Il rapporto SACE 2023

Sono passati i primi 6 mesi del 2023, e puntuale arriva il rapporto SACE sull’export, uno dei pochi validi punti di riferimento per chi in Italia si occupa di export, import, internazionalizzazione e sviluppo internazionale del Made in Italy. Qui potete approfondire il report che, come sempre, espone un quadro completo e pacato del contesto internazionale. 

Fortunatamente abbiamo una delle industrie manifatturiere più forti del mondo, e i numeri del nostro export vanno bene, in linea e in qualche caso meglio di quelli globali del commercio internazionale e dei nostri paesi competitor, per cui  le prospettive sembrano meno nere di quanto potessimo prevedere. Non si fa cenno alla costante diminuzione del numero di aziende esportatrici e della diffusione di competenze per export e digitale, ma questo non era compito del rapporto.
Solo una cosa ci sconcerta nel rapporto di quest’anno: il titolo, che ci sembra surreale e poco comprensibile. Sembra un titolo del meeting di Rimini. “Il Futuro è adesso, insieme”: Che vol dì? Secondo la prefazione dell’AD Alessandra Ricci e del Presidente Filippo Giansante è una sfida in cui dobbiamo impegnarci, insieme, per crescere in modo sostenibile e durevole. Sarà. Davvero ringraziamo SACE per il suo fattivo contributo, ma a dire la verità non è che ci convinca molto questo titolo surreale.

Adesso

L’ adesso godiamocelo  intanto con questo eccezionale filmato prodotto dalla premiata casa di produzione della propaganda in occasione del nuovo Disegno di Legge sul Made in Italy.

Bellissimo vero? Anzi very bello. Anzi meraviglioso, Open to meraviglia. Come il marchio BeIt. Come la grande bellezza. La cabina di regia per l’export ormai può trasferirsi direttamente a Cinecittà, dal momento che le uniche cose che produce e diffonde per migliorare l’export sono bellissimi filmati e costose campagne pubblicitarie.

Gli ultimi 6 mesi per l’export del Made in Italy

Vediamo cosa ha fatto nel 2023 il Sistema Italia per sostenere l’export, portare competenze nelle aziende, aumentare il numero delle aziende esportatrici, oltre a produrre spot.

  • Cambiato il nome al ministero dell’industria: da MISE a MIMIt.
  • Creato il CIMIM. Misterioso comitato interministeriale per il Made in Italy
  • In febbraio si è riunita finalmente la Cabina di Regia per l’Internazionalizzazione. Che in un’ora doveva raccogliere i contributi e i suggerimenti pervenuti da centinaia di associazioni imprenditoriali, professionali, e lobbisti vari. Ho già avuto modo di paragonarla al parlamento cinese dato il numero dei componenti e di valutare la totale genericità del documento rilasciato. Come registi sono molto più bravi a fare i trailer che non a governare l’export.
  • Rivoluzionati i vertici degli apparati: ICE, Simest, SACE, CDP hanno una nuova governance e hanno rinnovato il management.  
  • Quanto ai programmi la CDP ha in corso altre campagne di comunicazione per diffondere il portale di business matching (altro lavoro per la premiata casa di produzione della propaganda), ICE è attivissima nel marketing dei propri servizi e nel sostenere il business delle grandi piattaforme e marketplace internazionali, Simest lavora solo per l’Emilia Romagna e per l’Ucraina (meritoriamente. Anche se sommessamente, ricordiamo che in Italia ci sono aziende anche nelle altre Regioni non colpite da alluvioni e aziende impegnate nel business internazionale su mercati  diversi da Russia e Ucraina) . La stessa  Invitalia, che si era guadagnata il ruolo di porta tecnologica di accesso istituzionale  agli incentivi pubblici grazie all’efficienza dei suoi sistemi informativi, sta perdendo drasticamente la reputazione, come documentano le centinaia di aziende in difficoltà per l’erogazione del minibonus per l’export digitale.
  • Dove sono finiti i milioni dei fondi strutturali promessi dal Patto per l’Export e le relative misure efficaci per le PMI come il voucher export digitale? Gli incentivi per le fiere e l’e-business? Scomparsi dai radar. Niente di strano. Da quando in qua in Italia i Governi rispettano i patti con i cittadini e le imprese?
  • Rimane l’innovazione, l’impresa 4.0, il tagging PNRR. Non sono strettamente legati all’export, ma ormai non ci può essere export senza innovazione. Sembra di vedere un risveglio al riguardo almeno con i bandi del MIC per le imprese culturali e la ripartenza dei Voucher per Innovation Manager.
  • E a proposito di ricerca e sviluppo è significativo l’approccio dell’Agenzia delle Entrate ai crediti fiscali R&S dal 2015 in poi. Oggi le “attività realizzate con tecnologie esistenti e ampiamente diffuse” non hanno i requisiti per essere considerate ricerca o innovazione, e dunque, anche a distanza di anni,  i crediti vanno revocati. Come dire che dal momento che il telefono brevettato da Meucci nel 1871 è tecnologia diffusa  le innumerevoli applicazioni da internet agli smartphone al 5G non sono nuove e non costituiscono ricerca e sviluppo.

