Italia leader della nuova politica industriale?
La Germania entra in recessione, la Francia peggiora: restiamo noi il traino dell’Europa. Prima eravamo noi il problema, oggi cresciamo più degli altri paesi, Stati Uniti compresi, se mai è la debole crescita degli altri che ci proccupa. Ce lo dice @AdolfoUrso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, il 27 maggio al festival dell’Economia di Trento. Consiglio di ascoltare il suo intervento per comprendere bene il contesto politico industriale nel quale il nostro paese si muove (al termine della newsletter troverete il link per seguire se volete l’intera registrazione). Che la Germania non vada meglio di noi, dopo tanti anni che ci siamo sentiti in condizione di inferiorità, come minimo ci mette di buon umore.
Ora vediamo i numeri
Il PIL tedesco nel primo trimestre dell’anno è sceso dello 0,3% rispetto al trimestre precedente, il quarto trimestre del 2022, quando aveva fatto segnare un -0,5%. Le stime erano di un 0%. La recessione è comunemente definita come due trimestri consecutivi di contrazione. Rispetto al primo trimestre del 2022 la contrazione è stata dello 0,5% rispetto al +0,8% mentre le stime prevedevano un calo più contenuto (-0,1%). Anche Le imprese francesi vedono nero. In Francia il clima delle imprese si è nuovamente deteriorato a maggio, per il terzo mese consecutivo, a causa di un peggioramento in tutti i settori di attività del mercato.
E da noi?
Secondo il report congiunturale di Confindustria la crescita dell’Italia prosegue nel 2° trimestre a ritmi più moderati, trainata dai servizi, mentre l’industria resiste. L’inflazione è persistente come previsto, i tassi di interesse salgono, e i prestiti diminuiscono. Si registra debolezza nell’Eurozona, mentre negli USA riparte l’industria, frena la Cina, cresce l’India. Qui il link all’ultima Congiuntura Flash.
Il mondo imprenditoriale italiano è molto preoccupato. Dopo aver sofferto gli ingenti danni derivati dall’aumento dei prezzi dell’energia e il devastante impatto del conflitto russo-ucraino sull’economia europea, le aziende italiane temono un possibile deterioramento dei rapporti tra Italia e Cina, proprio ora che si registrano numeri record sul fronte dell’export verso il colosso asiatico (+92,5% nel primo trimestre di quest’anno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno).
La politica industriale italiana
L’Italia è vittima della sua storica limitazione di sovranità, frutto di una dipendenza non scritta dagli Stati Uniti sin dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Di fatto, quali che siano i singoli governi, continuiamo a a sacrificare gli interessi nazionali ai vincoli geopolitici, che agiscono sotto forma di interferenze esterne, ormai operanti da decenni all’interno della comunità italiana. Il ministro Urso non poteva naturalmente prescindere da questa sudditanza endemica. Tuttavia ci sembra che in tema di politica industriale, (almeno a parole, vedremo sui fatti) abbia idee più chiare dei colleghi dei governi che lo hanno preceduto.
Sicuramente da apprezzare la passione che emerge da questa intervista. Sono enunciati concetti chiari sul far tornare in Italia produzioni chiave come quelle dell’automotive, estrarre in Italia i materiali rari, valorizzare il bello, il buono, il ben fatto del prodotto italiano, attrarre investimenti in Italia con il fondo sovrano, attivare incentivi fiscali del 40% su chi investe in tecnologia e in transizione ambientale e digitale, semplificare e sburocratizzare, completare la riforma degli incentivi, attrarre i nomadi digitali per venire a lavorare in Italia, e meglio ancora se vengono a vivere nei piccoli borghi
Tanta roba. Alcuni aspetti sono meno chiari: per esempio sull’export non abbiamo rilevato particolare enfasi sul sostegno alle piccole aziende, sul fatto che gli incentivi all’export siano di fatto bloccati, sul sostegno alle aziende del sud lasciato a un improbabile bando per le grandi aziende. Intanto sono in arrivo la legge quadro sul Made in Italy, il liceo del Made in Italy, e intanto il Parlamento lavora sul riordino degli incentivi. Qui potete registrarvi e ascoltare, tra gli altri eventi del 27 maggio a Trento, l’interessante intervista di Carmine Fotina al Ministro.
Sull’export il banco di prova di quello che saprà fare questo Governo, e non solo il Ministero del Made in Italy, si gioca non tanto sul’aumento del fatturato all’esportazione quanto soprattutto sulla crescita del numero e valore delle aziende esportatrici. Sono da sostenere tutte le iniziative e scelte politiche per migliorare l’export, perchè è qui che si concentra il nostro futuro. Soprattutto occorre lavorare sulle MPMI, facendo crescere la loro cultura e portando loro le competenze e le risorse necessarie come vero traino di qualsiasi politica industriale.
Giuseppe Vargiu
Presidente Uniexportmanager
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