Il 13 aprile a Modena si incontrano i protagonisti veri del rinnovamento dell’export italiano che raccontano come hanno saputo resistere e vincere negli ultimi difficili anni sui mercati internazionali. L’export si fa con aziende e professionisti tenaci che nello sviluppo internazionale del business ci credono veramente e si muovono con intelligenza imprenditoriale.
Qui di seguito alcune caratteristiche distintive che troviamo praticamente in tutte le storie (stra)ordinarie di successo che saranno premiate sul palco e raccontate nel Libro d’Oro del Premio:
- Governare con determinazione il cambiamento vs/ fare come si è sempre fatto;
- Capacità di collaborare con exportmanager reti e partner esteri vs/ fare da soli;
- Propensione a investire vs/ propensione a risparmiare;
- Proporre e acquisire ciò che vale di più vs/ offrire e cercare quello che costa meno;
- Acquisire risorse e competenze che si ripagano vs/ fare debiti per coprire i costi;
- Pensare COME posso permettermi l’export vs/ pensare NON posso permettermi l’export;
- Muoversi rapidi per sfruttare opportunità sui mercati vs Attendere che passino i periodi di crisi.
L’insegnamento è che bisogna cambiare
Difficilmente troverete questi concetti nei manuali di export e nei corsi delle svariate business school, università e academy che si cimentano sull’export. Vedo continui tentativi di industrializzare l’export management e la creazione delle relative competenze, “standardizzarlo” in modo da renderlo prevedibile attraverso regole, processi, ricette, strumenti o piattaforme più o meno digitali. Non funziona così: l’export parte dall’esperienza di chi ci lavora e dall’impegno e competenze che sa schierare l’imprenditore. Non esiste il metodo di fare export valido per tutti, unico, replicabile, che genera fatturato certo. Non esiste intelligenza artificiale per il vostro export se alla base non ci sono competenze adeguate e determinazione imprenditoriale.
Nella norma UNI 11823, che pone il nuovo standard di manager esperto dei processi export import e internazionalizzazione esistono decine di compiti conoscenze e abilità che devono contraddistinguere gli exim manager, ma neanche il miglior export manager può possederle in modo approfondito tutte quante, e il punto di partenza resta comunque una cultura e determinazione imprenditoriale che manca ancora non solo a livello di imprese ma anche, molto spesso, nelle istituzioni ciamate a governare il sistema del Made in Italy.
Non troverete questi concetti nei resoconti entusiastici delle Cabine di Regia e tanto meno nei discorsi dei politici che tagliano i nastri nelle fiere. E’ dalle PMI esportatrici che deve partire una nuova visione dell’ecosistema dell’internazionalizzazione del Made in Italy, fondata su intelligenza e cultura imprenditoriale delle PMI invece che su un modello di propaganda effimera avvitata su stereotipi di eccellenza irrimediabilmente decaduti. Fra le storie del Premio Export Italia troverete una nuova narrazione. Sicuramente imprenditori e storie eccellenti, ma il modo con cui si vince sui mercati vi sorprenderà. E’ un insegnamento destinato prima di tutto agli imprenditori. Ma anche al sistema istituzionale che oggi appare ancora incapace di rendersi conto della incredibile potenzialità inespressa dal sistema del Made in Italy.
Diciamo la verità sull’export
Se vogliamo migliorare in questo paese dobbiamo cominciare a dire la verità. La narrazione ufficiale e quella diffusa sui media è euforica e univoca: il Made in Italy nel mondo non è mai andato così bene. Per cui dal momento che il nostro Export vale un terzo del PIL non si deve cambiare lo status quo né disturbare il manovratore. La narrazione vera è che nell classifica del rapporto fra Export e PIl l’Italia con il suo 32% è all’83esimo posto… dietro Ciad, Kirgistan,Grecia, Ungheria…
Vedere per credere. Ce lo dicono qui i ricercatori di TheGlobalEconomy.com, l’autorevole società americana di ricerca che dal 1960 aggrega oltre 500 indicatori economici internazionali da 200 paesi. E’ evidente che il 32% di export sul PIL è una performance del tutto insoddisfacente e inadeguata rispetto al potenziale economico e produttivo del nostro paese. Il potenziale export del Made in Italy, un paese storicamente trasformatore ed esportatore, con un’offerta che tutto il mondo vuole, con un mercato di falso Made in Italy maggiore di quello autentico, può generare molto di più del 32% del PIL.
