Digital Innovation: tra aspettative e paure

L’ha detto pure Mattarella: (in copertina rielaborato in versione AI):   

“La quantità e la qualità dei dati... possono essere elementi posti al servizio della crescita delle persone e delle comunità. Possono consentire di superare arretratezze e divari, semplificare la vita dei cittadini e modernizzare la nostra società. Occorre compiere scelte adeguate, promuovendo una cultura digitale che garantisca le libertà dei cittadini”.

I termini che sempre più spesso compaiono nella letteratura imprenditoriale e manageriale, e naturalmente nelle tematiche di export import e internazionalizzazione, sono Digital Innovation, Piattaforme e-business, e-marketplace, Intelligenza Artificiale, Big Data, ChatGPT, Blockchain. Taluni li vedono come strumenti portentosi e irrinunciabili per sostenere il business internazionale. Altri li temono per paura che gli algoritmi arrivino a stritolare e cancellare il lavoro, visti anche le decine di migliaia di licenziamenti in atto da parte delle grandi piattaforme.

Altri ancora, e sono forse la maggioranza fra le MPMI, semplicemente non li conoscono, non li capiscono, o li ignorano. Una cosa è certa, per chi vuole affrontare il nuovo ordine del commercio mondiale tenendo i piedi saldamente per terra: acquisire grandi quantità di dati, risorse, e tecnologie sofisticate non serve a nulla se non acquisisci la mentalità e le competenze adeguate per trasformarli in business. Il business internazionale è una guerra, dove le armi strategiche non ti serviranno se non  hai competenze, risorse e visione per vincerla.

Ma come rapportarsi all’evoluzione tecnologica e al nuovo ordine del business internazionale?

Le piattaforme online:

siete liberi di credere, come qualcuno vi spinge a fare,  che i grandi e-marketplace lavorino per voi: ma se non sapete governarli siete voi a lavorare per loro. L’export digitale è anche usare le piattaforme per il proprio business.

I social e gli influencer:

sono i protagonisti del nuovo marketing, con nuovi linguaggi e nuove interazioni che si sovrappongono ai codici tradizionali della comunicazione: sapete come gestirli?

L’intelligenza artificiale:

E’ diventato di moda il ChatGPT, e passa l’idea che gli dai due parole e provvederà a far tutto e ti sfornerà soluzioni, grafiche,  contenuti, strategie. A parte che dovrà passare ancora molto tempo per un test adeguato, le cose non stanno proprio così: devi prima comprendere cosa puoi fare e avere tantissimi dati a disposizione. Questo significa che è un business dove saranno padroni  banche, TV, compagnie di luce, acqua, telefoni, autostrade, grandi catene. E quanto ad affidabilità dei risultati non è certo da metterci la mano sul fuoco.

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E intanto, ocio ai vostri dati personali e aziendali, vi mette in guardia il Garante della Privacy, gli americani ci dicono di non fidarci di TikTok, magari meglio stare in guardia anche dalle corporate americane… attenti: il nemico vi ascolta!

Le piattaforme miracolose

Esistono certamente fonti preziosissime di business intelligence e ricerche di mercato. L’analisi strategica è comunque alla base di qualunque serio progetto di export e internazionalizzazione. Ma qui scatta un altro alert per chi pensa che esistano piattaforme miracolose che trovano automaticamente i compratori dei vostri prodotti all’estero. L’ultima che abbiamo testato, che si propone come avanguardia innovativa, multichannel, multitutto, dopo due ore di estenuante gestione di filtri e codici spacciati come filtri per migliorare la ricerca ci ha restituito la brutta copia delle vecchie pagine gialle che un tempo si trovavano sul mitico videotel.

La blockchain

Anche qui sgombriamo il campo da aspettative e inganni nascosti dietro tecnologie avanzate che sono completamente inutili per chi non le sa usare o non investe adeguate risorse per governarle. La Blockchain usata come strumento di promozione è poco più che uno strumento di marketing, come ad esempio mettere un QR code sull’etichetta che rinvia al sito web dell’azienda. Dal punto di vista di tracciare e sostenere l’autenticità del Made in Italy, fin quando i dati sono conferiti in modo autoreferenziale dall’azienda è evidente che non si certifica niente. La buona notizia è che stanno emergendo progetti innovativi internazionali, come ad esempio il Marchio Collettivo FederItaly, che sarà presentato il 21 marzo in Senato, con meccanismi di vera  certificazione internazionale indipendente dell’autenticità dei prodotti, il che significa trasformare  l’innovazione in un vero strumento di lotta all’italian sounding che sostiene il nostro export.

Tutto questo per dire cosa

Che non esiste nessuna metodologia artificiale in grado di sostituire il buon senso e la intelligenza naturale dell’imprenditore. Non ci sono scorciatoie: l’intelligenza deve preesistere in azienda, ed è l’imprenditore che deve avere la visione chiara dei suoi obiettivi, delle sue risorse, dei suoi limiti, e di quali competenze servono per raggiungerli. Troppe aziende approcciano l’export con la stessa speranza: la speranza che i vecchi clienti fedeli che avevamo in passato non ci abbandonino, che basti fare una fiera, o attestarsi su un marketplace, o vendere un paio di cartoni all’estero, o soltanto trovare l’accordo con un distributore per diventare esportatori. La speranza è l’ultima a morire, è vero, ma si adatta più ai sognatori che agli imprenditori.

L’innovazione deve partire dalla mentalità dell’imprenditore che deve portare grande attenzione al perché vuole andare sui mercati esteri, e subito dopo alle competenze e risorse e metodologie che servono per farlo con successo. Nessuno può calare dall’alto metodologie export predefinite o guidate da algoritmi: la prima strategia è fare le cose, partendo dagli esempi di chi l’export e l’internazionalizzazione ha saputo farlo bene. Sta qui la vera innovazione dell’export che emerge dalle storie vincenti che con i colleghi dell’associazione e community #Uniexportmanager andiamo a  raccontare  nelle prossime settimane fino al grand event finale del Premio Export Italia a Modena il 13 aprile.

Come export e innovazione danno vita a valore e lavoro

Nelle prossime settimane racconteremo, grazie al contributo diretto dei protagonisti, i fattori critici più significativi che contraddistinguono l’export vincente del Made in Italy. Per un anno siamo andati in giro per tutte le regioni a cercare le storie delle piccole aziende che hanno fatto grande l’Italia, e che hanno deciso di condividere la loro testimonianza. Abbiamo cercato di diffondere cultura imprenditoriale per l’export e l’innovazione, e i valori del pensiero ExportItalia 2030 (qui il link al manifesto) – che pone l’export al centro del sistema paese, le PMI e le MPMI al centro dell’export, le competenze di export management e innovazione digitale al centro dell’ impresa e della creazione di valore e lavoro.

Buona settimana. Grazie per leggere e condividere questa newsletter.


Giuseppe Vargiu
Presidente Uniexportmanager