Fino a 500.000 euro per 6 mesi – finanziati da Simest:
E’ quanto può ricevere un Temporary Export Manager secondo quanto ci dice la circolare 8-394-2023 di Simest. Finanziamento 6 anni, costo una frazione del tasso di riferimento (oggi 3,64), possibilità di fondo perduto fino a 100mila e di garanzia zero. Dal 27 luglio si apre il mercato dei Temporary Export Manager. Per le aziende disponibili a ingaggiare export manager a prezzo di mercato (secondo la circolare) si aprono grandi opportunità. Grandi opportunità anche per le società che li occupano. Infatti non è possibile ingaggiare un freelance individualmente, occorre ricorrere rivolgersi alle società di capitali con una scuderia di superTEM da 500.000.
Cosa dovrà fare un Temporary Export Manager pagato fino a 3.200 eur al giorno?
Effettivamente un TEM pagato quanto Lukaku dovrebbe come minimo essere impiegato in missioni di guerra sotto le bombe a grappolo, e ottenere risultati tali da far diventare il committente leader mondiale. Vero è che gli ingaggi dei calciatori li pagano le loro società. Qui i superTEM li paghiamo noi con i 4 miliardi del fondo legge 394 affidato alla Simest per essere gestito agli ordini di un misterioso Comitato Agevolazioni.
Ma tant’è. La circolare prevede anche un ghiotto 5% riservato ai consulenti che “fanno la pratica”. E’ anche questa una declinazione di best practice per l’export inaugurata dalla nuova Cabina di Regia del Sistema Italia, che fa seguito al DDL Made in Italy o all’ Open to Meraviglia. Alla Scuola di Formazione Uniexportmanager, che prepara la certificazione degli Export Manager in coerenza alla norma UNI 11823:2021 ora si aspettano valanghe di candidature, magari provenienti anche dal battaglione Wagner. A dire il vero nel Comitato Agevolazioni Simest la norma UNI 11823:2021 Esperto di processi Export Import e Internazionalizzazione, che declina lo standard di questa professione – creata dalla normazione volontaria di enti e associazioni che sull’export ci lavorano – neanche sanno che esiste.
E’ la professione più amata dalle aziende italiane, è anche la più pagata?
Se in questi giorni andate a vedervi le pagine di ricerca di personale su Linkedin, sui siti HR, e sulle pagine “lavora con noi” dei siti web troverete una quantità altissima di annunci che riguardano i profili professionali di esperti di commercio internazionale e innovazione.
E’ aperta la stagione di caccia all’export manager. Segno di un sentimento positivo verso l’export, trainato dai successi di una manifattura italiana che mantiene da sempre un posizionamento di “leader mondiale specializzato”, dalle aspettative di agevolazioni e incentivi e da un umore positivo degli imprenditori alla guida di aziende medio grandi.
Il valore del nostro modello industriale
Riporto qui dall’intervento del presidente Alessandro Spada alla recente assemblea di Assolombarda.
“La nostra industria manifatturiera possiede migliaia di campioni piccoli, medi, medio-grandi e grandi che operano con successo a livello internazionale in segmenti altamente specializzati della manifattura. Una peculiarità che è la nostra forza… quasi l’80% dell’export manifatturiero italiano viene realizzato da imprese medie, medio-grandi e grandi con un numero di occupati che va da 50 a 4.999. Queste imprese sono in totale 9.000. A queste si aggiungono altre 27.000 piccole imprese con un numero di addetti che va da 10 a 49, le quali coprono un restante 13%. Le imprese con più di 5.000 lavoratori, invece, sono soltanto 13 e pesano per meno del 7% dell’export”.