Lavorando tutti insieme (imprenditori, associazioni, istituzioni, politica) su export turismo e lavoro è possibile raddoppiare numero di imprese del esportatrici e portare l’export al 50% del PIL in pochi anni. E’ solo questione di avere una visione illuminata e condivisa dei risultati concreti che può portare un ecosistema del Made in Italy realmente orientato alla crescita dello sviluppo internazionale del paese.
Rimuovere i blocchi
Da troppo tempo l’export del Made in Italy è bloccato da interessi ostili al cambiamento, arroccati su uno status quo che ogni anno fa diminuire il numero delle aziende esportatrici. Ne abbiamo parlato ampiamente nell’ultima newsletter ExportItalia 2030:
Siamo un paese che potrebbe vivere solo di export, ma che si adagia su una propaganda che vive di vecchi schemi, governati da burocrazie e interessi che lavorano contro lo sviluppo del primo motore dell’export italiano, ossia le PMI e le MPMI, le stesse che creano il 78% dell’occupazione. Non a caso abbiamo invitato al convegno del Premio Export Italia il Ministero del Lavoro e l’Anpal, insieme a Sace, Simest, Osservatorio Export Digitale in in dibattito dal titolo Verso un ecosistema dell’export.
La vera internazionalizzazione parte dal potenziare l’export in casa nostra. Sostenendo le aziende nell’acquisire le indispensabili competenze. In questo modo l’export diventerebbe un driver dell’economia che restituisce tre volte ogni euro pubblico investito per sostenerlo, e diventa insieme strumento di sviluppo economico e politica attiva di job creation. Decine di migliaia di aziende e imprenditori del Made in Italy attendono solo di essere motivate e trasformate per diventare competitive per l’export. Altre si sono motivate da sole: siamo andati a cercarle una per una con un roadshow durato 12 mesi e siamo orgogliosi di presentare i loro risultati.
Un appuntamento per migliorare l’export
Esistono potenti gruppi di pressione che bloccano la crescita dell’export italiano, osteggiano il cambiamento, e reprimono ogni iniziativa che osi mettere in discussione la loro autorità.
Lavoriamo per un ecosistema migliorare l’export, e non abbiamo paura di porre obiettivi ambiziosi, ragionevoli, misurabili, raggiungibili nel medio periodo: raddoppiare il numero di aziende esportatrici, portare l’export italiano al 50% del PIL. Contribuiamo al loro raggiungimento anche condividendo e diffondendo questa newsletter.
Bisogna crederci
In Uniexportmanager ci crediamo. Ci credono le aziende che andiamo a premiare. Ci credono associazioni e istituzioni come FederItaly, AssoretiPMI, Fondazione Ampioraggio, Exportplanning, insieme alle persone illuminate nelle istituzioni, nelle Associazioni e nelle Banche che ci hanno supportato nel lungo roadshow del Premio, rendendo possibile questa evidenza di realtà straordinarie e sconosciute dei veri prodotti italiani. Ci troviamo di persona a Modena per un incontro, evento, momento di networking degli export people che apre una primavera dell’export lavorando per un nuovo ecosistema di internazionalizzazione del Made in Italy:
Grazie per leggere e condividere questa newsletter e diffondere le idee del pensiero #Exportitalia2030
Congratulazioni alle imprese finaliste, fra loro la votazione pubblica ha scelto il vincitore assoluto che sarà proclamato il 13 aprile a Modena. Seguirà la pubblicazione del Libro d’Oro, con tutte le 40 storie selezionate tra le oltre 200 candidature pervenute da imprese ed export manager che generosamente hanno condiviso e testimoniato la loro esperienza.
Giuseppe Vargiu,
Presidente Uniexportmanager
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