Cosa fareste con un milionesimo dei fondi PNRR? Vale a dire con 231 mila eur. Con il PNRR è infatti possibile realizzare un milione di progetti di da 231mila eur ciascuno. Sono sicuro che per la maggior parte dei lettori di questa newsletter la risposta non sarebbe difficile. Per quanto mi riguarda, non credo comprerei carri armati.

Troppa grazia sant’antonio

Ma il Sistema Italia, forte di 3 milioni e 250 mila impiegati pubblici, ammette candidamente che i fondi PNRR sono troppi e che non siamo in grado di utilizzarli.

Non è solo PNRR

Non è solo PNRR. L’Italia è tra i maggiori beneficiari, ma si colloca agli ultimi posti nell’utilizzo delle risorse assegnate dei fondi della coesione.

Solo 36 miliardi sui 116 dei fondi di coesione 2014-2020 sono stati spesi. Ci sono aziende che aspettano ancora il saldo di progetti avviati con i fondi europei 2007-2013. In Sardegna, nella sola provincia del Sulcis, la più povera d’Italia, sono fermi 500 milioni per il risanamento economico, sociale, ambientale. Oltre 500 milioni per ogni singolo residente, compresi i neonati. Eppure niente. Con il numero incredibile di cose urgenti da fare in questo paese, l’ultimo dei problemi dovrebbero essere i denari per finanziarle. E invece il problema è spendere i fondi. Tanto più con un-inflazione che galoppa oltre il 10%, e che fa perdere valore al denaro ogni giorno che passa. 

Il “conformismo bellicista”

Né Governo e né opposizione sembrano avere strategie molto chiare. Basta accendere TV, sentire i media dominanti, per ora conta solo la Guerra, l’export si sostiene solo in Ucraina, si deve investire in ucraina e mandare armi.

Domina il “conformismo bellicista”, parolaccia inventata da Massimo Giannini per indicare il fenomeno che condanna o silenzia tutti coloro che osano  parlare di pace o di non mandare armi. Come se la nostra costituzione non ripudiasse la guerra. Intanto, e anche qui il conformismo dei media non ne parla, si accresce la divaricazione fra ricchi e poveri, nord e sud, occupati e disoccupati, grandi aziende sempre più grandi e con meno dipendenti, e piccole aziende sempre più piccole, meno esportatrici, e sempre meno. Parleremo più avanti del conformismo per l’export del Made in Italy. Ultimamente si è parlato di lavoro ma solo per fare polemica su se 4 punti di riduzione del cuneo siano pochi o molti. Intanto ben vengano!

Riorganizzare lo stato

Lungi da me dare consigli ai governanti. Ma qualche rammentazione, ogni tanto,  si. Questi consigli non li do io, li da  McKinsey in un recente e interessantissimo report. Direi che qualcuno dei 3milioni 250mila impiegati pubblici, parlamentari, governanti, farebbe bene a darci uno sguardo. Soprattutto alla parte efficienza. Che da noi vede tutti gli apparati girare in tondo impazziti, come criceti sulla ruota.

Bisogna intervenire sull’efficienza degli apparati invece che ridurre le spese o investire sulla propaganda. Va detto che la grande multinazionale della  consulenza, insieme alle società consorelle, è stata l’artefice  di gran parte dei progetti dell’impianto del PNRR in Italia. Insomma per riorganizzare lo stato  ci troviamo in mezzo, tra i buoni consigli e il cattivo esempio.

Perché sostenere l’export l’internazionalizzazione e la crescita delle PMI

Sempre in tema di rammentazione ai governanti: oggi l’export del Made in Italy vale il 30% del PIL. Siamo dietro al Tagikistan e all’Ungheria, quando invece valorizzando come si deve un patrimonio unico di cultura, ambiente, creatività, potremmo arrivare al 50% in pochi anni, ed esportare  all’estero la metà del prodotto italiano per il quale la domanda globale supera l’offerta. Raddoppiare così le aziende esportatrici, creare competenza, ridurre la disoccupazione dilagante.

La ricetta ExportItalia 2030 è semplice, anche se le potenti lobby che lavorano per l’estinzione progressiva della piccola impresa italiana non la condividono. Anche se il sistema dei media dominanti prosegue la narrazione di un sistema export italiano che cresce e prospera, mentre la verità è che le piccole aziende esportatrici, le vere eccellenze del prodotto italiano più autentico, diminuiscono di numero ed esportano sempre meno. Non serve McKinsey, solo buon senso: è fondamentale e sempre più urgente portare competenze e sostenere la crescita delle PMI in Italia per potenziare il Made in Italy autentico sui mercati globali.

Ma voi cosa fareste con un milionesimo del PNRR ?  

potete anche fare qui un commento al riguardo. Ne parleremo al prossimo Digital Talk Uniexportmanager, incentrato anche sull’impasse che di fatto blocca gran parte fondi stanziati per sostenere l’export. Grazie per seguire e condividere questa newsletter: lavoriamo insieme per migliorare l’export e il paese.

Giuseppe Vargiu,
Presidente Uniexportmanager