La parabola dei talenti
Dal momento che siamo in Quaresima lasciatemi per una volta fare l’evangelista dell’export del Made in Italy partendo dalla Parabola dei Talenti:
Questa parabola non è un invito a dare i vostri soldi alle banche. Tanto più con l’aria che tira ultimamente. Coloro che hanno investito nella banca delle startup, quella che sostiene iniziative imprenditoriali ad alto rischio, spesso finanziate da operatori finanziari spericolati hanno fatto bene o male? Non saprei. In Italia non succederebbe dicono all’ABI, dimenticando che il sistema bancario italiano ha non pochi peccati ancora da farsi perdonare. Nessuno ha dimenticato la crisi bancaria devastante indotta fra gli imprenditori del Veneto, e non solo, mai risarciti.
Non vorrei neanche richiamare la parabola come esaltazione o applauso all’efficienza, e nemmeno fare l’apologia di chi sa guadagnare profitti, nè, tampoco, fare un inno alla meritocrazia. Utilizzo la storia dei 5 talenti solo come espressione di una forte condanna per tutti coloro che, come in Italia è accaduto sovente e continua ad accadere, sono colpevolmente tiepidi, privi di iniziativa, contenti di uno status quo che comunque non li soddisfa, paurosi di fronte al cambiamento richiesto da nuove sfide o dalle mutate condizioni della società. Tenere i soldi sotto il mattone o farli fruttare è una opzione libera per un privato che dei suoi soldi fa giustamente quello gli pare.
Perché è da condannare chi sta inattivo
Per chi governa un azienda, e per gli apparati pubblici che tengono ferme risorse da distribuire per lo sviluppo delle imprese, dell’export, e del lavoro è un dovere agire subito. Viviamo una congiuntura dove un’inflazione che arriva al 12% si cumula al pericolo di recessione… per non parlare di energia, pandemia, guerra, adesso arriva la paura di una crisi bancaria. Sarebbero necessarie idee chiare e azioni immediate da parte delle istituzioni.
Invece una BCE isterica porta a 3,5% il tasso di sconto per bloccare l’inflazione, e contribuisce di fatto a bloccare l’espansione di una economia ancora in piena crisi. Da un lato l’Europa blocca la liquidità e dall’altro spinge l’economia con i denari del PNRR, che già arrivano in ritardo per la tipica incapacità delle burocrazie abituate a prendere tempo, rinviare le decisioni, ritardare sine die i tempi dei bandi, e le erogazioni dovute.
“Pensiamo ai fondi Pnrr, che hanno accelerato l’economia italiana alimentando al contempo l’aumento dei prezzi di materie prime e mano d’opera, quindi dell’inflazione. L’assurdo è che i fondi PNRR sono a prestito, alimentano il debito pubblico, nel mentre la frenata della Bce produrrà una contrazione, quantomeno della crescita del PIL” (Riassumo una acuta analisi di Riccardo Illy).
Certo non è con la coerenza che le nostre economie si salvano dal restare stritolate dalla preponderanza di America e Cina. Passiamo agli imprenditori, specie quelli impegnati sullo sviluppo internazionale, e vediamo come utilizzano le loro risorse, ossia i talenti, pochi o molti che siano. Per il momento hanno la fortuna di gestirle, e prima o poi dovranno rendere conto. Gli imprenditori veri di questo si rendono conto, e si danno da fare per conto loro con azioni e decisioni positive, consapevoli che la migliore strategia è quella di fare.
Meno male che il Made in Italy c’è
In Italia tutti, ma in special modo gli imprenditori, siamo gratificati da un beneficio incredibile e che spesso dimentichiamo. Essere italiani.
Gli imprenditori veri lo sanno bene. Ci sembra una primavera di rifioritura del Made in Italy. Vediamo una forte presenza di espositori e visitatori italiani nelle fiere e manifestazioni internazionali che riguardano il paese: in italia sono in corso o imminenti Cosmoprof, Salone del Mobile, Cibus Connect, Tuttofood, VinItaly. Ci viene riportata anche una discreta presenza italiana agli eventi all’estero.
Storia, tradizione e cultura si sposano con la qualità dei prodotti, lo stile di vita, l’innovazione e la creatività riverberano il valore e il fascino del Made in Italy ovunque nel mondo. Lo conferma la vicepresidente per l’internazionalizzazione di Confindustria, Barbara Beltrame Giacomello, all’evento “Il Soft Power dell’Italia”: “Uno dei punti di forza del Soft Power italiano è l’unione tra la cultura e il fare impresa …In uno scenario mondiale dominato da tensioni e incertezze, è quanto mai necessario aumentare la proiezione internazionale del nostro sistema economico, industriale e culturale“.
Fa piacere vedere le tante aziende attive che si muovono, così come quelle che hanno fatto fruttare i 5 talenti.
Chi conserva sotterrati i talenti del Made in Italy
Fare le fiere è certamente una leva importante, ma troppe aziende, e troppe persone nelle istituzioni, hanno idee superficiali e confuse sull’export. Sono ancora convinte che per crescere e fare sviluppo internazionale basti avere un sito web, fare qualche fiera, attestarsi su qualche piattaforma marketplace, aspettare che vengano i clienti a comprare i propri prodotti senza fare quello che serve per attrarli. Ossia, in troppi utilizzano i talenti del loro madeinitaly nel modo più prudente e meno produttivo, magari aspettando la grazia degli incentivi, e fra questi:
– Le burocrazie e gli apparati nazionali e regionali che promettono agevolazioni e misure straordinarie per l’export e poi ne ritardano colpevolmente l’attuazione;
– Banche e finanziarie che tagliano i crediti o speculano sull’inflazione;
– Gli imprenditori passivi che aspettano. Mentre il loro patrimonio di risorse e persone si svaluta o si disperde, tutto il mondo vorrebbe il loro Made in Italy, ma loro lo tengono sotterrato perché aspettano gli incentivi per non rischiare.
Qualcuno deve spiegare loro che non è un rischio investire anche tanto su progetti dove ragionevolmente i ricavi sarebbero superiori ai costi. E’ necessario dare un forte messaggio di cambiamento, e lavorare per costruire un nuovo ecosistema per l’internazionalizzazione del Made in Italy fondato su una nuova cultura imprenditoriale che valorizza le competenze, crea, lavoro e porta i nostri prodotti e servizi in tutti gli angoli del mondo dove siano richiesti.
Le storie vincenti dell’export
Per sapere chi ha fatto fruttare il talento imprenditoriale e manageriale del Made in Italy siamo andati a cercarli in tutta Italia, con l’aiuto e il supporto di persone visionarie e illuminate che, per fortuna, esistono anche nelle Associazioni Imprenditoriali e Professionali, nelle Banche e nel Sistema Italia.
Fra le 250 nomination pervenute abbiamo scelto 40 storie vincenti, che possono essere esempio, testimonianza, best practice condivise da imitare, e che saranno divulgate nel Libro e nella Galleria d’Onore del Premio ExportItalia.
Non ve le raccontiamo adesso: vi invitiamo tutti a prender nota della data del 13 aprile, e se volete richiedere l’invito a quello che si preannuncia come il più significativo evento di questa primavera per il Sistema Italia. Lavoriamo insieme per migliorare l’export e l’internazionalizzazione. Grazie a chi si iscrive, legge, e condivide questa newsletter.
Giuseppe Vargiu,
Presidente Uniexportmanager
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