Nessuno si sogna di mettere in discussione un sistema industriale italiano che sostiene il paese da decenni, anzi dobbiamo combattere chi cerca di indebolirlo con scelte idiote e senza senso. Come l’Unione Europea che con i suoi ambiziosi obiettivi ambientali sta forzatamente intaccando la competitività delle imprese manifatturiere europee. Come la BCE che drena liquidità mentre il PNRR tende a crearla. Come le imposizioni sul blocco dei motori a combustione interna: per ridurre le emissioni l’Europa ha scelto di puntare tutto sull’elettrico, anziché farlo attraverso l’uso anche di altri combustibili come i biocarburanti, i carburanti sintetici, e l’idrogeno, di cui proprio il nostro territorio è attore all’avanguardia. Come le etichette su vino e alimenti fatte per danneggiare i nostri produttori. Ma anche l’Italia in fatto di norme contraddittorie non è da meno: nell’export non ci sono solo i bandi Simest, basta portare attenzione al DDL Made in Italy.
I bandi per i figli di un dio minore
Resta il fatto che quando dalla manifattura cosi orgogliosamente esibita da Assolombarda spostiamo l’attenzione al mondo degli altri 4 milioni di piccole e micro imprese non solo manifatturiere che valgono il 98% dell’occupazione il quadro non è più così ottimistico. Nonostante il bisogno di competenze sia elevatissimo. Nonostante le competenze export e innovazione siano un bisogno vitale, queste aziende non esportano. Non esportano. Licenziano. Chiudono.
A questa categoria ultima sono rivolti i bandi di internazionalizzazione appena aperti in Lombardia, in Toscana, e in Puglia, che finanziano le aziende che non esportano e in molti casi vogliono farlo con progetti export che coinvolgano export manager. A questi si aggiungono i piccoli bandi delle Camere di Commercio locali. Qui siamo figli di un dio minore: si parte di baldanzosi con un bonus export digitale da 2 a 4mila euro e si può arrivare a sostenere ingaggi ragionevoli per il mondo delle MPMI. Mediamente parliamo di contributi a fondo perduto di 15.000 euro. Non tantissimo ma quello che serve per innestare cultura e competenza per far crescere un giacimento italiano di Made in Italy invenduto il cui ammontare è considerato vicino ai 100 miliardi.
Un’altra misura interessante è quella rilanciata dal MIMIT, che censisce gli Innovation Manager, tra cui gli Export Manager Innovatori iscritti agli elenchi delle associazioni manageriali, assicurando risorse per il passaggio dall’impresa 4.0 alla transizione 5.0 legata al PNRR. Qui sono stati allocati 75 milioni di fondi pubblici che certamente andranno a generare ritorni di gran lunga superiori. Nel 2021 il bando VoucherTem aveva potenziato l’internazionalizzazione di 2.500 piccole imprese con soli 50 milioni. La sua riedizione è stata misteriosamente bloccata. Sono invece disponibili 4 miliardi su misure come quella per ingaggiare i superTEM.
Chi lavora per migliorare l’export
Si delinea palesemente una divaricazione crescente, dove la gran parte delle risorse nazionali viene gestita (non voglio dire sperperata) in modo verticistico, e destinata a far crescere chi già di per se è grande e internazionalizzato. Resta una parte residua sempre più piccola e sempre più dispersa in molteplici rivoli fra regioni, camere di commercio, università, iniziative locali, che però – per fortuna – in molti casi è gestita in modo illuminato da chi, come espresso dal pensiero Exportitalia 2030 ha veramente a cuore il sostegno reale al Made in Italy.
In Uniexportmanger lo facciamo, stiamo formando Export Manager certificati, stiamo divulgando le migliori storie italiane di export, a breve sarà online e in stampa il libro Oltremare del Premio Export Italia e l’elenco ufficiale degli export manager e innovation manager associati. Partecipiamo alle iniziative sul marchio 100% Made in Italy, affianchiamo organizzazioni come Ampioraggio e Federitaly che abbinano export, cultura, e arte nei piccoli borghi. Infine, se qualcuno ci volesse ingaggiare come Temporary Export Manager, abbiamo colleghi specializzati e qualificati disponibili a scendere in campo anche con ingaggi inferiori a 500.000 euro.
Grazie per leggere e condividere questa newsletter,
Giuseppe Vargiu
Presidente Uniexportmanager
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