“Grande è la confusione sotto il cielo, quindi la situazione è eccellente”, la celebre  frase di Confucio fu fatta sua da Mao Tse Tung quando il caos della società cinese, nei primi anni Sessanta, avrebbe favorito la rivoluzione. Oggi la grande confusione che viviamo favorisce gli scontri politici e sociali. Fra guerra in Ucraina, migranti, caro energia, inflazione al 10%, tassi che aumentano un giorno si e l’altro anche, crescita della disoccupazione unita ad aziende che non trovano addetti, burocrazia incapace di spendere il PNRR… neanche col coronavirus si era visto un caos di tali dimensioni. Tutti contro tutti. Chi sta bene nel caos sono  i pochi privilegiati, i dipendenti e manager pubblici, le grandi aziende industriali e finanziarie, le burocrazie degli apparati pubblici e associativi, le lobby introdotte negli enti istituzionali. Questi prosperano con qualsiasi tempo, quale che sia il cielo o il governante di turno.  

La gente che lavora nell’export del Made in Italy, e in particolare le Piccole imprese esportatrici e tutti coloro che seguono questa newsletter si confrontano con un Italia a due facce e a due velocità. Da un lato quella della retorica ufficiale che magnifica lo stereotipo dei pochi grandi marchi solidamente affermati nel mondo, e spesso asserviti al capitale internazionale. Dall’altro l’economia reale fatta di centinaia di migliaia di aziende medio piccole, quelle che il lavoro e il valore del Made in Italy lo creano, che faticano non solo e esportare i loro prodotti ma anche solo a sopravvivere. I dati  statistici e i sondaggi, soprattutto per il modo con il quale i media ce li propinano sono un tormento che ogni giorno ci preoccupa, ci manipola e ci racconta solo una parte della verità.

ISTAT: PIL cresciuto all’8,3 %

E’ di ieri il comunicato ISTAT che rettifica dopo mesi i dati precedenti. Prima ci danno i numeri, poi li cambiano, mentre  su media e TV si avvicenda il teatrino dei comunicati dove ogni politico dice la sua.

In quanti sanno veramente cosa è e cosa compone il PIL?

Prendetevi due minuti per chiarire le idee con questo breve video:

I componenti del PIL sono Consumi delle famiglie, Investimenti di imprese e famiglie, Spesa pubblica, Esportazioni al netto delle importazioni. La crescita del PIL equivale a una crescita di tutte queste componenti, rilevate in modo analogo in tutti i paesi del mondo e sostanzialmente a una crescita del benessere. Una crescita del PIL dell’8,3 % nel 2021, in pieno periodo COVID, è  straordinaria ed è trainata dal raffronto con un anno disperato come il 2020 e dagli investimenti governativi come il 110%. Per chi  pensa  che il valore del  PIL sia equivalente a quello della produzione industriale o agricola è meglio ricordare che non è così, e mostrare questa grafica di Visual Capitalist su fonti World Bank che compara la composizione del PIL in 50 paesi del mondo.  

Il contributo della produzione industriale (export meno import) al PIL, è ovunque molto inferiore a quello delle altre componenti fatta eccezione per i paesi  grandi  produttori di petrolio o di materie prime. Per completare il quadro, l’Italia su un PIL Mondiale di 206mila milioni, contribuisce con un PIL di circa 2.200, pari a 52mila$ pro capite. Diciamo che con la metodologia del mezzo pollo a testa stiamo bene. 

Dal PIL all’export: politiche export sbagliate che danneggiano piccole imprese e occupazione

I numeri di cui sopra già dovrebbero far scattare qualche ragionamento. Siamo tutti felici come pasque quando ci dicono che il nostro export supera i 630 miliardi ed è un terzo del PIL. Effettivamente la stampa disattenta e i media asserviti alle propagande politiche e istituzionali focalizzano l’attenzione sulla crescita dei numeri del fatturato all’esportazione. Numeri che valgono molto per fare i titoli, e che valgono  niente come informazione corretta se non sono depurati dai costi dell’importazione. Per esempio il fatturato export in Sardegna è fra i più alti d’Italia grazie ai prodotti petroliferi, ma depurato dai costi di import della materia prima affievolisce ai valori minimi. Come ho scritto in un recente articolo su Consulenti&Impresa: Consulenti&Impresa Settembre 2023.

In realtà la costante crescita del fatturato all’export non si è tradotta in crescita di PIL e benessere, e ha generato invece un devastante impatto sulle aziende di minore dimensione:

 

Nessuno lo dice. Non è politicamente corretto . Sta di fatto  che a fronte di una crescita dell’export del 30% il beneficio sul PIL è minimo, e quel che è peggio si sono distrutte imprese e posti di lavoro. Questo significa che sostenere l’export italiano senza favorire le micro e piccole imprese esportatrici, significa esportare capitale italiano e togliere lavoro, risorse e benessere al nostro paese.

Allora l’export non deve crescere?

L’export Italiano deve crescere e va sostenuto perché siamo un paese storicamente  trasformatore ed esportatore, il mondo compra i nostri prodotti e il nostro export è fondato su una ottima manifattura che da sempre traina l’economia. L’export può crescere ancora tanto, raggiungere il 50% del PIL e generare prosperità e benessere. Ma non  l’export sostenuto in questo modo, a colpi di retorica istituzionale. Una crescita sana dell’export con benefici sul PIL può avvenire a una sola  condizione: che si incrementi drasticamente il numero delle aziende esportatrici con una politica seria rivolta a sostenere la crescita imprenditoriale e la presenza nei  mercati esteri delle centinaia di migliaia di piccole aziende di qualità, in gran parte localizzate al Sud o in aree disagiate.

