Combattere uniti senza divisioni la guerra dell’export
Soprattutto chi lavora sull’export deve alzare lo sguardo sul mondo. Non puoi far finta che non esista il contesto drammatico che stiamo vivendo, dove si riaccende con violenza senza precedenti la crisi in Medio Oriente, persiste la guerra russo ucraina, alla quale nessuno vuole porre fine, cova il conflitto latente USA-Cina, esplode la bomba dei migranti dall’Africa… e intanto economie emergenti come Cina e India dettano nuove regole ai mercati internazionali. In Italia, a tutti i livelli si seguono questi eventi con una logica da bar dello sport, invece di cercare di capire come governarne gli effetti che stanno andando a stravolgere la nostra vita, e la nostra economia. Pensiamo positivo partendo dai punti di forza. Non dobbiamo dimenticare la realtà di un’Italia penalizzata tantissimo da pandemia, inflazione, energia, debiti, che è stata capace di resistere alla stagnazione, e nonostante tutto cresce.
Abbiamo storicamente una delle industrie manifatturiere più forti al mondo (non solo per produrre armamenti), abbiamo valori unici di storia, cultura, arte, genialità, ambiente, le quali tutto il mondo riconosce nell’autentico Made in Italy: potremmo passare dall’economia dello zero virgola ad un formidabile rilancio, se solo tutti i soggetti in campo sapessero e volessero davvero collaborare e giocare insieme, compatti, senza egoismi di parte, la partita dell’export.
L’Italia (come l’Europa del resto) è stata vittima delle congiunture internazionali perché si è accontentata di seguire la corrente. Dobbiamo essere capaci di valorizzare in modo equilibrato una struttura economico industriale molto complessa, fondata su consolidate realtà manifatturiere. Queste strutture, specie quelle di maggiore dimensione, sono beneficiarie della gran parte dei fondi pubblici, e ben finanziate dalle banche. Ma possono reggersi soltanto perché esiste una moltitudine di imprese piccole e piccolissime, ignorate e bistrattate e strumentalizzate, che generano la gran parte dell’occupazione e del PIL, e costituiscono la realtà più autentica del Made in Italy.
Una visione di bottega
Purtroppo L’Italia è distante anni luce da una visione che mette insieme gli operatori italiani del commercio internazionale e li proietta sul mercato internazionale, come se fossero un’unica famiglia. Prevalgono le divisioni e gli interessi di bottega di apparati pubblici, potentati finanziari e industriali, di un intervento pubblico ancorato a tornaconti politici ed elettorali, nazionali e locali, di grandi organizzazioni che schiacciano le piccole imprese. La gente che intraprende, lavora, produce, esporta, e in definitiva mantiene l’intero sistema, non riesce a far sentire la propria voce. Eppure solo un modello di grande famiglia unita può mettere insieme produttori, esportatori, manager, associazioni, istituzioni. Nella consapevolezza che export import e internazionalizzazione sono il cuore dello sviluppo del paese. Solo una visione che porti avanti in modo unitario i valori che rappresentiamo nel mondo può garantire un futuro ai nostri figli e alla nostra martoriata economia.
Oggi la narrazione dell’export nasconde la divisione palese fra i due mondi dell’export italiano. I dati Istat sono molto chiari: l’ export aumenta con l’attività delle aziende organizzate, di dimensioni significative, inserite stabilmente nei mercati esteri, mentre le piccole aziende esportatrici diminuiscono di anno in anno. Ne abbiamo parlato qui: News Exportitalia2030 Settembre 2023. Lo spot della bambina con la pesca al supermercato è diventato virale le scorse settimane, e aldilà delle polemiche ci ha dato lo spunto per ricordare che unire una famiglia divisa è un bisogno reale, non solo nella vita delle persone ma anche nel lavoro e nella vita economica. Lo spot della bambina al supermercato.
L’export italiano è confuso e diviso
Se c’è in Italia una famiglia divisa questa è quella dell’export. L’internazionalizzazione delle piccole imprese è da sempre un problema irrisolto. Anche la transizione digitale non è servita per le pmi; ha fatto proliferare l’offerta di servizi per l’internazionalizzazione, già abbondante tra Camere di Commercio, Aziende Speciali, Associazioni di Categoria, Consorzi, Reti, Associazioni ecc. ecc, a cui si aggiungono gli innovation manager, e tutte le nuove figure nate con la digitalizzazione. Questo disorienta le piccole imprese, che sono sommerse di proposte che non riescono, o non vogliono, analizzare, e che aspettano nel frattempo i miracolistici “interventi pubblici”. Negli ultimi anni le istituzioni di fondi per l’internazionalizzazione ne hanno distribuito parecchi, a pioggia, per tutti. Patrimonializzazioni, delocalizzazioni, voucher, bonus, piattaforme, fiere.
Denari destinati ai pochi soliti beneficiari, e spesi in modo non sempre intelligente: per esempio sono stati destinati finanziamenti “presa in giro” per l’export delle aziende vittime dell’alluvione in Emilia Romagna, che, con i magazzini distrutti, e impossibilitate a produrre, da esportare avevano ben poco. Per non parlare della complessità di misure che risultano in più costi nel partecipare piuttosto che in maggiori benefici…
Invece, misure semplici e funzionali come il voucher TEM (che ha sostenuto con successo l’export di 2500 aziende e di altrettanti exportmanager), oppure il sostegno alle reti e aggregazioni – unico modo per far diventare esportatrici le aziende più piccole – sono scomparse dai radar. Il tutto mentre continua a mancare un serio monitoraggio sull’attuazione e sull’efficacia dei provvedimenti pubblici.
