Il mondo vuole Made in Italy

Il mondo vuole il Made in Italy. Siamo il terzo marchio globale più conosciuto dopo CocaCola e Visa. il Made in Italy è molto di più di una  carta di credito che si può materialmente toccare, o di una bevanda gassata che si beve. Il Madeinitaly è la somma di molteplici sensazioni, emozioni, esperienze uniche, che si sprigionano da quello che sanno fare gli italiani, e tutto questo si traduce in una incredibile percezione di valore. Dall’Italia tante volte non ci rendiamo della straordinaria fortuna che ci ritroviamo. Non a caso questo trailer da non perdere mi perviene dall’estero:

Abbiamo in casa l’oro, o, se volete, il petrolio italiano, ma il rischio che corriamo sempre più  anno dopo anno è che la gran parte di questo immenso valore vada disperso.

Il valore

Dicesi valore la “capacità di creare ricchezza e utilità” . Il valore è diverso dal fatturato. La crescita delle esportazioni in se non significa crescita del valore. Vale più una bottiglia di Amarone venduta a 200 euro o  200 bric di Tavernello venduti a 1 euro? Pensate al valore del Rolex, pensate al valore dell’iPhone che ogni nuova release costa di più e la gente fa la fila per comprarlo, pensate ad quanto si spende per acquistare la borsa di Hermes o il vestito di Valentino: qui parliamo di oggetti e di imprenditori che hanno avuto la capacità di diventare un simbolo unico che va molto oltre la funzionalità, la qualità, la bellezza del prodotto.

Ora pensate al valore di tutto ciò che è italiano. L’emozione evocata dal Colosseo. L’incanto del David di Donatello e della Venere di Botticelli. Le sensazioni  che vengono dalle visioni di Capri, di Venezia, dei paesaggi alpini, delle incredibili risorse storiche, archeologiche, ambientali, culturali e artistiche che fanno parte del nostro paese, che insieme a ciò che vi si produce e vi si crea, diventano un insieme unico. Tutti i prodotti italiani autentici, e soprattutto i prodotti della miriade di aziende micro medio e piccole incorporano queste valenze in partenza, solo per essere italiane.

Eppure, nonostante questo incomparabile vantaggio competitivo, gran parte del valore dei prodotti Made in Italy resta circoscritto e compresso all’interno del nostro mercato domestico, e meno del 2% delle aziende italiane può definirsi esportatrice.

L’Italia nel nuovo ordine del commercio mondiale

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Negli ultimi anni ci siamo trovati di fronte a disagi e crisi come pandemia, confinamenti forzati, e quando credevamo di uscirne sono arrivati conflitti globali, crisi energetica, scarsità di cibo, inflazione in accelerazione e gravi eventi climatici. Per non parlare dei fenomeni di delocalizzazione, deglobalizzazione, rilocalizzazione, crisi di approggionamenti, altalena dei noli… Sta di fatto fatto che le interruzioni naturali e quelle  causate dall’uomo persisteranno in futuro e avranno un impatto catastrofico se non saremo preparati a gestirle.

C’è un rimescolamento continuo nel business internazionale, e tutti coloro che occupano una posizione di leader o di influenzatore, sia in azienda sia in politica, oggi devono rafforzarsi per governare i cambiamenti epocali in corso su clima, alimentazione, catene di approvvigionamento, tecnologia, organizzazione, formazione, salute. Tutto è e sarà  soggetto a continui cambiamenti, anche improvvisi, e dobbiamo rafforzarci per andare oltre la capacità di sopravvivenza e gestire il nuovo ordine del business internazionale come mai abbiamo fatto prima.  

Nessuno può fare da solo. Bisogna raggiungere  una visione comune, e uno sforzo coordinato, sia pubblico che privato, sia attraverso grandi organizzazioni che con l’aiuto della miriade di  piccole aziende, una visione che vada oltre le emergenze, gli interessi particolari, che contrasta i poteri forti emergenti nella finanza e nelle piattaforme digitali. E’ assolutamente non procrastinabile una strategia di medio periodo con misure immediate per di fare emergere  appieno  il valore giacente del nostro Made in Italy. Ossia, con una visione di medio termine: come vogliamo posizionare il Made in Italy (o nello specifico la nostra azienda) di qui al 2030, quando i volumi del commercio globale saranno raddoppiati?

Export del Made in Italy : quelli che ‘abbiamo sempre fatto cosi’

Cambiano governi e ministri, ma l’unica cosa che non cambia ogni anno è che si riunisce in Italia una pletorica cabina di regia per l’internazionalizzazione che, alla fine, rilascia un documento definito strategico che si guarda bene da individuare strategie e porre obiettivi misurabili, e tanto meno dal monitorarne il raggiungimento. Negli anni 2021 e 2022 si parlava di un Patto per l’Export. Che sarebbe stato cosa ottima e giusta per le PMI, se fosse stato mantenuto. Ma così non è stato, e abbiamo perso 20mila aziende esportatrici, che spesso hanno chiuso del tutto sostituendo la creazione di valore con la creazione di disoccupazione. Fra l’euforia generale di quelli che esultano perché secondo i grandi  numeri del fatturato all’esportazione siamo stati bravi a crescere. Purtroppo crescita di fatturato non equivale crescita di valore quando cresce la disoccupazione e diminuiscono le aziende. Nel 2023, tra vedere e non vedere, il patto per l’export è scomparso dai radar, e quello che resta lo potete trovare qui… non molto più di una serie di indirizzi generici:

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Dobbiamo solo sperare che l’incredibile molteplicità di enti e apparati nazionali e locali che si vocano all’internazionalizzazione, all’innovazione e a all’insegnare alle aziende come si fa l’export, lavorino in modo diverso da come hanno sempre fatto.

