non corrispondenti al vero, riportati come assiomi di partenza. Punto primo: quello che dice il consigliere non è vero, ce lo conferma  la US Chamber of Commerce: le piccole imprese americane sono più di 33,2 milioni e solo nel 2021 sono state avviate oltre 5 milioni di nuove imprese.

https://www.uschamber.com/small-business/state-of-small-business-now

Punto secondo:

La politica mirata alla lenta ma progressiva estinzione delle piccole aziende in Italia è in atto da diversi anni, in modo subdolo e non dichiarato, ma confermato dall’ISTAT, con i dati delle centinaia di migliaia di aziende chiuse negli ultimi anni, per la gioia dei Loieri vari e delle èlite di cui sono espressione.

Punto terzo:

I milioni di MPMI Italiane non sono una miriade frammentata di fastidiosi nanerottoli che disturbano il manovratore. Esse sono un sistema meraviglioso fatto di creatività, competenze, tecnologia, arte, valore dei territori: tutte cose e valori unici di cui i potentati economici internazionali che incombono sui governi non potranno mai appropriarsi. Governare e far crescere questo incredibile patrimonio imprenditorialità diffusa dovrebbe essere il fulcro di una strategia fondata sui uno dei più grandi vantaggi comparati che ha l’Italia verso i paesi concorrenti.

Come è stato perseguito dai governi degli ultimi anni il raggiro collettivo nei confronti delle MPMI nascondendo il disegno che le porta a un lento ma progressivo declino? Se volete approfondire il concetto cercate la studiosa Lana Swartz che ha coniato il termine “the network scam”, o chiedete al grande  Seth Godin (anche lui  convinto che il Black Friday sia un network scam). Si parte dall’enunciazione da parte di autorità, istituzioni, o personalità autorevoli di dati non corrispondenti al vero, si fa sì che la stampa , i media, i social li divulghino, si rassicura  la buona fede dei destinatari , nella fattispecie le piccole e microimprese, per carpirne il consenso   illudendoli come in una sorta di ipnosi di massa che si sta lavorando per loro e non per gli interessi di apparati, lobby, in nome della sudditanza ai potentati  economici transnazionali che incombono sui governi. (Vi ricorda qualcosa gia visto?)

Lo sviluppo internazionale del Made in Italy è troppo importante per essere lasciato in un ruolo di mero  strumento di propaganda politica tipo Black Friday a favore dei ministri, dei governi, e delle lobby di turno. A seguito di questa policy il numero di MPMI esportatrici diminuisce costantemente di anno in anno. Dobbiamo acquisire consapevolezza della necessità di lottare per interrompere questa tendenza, e far crescere la cultura imprenditoriale delle PMI apportando le competenze e le risorse necessarie.

Quando 5 anni fa, con un manipolo di export manager e imprenditori visionari abbiamo fondato l’associazione professionale Uniexportmanager e la Community Exportitalia 2030, avevamo una visione molto chiara e un programma che partiva da un concetto secondo cui l’export è il cuore del Made in Italy, le PMI sono il cuore dell’export, le competenze e i professionisti dell’export e dell’innovazione il cuore delle PMI. Abbiamo lavorato duro e raggiunto tutti gli obiettivi che ci eravamo posti, e tutti quelli che potevamo raggiungere da soli: abbiamo promosso una norma UNI volontaria per l’export management che è studiata nelle business school come  standard internazionale, abbiamo eliminato l’obbligo di intermediazione per accedere agli incentivi export, abbiamo ricercato e celebrato con il Premio Export Italia le migliori storie di export del nostro Paese.

Ora restano due ulteriori obiettivi sui quali stiamo costruendo e consolidando il consenso di tutti gli export people per dare una spallata alle policy dei nemici della crescita dell’export e delle piccole imprese: emancipare le aziende del Made in Italy, consentendo a ciascuna di loro di acquisire competenze di export e innovation management, e raddoppiare così entro il 2030 il numero delle aziende esportatrici. Sono obiettivi ambiziosi: non si raggiungono con le promesse di elargizioni di soldi  a pioggia, nè con i click day.

L’emancipazione dell’export deve partire dalla consapevolezza che non esiste il concetto che basti un voucher, o una piattaforma ebusiness, o una fiera, e in automatico si ottiene l’export o l’innovazione. Bisogna costruire un contesto favorevole all’intrapresa, senza preclusioni per i più piccoli, e orientato all’export, nel quale la coesione fra aziende, associazioni ,manager, politici illuminati, cultura, territorio, diventano la base che attrae i mercati e gli investitori internazionali, un ambiente che faccia diventare naturale l’evoluzione verso il business internazionale. Ne parlerò a Roma al Congresso Internazionale di Federitaly, la prima associazione imprenditoriale delle aziende del Made in Italy, a Roma i prossimi giorni. Click sull’immagine per il vostro invito.

Lavoriamo per migliorare l’export e parliamo forte e chiaro, fuori dal coro: grazie per seguirci e condividere questa newsletter.

Giuseppe Vargiu,
Presidente Uniexportmanager