Go International – il supermercato dell’export
Non se ne può più di stereotipi inutili, come le molteplici cabine di regia, i summit, gli stati generali, gli osservatori dove tutti sfilano, si parlano addosso, celebrano, e alla fine il risultato finale è sempre più o meno lo stesso: siamo belli, siamo bravi, esportiamo più degli altri. Se le cose stavano veramente così, il numero delle aziende esportatrici non era in costante calo da 10 anni, e l’export poteva raggiungere il 50% del PIL e ridurre il debito pubblico. E’ da plauso la coraggiosa iniziativa di GO International, al suo terzo anno, che è cresciuta e si pone come vero e proprio punto di incontro per tutti gli operatori che offrono servizi per l’export in un unico contesto. L’incontro fra gli export people, la presenza delle istituzioni, gli espositori, i convegni, sono aspetti importanti, ma le aziende ci saranno?
Secondo gli organizzatori sì, noi ci speriamo, e siamo con loro. L’occasione è infatti troppo importante per far crescere la cultura dell’export, e non può limitarsi a cercare clienti, o a vendere servizi, o piattaforme, o missioni di buyer in offerta speciale. A Go International con l’iniziativa Go Uniexportmanager si incontrerà la nostra community. Ci si trova con coloro che l’export lo fanno, e lo vivono ogni giorno con il loro lavoro sul campo.
E’ bello sapere che ci sono persone che lavorano per migliorare l’export
Associazioni professionali come Uniexportmanager saranno presenti, insieme a associazioni imprenditoriali illuminate come FederItaly. Export People, Associati Uniexportmanager, e followers della community ExportItalia2030# saranno presenti praticamente in tutti gli stand espositori, e in più, per la prima volta, l’associazione si presenterà con un proprio stand di riferimento. Passate, se volete allo stand, e chiedete il Kit Go Uniexportmanager.
Il messaggio che Uniexportmanager vuole dare, è che è bello sapere che ci sono persone che lavorano per migliorare l’export, e che la nostra associazione le promuove, le tutela e le fa lavorare insieme. Allo stand Uniexportmanager, che fin dalla sua fondazione promuove il pensiero #ExportItalia2030, presenteremo l’edizione stampata del libro Oltremare, “Storie Straordinarie di Export” con le migliori export story celebrate dal Premio Export Italia. Conoscerete altresì i docenti della prima Scuola di Formazione online dedicata alla preparazione per la Certificazione UNI 11823:2021. Incontrerete, infine, i protagonisti del pensiero #ExportItalia2030, e potrete votare il manifesto per lavorare uniti e migliorare l’export. Potete votare già ora, online, all’indirizzo Uniexportmanager.it/go.
Il manifesto ExportItalia2030 votiamo su come migliorare l’export
Le tesi ExportItalia2030 circolano e raccolgono consensi ormai da 2 anni: l’occasione Go International è il banco di prova per capire se le istituzioni, gli apparati e le parrocchie dell’export sono in grado di unirsi portando avanti un rinnovamento dell’export a favore delle MPMI di cui il Made in Italy ha bisogno da troppi anni.
Il Manifesto ExportItalia2030: 24 Tesi per migliorare l’export
- L’Export NON si fa da soli;
2. L’export è il cuore dello sviluppo dell’economia;
3. Le PMI sono il cuore dell’export;
4. Portare competenze export permanenti in ogni azienda;
5. Obiettivo 2030 – 300mila aziende italiane esportatrici;
6. Essere consapevoli che quante più risorse sono allocate sull’export, tanto più si generano benefici superiori all’investimento e si fa crescere il PIL;
7. Sostenere l’export come politica attiva che crea lavoro, occupazione e sviluppo;
8. Non può esserci export senza competenze digitali e senza contenuti sostenibili;
9. Premiare le migliori pratiche export;
10. Abbattere le barriere al commercio internazionale;
11. Combattere i monopoli e le posizioni dominanti che ostacolano la libera concorrenza sui mercati;
12. Sostenere le pratiche, le normative e i regolamenti che rafforzano la specificità del Made in Italy delle pmi anche quelle di minore dimensione;
13. P.A.: semplificazione, trasparenza, obiettivi chiari, monitoraggio sui risultati;
14. Attuare il patto per l’export e misurarne l’impatto sulle le piccole imprese motore della ripartenza;
15. Detassare gli utili provenienti dall’export delle MPMI;
16. Sostenere gli expat e i professionisti italiani che lavorano all’estero;
17. Allocare le risorse export prioritariamente sulle MPMI;
18. Incentivare le grandi aziende solo se inducono vantaggi alla collaborazione con le MPMI in Italia;
19. Un export manager in ogni azienda;
20. Sostenere la qualificazione, la certificazione, e la normazione volontaria delle professioni per l’accesso ai bandi;
21. Abbandonare la pratica dei clickday per agevolazioni e incentivi;
22. Promuovere lo sviluppo di export digitale collaborativo e condiviso, che porta benefici concreti alle aziende e non solo alle grandi piattaforme e fiere;
23. Sostenere le collaborazioni e le aggregazioni fra aziende, professionisti, associazioni professionali e imprenditoriali che promuovono il Made in Italy;
24. La lotta all’italian sounding si fa portando i prodotti autentici delle MPMI ai consumatori nei punti vendita e nei canali commerciali esteri.
Grazie per seguire e condividere questa newsletter e per aiutarci a migliorare l’export.
Giuseppe Vargiu,
Presidente Uniexportmanager
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