La ciliegina sulla torta è il DDL Made in Italy

Approvato dal CdM con grande clamore qualche settimana fa, questo disegno di legge è un classico esempio dell’approccio istituzionale al Made in Italy che registriamo negli ultimi tempi. Una bella facciata tricolore e nella sostanza poco più di una gigantesca scatola vuota. La cosa è talmente palese che credo si vergognino a farlo approdare in Parlamento, che dovrà ratificarlo. In realtà non sarà  facile ratificare il niente. Troverete idee come le Giornate del Made in Italy, o invenzioni stravaganti come i licei del Made in Italy, o la fiera permanente della Vespa. La cultura dell’export italiano e dei valori del bello buono benfatto  è sacrosanta, ma qualcuno lo deve ben dire che andrebbe introdotta in TUTTE le scuole superiori e non soltanto in qualche liceo nei distretti amici. Andatevi a vedere i programmi degli istituti tecnici commerciali, o la preparazione export dei nostri periti aziendali. Ma si sa, ci vogliono le palle per fare pubblicità.

Registriamo la mancanza totale di obiettivi concreti come l’aumento del numero delle PMI esportatrici, l’individuazione e il rilancio delle misure efficaci per la loro crescita, l’acquisizione di competenze export e import, la totale assenza di interventi concreti (aldilà di chiacchere o di semafori in etichetta o minacce di azioni all’estero) a tutela del Made in Italy autentico, che tutto il mondo vuole ma che sui punti vendita non arriva. Sarebbe troppo bello trovare qualche persona illuminata nelle Commissioni Parlamentari che metteranno mano a questo  disegno di legge. Servirebbe, a dire il vero, qualche miliardo di emendamenti per renderlo presentabile. Ma siamo realistici: basterebbero pochi riferimenti concreti alla necessità di potenziare le PMI favorendole nell’acquisizione delle competenze, dei servizi digitali di ultima generazione, di un export digitale svincolato dalla sudditanza alle piattaforme, di tecnologie che proteggano le aziende che veramente fanno il Made in Italy autentico.
Questa sarà un’analisi forse superficiale, e sicuramente contrasta con il pensiero unico che narra l’export sui media italiani, ma se parlate con manager, imprenditori, e con chi sull’export ci lavora troverete una puntuale conferma.

Il futuro positivo

Insomma, non possiamo seriamente pensare di sostenere l’export con leggi propaganda o con le crociere dell’Amerigo Vespucci. Resta il fatto che chi fa l’export, anche se infastidito da una noiosa propaganda, deve pensare positivo. Il che vuol dire guardare al futuro senza incauto ottimismo (andrà tutto bene) e senza eccessi di pessimismo (mi rinchiudo nella mia area di comfort e non faccio niente). Chi pensa positivo parte dalla realtà esistente e pone in essere le misure necessarie per cavarsela al meglio con i problemi e i mezzi a disposizione. Le storie di pensiero positivo per l’export di 44 aziende le trovate nell’ebook Oltremare appena pubblicato come evento conclusivo del Premio Export Italia.

Queste sono state tutte azioni positive per il futuro dell’export, portate avanti da imprenditori e manager che ci hanno creduto, da associazioni professionali come Uniexportmanager, da Associazioni imprenditoriali come FederItaly (che il prossimo 5 luglio presenterà al Parlamento Europeo il marchio 100% Made in Italy), da organismi visionari quali la Fondazione Ampioraggio, che mettono insieme piccoli borghi, cultura, imprese per una nuova visione e attrazione dei valori autentici del nostro paese. E sostenute dalle persone visionarie e illuminate, per fortuna, sono presenti anche nelle nostre istituzioni.

Con il pensiero Export Italia 2030 lavoriamo per migliorare l’export. Insieme.
Giuseppe Vargiu,
Presidente Uniexportmanager