Le due facce e le sante messe dell’export

Il livello del dibattito sull’export italiano è assolutamente evanescente e asservito alla propaganda e al sostegno del business delle lobby e delle aziende medio grandi, che sono definite PMI anche con 43milioni di capitale, per facilitare un certo tipo di comunicazione manipolata.

Qui vedete l’assemblea oceanica delle giornate sull’export digitale (sembra l’ONU, cosa si saranno detti non si sa). Lo stesso abbiamo visto con la Cabina di Regia per l’internazionalizzazione, con il rimpasto dei ministeri culminato con il fantomatico CIMIT (comitato ministeriale per il Made in Italy), con il DDL Made in Italy (spero che  passi molto tempo prima che Camera e Senato approvino norme  idiote come il liceo delle filiere o la giornata del Made in Italy), gli spot multiministeriali di Cernobbio o di Rimini, le continue declamazioni di sostegno prive di seguito con azioni concrete.
Mentre qui si fa sterile propaganda tutto il mondo cerca il Made in Italy, ma non è Made in Italy la nutella prodotta in Vietnam o la pasta Barilla fatta in America. Il made in Italy delle MPMI è un incredibile giacimento di valore non sfruttato, a causa della retorica delle passerelle dove tutti si parlano addosso e nessuno fa o decide mai niente. Persiste uno  status quo a favore di  quelle 1200 aziende (su 4 milioni) che di sostegno non avrebbero bisogno,  che rappresentano la maggior parte del fatturato all’esportazione, che delocalizzano spesso e volentieri, che creano minore occupazione, e che generano profitto per i propri azionisti, ma molto meno beneficio per il paese.

Nuove sante messe per l’export sono in arrivo nei prossimi giorni, e riproporranno il film già visto, con il sequel di narrazione del pensiero unico per l’export. Summit più o meno Top, Stati più o meno Generali, riunioni con sfilate di decine onorevoli, dibattiti infiniti con rappresentanti della politica, dell’economia, delle associazioni, un blob incredibile di propaganda. Risultato: aumenta la confusione sotto il cielo dell’export. Nelle molteplici prediche che ascolterete nessuno vi dirà  una cosa molto chiara e palese: il Made in Italy viaggia con due facce e  due velocità. La faccia sovraesposta  delle grandi aziende consolidate, sempre più grandi, sempre più sostenute da Governi e apparati, sempre più esportatrici, e che occupano sempre meno dipendenti in Italia. La faccia buia sempre più sconosciuta e nascosta  delle MPMI, figlie di un dio minore, sempre meno esportatrici, sempre meno numerose, le uniche che producono il vero Made in Italy che all’estero si cerca e non si trova. Quelle che dovrebbero essere sostenute a livello di crescita di cultura export, a livello di crescita della visione imprenditoriale, di acquisizione competenze su export, digitale, ambientale e culturale.

Grande è la confusione sotto il cielo – quindi la situazione è eccellente

Per fortuna è possibile per chi lavora l’export pensare positivo e trarre vantaggio dal grande caos facendo le cose giuste. Come ha fatto Mao, rimboccandosi le maniche e dichiarando guerra al ventre molle di un sistema. Dobbiamo costringere i responsabili del Sistema Italia a confrontarsi con la realtà e a prendere atto che la giusta visione export è una sola. E’ quella che include le piccole imprese e il loro potenziamento attraverso l’immissione di adeguate competenze e risorse. Devono finirla con le Sante messe mediatiche, e incontrare faccia a faccia chi nell’export ci lavora.

Un’occasione può essere a Milano il prossimo Go International, la fiera dell’export del Made in Italy che si propone di facilitare incontro fra domanda e offerta di competenze export. Una grande occasione è stata il Premio Export Italia di Uniexportmanager che ha fatto emergere le storie straordinarie di export. Il libro sarà disponibile in stampa a Go-International nel programma Go-Uniexportmanager.

Altro esempio gli eventi FederItaly che hanno promosso una innovazione vera che facilita i prodotti italiani autentici delle aziende. Ancora: altra cosa giusta che le istituzioni hanno ignorato è stata la Norma UNI Exim Manager 11823:2021, partita dal basso grazie ad associazioni come Imit e Uniexportmanager, e che si sta affermando come standard internazionale delle competenze export per aziende e professionisti. Dalle istituzioni, giornalisti, e dai commentatori indipendenti ci aspettiamo che vengano a GoInternational ma non a pontificare e ascoltarsi tra loro, bensi ad ascoltare chi l’export, l’import e l’internazionalizzazione li fanno veramente. A Go International a Milano dall’11 al 12 ottobre sarà possibile per chi lo vorrà sottoscrivere di persona le tesi del programma programma ExportItalia2030:

Nonostante la confusione la situazione è piena di opportunità per chi sa e vuole sfruttarle. Vi aspettiamo a Go International. Grazie per leggere condividere questa newsletter, lavoriamo insieme per migliorare l’export.

Giuseppe Vargiu
Presidente Uniexportmanager