Ci dice Gian Marco Centinaio, vicepresidente del Senato con una precedente lunga esperienza prima di Ministro e poi Sottosegretario alle Politiche Agricole: "…Quando mi occupavo di export gli interlocutori esteri erano sconcertati all’impossibilità di trovare un referente in Italia che ogni settimana manda di volta in volta un Ministro, un’Agenzia, una Regione, un’Associazione, una missione speciale di Università o Camere di commercio... è auspicabile ridurre la burocrazia italiana al fine d’efficientare realmente la competitività del Sistema Italia in termini di Made in Italy ad ogni livello d’interscambio, dal transfrontaliero fra privati al rapporto tra Paesi…".

Risultato del ‘si è sempre fatto cosi’ con polverizzazione di iniziative scoordinate? Il valore del Made in Italy viene dissolto. Nel frattempo si è fatto luogo a costose campagne di promozione. Qual’è il valore apportato da spendere 50 milioni per affermare nel mondo un marchio chiamato BeIT? quando quello che dobbiamo fare è solo mettere a valore il riverbero del Made in Italy autentico che ammanta i nostri prodotti in tutto il mondo?Chi si occupa di impresa e marketing ha ben chiaro questo concetto: una campagna di successo accresce la domanda sui canali commerciali. Ma se sui canali commerciali non ci sei? Non solo hai sprecato i fondi della promozione, ma hai favorito i tuoi concorrenti. Infatti l’Italian Sounding non ha mai prosperato cosi tanto. Non è cosi’ che può funzionare.

La buona notizia è che qualcuno evolve dal ‘si è sempre fatto cosi’. Parliamo di Simest, che si è mossa subito, posizionandosi con decisione, con visione strategica di medio termine, e con un ruolo di guida dell’internazionalizzazione. Importanti risorse, un nuovo management visionario e determinato, e rinnovata attenzione – mancata a dire il vero in passato anche verso la piccola impresa – possono fare la differenza se non nei numeri, sicuramente nel valore.

Qui o si fa il Made in Italy o si muore

Parafrasando la frase attribuita a Garibaldi a Calatafimi, vogliamo lanciare un appello alle aziende e alla governance del sistema Italia per l’internazionalizzazione.

Non mi piace il termine resilienza, troppo abusato, dà l’idea di presa per i fondelli a persone e imprese che negli anni scorsi hanno subito di tutto, per incoraggiarle a subire ancora senza reagire. Qui bisogna andare oltre la resilienza e la sopravvivenza, dobbiamo rafforzare il Sistema Paese in nome di obiettivi chiari, misurabili, e sostenibili a lungo termine. In particolare bisogna porre fine alla guerra che alcuni ambienti portano alle MPMI, accusandole di essere un ostacolo per l’export, quando invece sono solo un disturbo agli interessi, spesso sovranazionali, del manovratore di turno interessato al capitale molto più che al lavoro, e alla finanza internazionale molto più che al valore della produzione nazionale.

Le aziende devono essere facilitate nell’acquisire le competenze sempre più complesse che confluiscono nella creazione di valore per i mercati internazionali. Alcuni skill devono  essere interni, altri necessariamente acquisiti al di fuori, e queste competenze devono essere disponibili strutturalmente, non devono essere circoscritte all’offerta degli apparati burocratici, non devono obbligare le aziende ad aspettare le  decine di bandi che non arrivano, o a click day che esauriscono le risorse in 10 secondi.

Esiste una convergenza straordinaria tra la sostenibilità delle PMI sui mercati internazionali e il valore giacente del Made in Italy. Ogni euro allocato nello sviluppo della loro presenza sui mercati internazionali non è speso, genera lavoro e prosperità, è investimento con sicuro ritorno. E’ qui il valore. Senza generazione di valore non si esporta, e se le MPMI non esportano muoiono, e con loro il Sistema Paese. E quando diciamo il valore dell’export questo andiamo a dimostrarlo con le storie vincenti dell’export raccontate dal Premio Export Italia.

La primavera dell’export: un nuovo ecosistema per il Made in Italy

“Un uomo può uccidere un fiore, due fiori, tre… Ma non può contenere la primavera”. Citiamo Gandhi per trasmettere positività e presentare una primavera nella quale lavoriamo insieme per animare il rinascimento di un nuovo ecosistema del Sistema Italia nel quale il valore dell’export sostenibile apportato dalle PMI e MPMI ci consente serenità nell’affrontare le incerte sfide del futuro.

Le inedite Storie Vincenti del Made in Italy che per un anno intero siamo andati a cercare in tutta Italia, con il prezioso supporto dei colleghi associati Uniexportmanager, e dei manager ed esponenti illuminati di istituzioni e associazioni imprenditoriali che hanno a cuore il futuro dell’export italiano, saranno raccontate a breve su www.premioexportitalia.it.

Tra le storie vincenti saranno selezionati e messi in votazione pubblica le aziende e gli export manager testimonial che concorreranno al premio finale. L’obiettivo è condividere e far emergere i testimonial, gli esempi, le best practice di chi, anche fra le MPMI, le sfide dell’export ha saputo affrontarle e vincerle.

Vi aspettiamo a Modena il 13 Aprile, per il convegno sul nuovo ecosistema dell’export del Made in Italy, ospiti di Bper Banca a Modena, nel prestigioso Forum Monzani, al termine del quale avrà luogo la premiazione delle storie vincenti e dei finalisti del Premio ExportItalia.

Giuseppe Vargiu,
Presidente Uniexportmanager