La Norma UNI 11823

Nel processo di export e import, negli affari internazionali, è ormai certo che il know-how significa la sopravvivenza dell’azienda e delle relative strategie di internazionalizzazione. Infatti, da diverso tempo sono attivi percorsi di formazione che creano e riconoscono gli high performer per supportare la crescita aziendale nei mercati globali. Diverse aziende sono molto attente e riflettono sull’urgenza di creare nuovi ed aggiornati processi di export e strategie di internazionalizzazione.

Inutile aggiungere che l’esigenza nasce per ogni azienda che esporta o che vuole iniziare ad esportare.Cosa succede in pratica? C’è l’obbligatorietà di creare un immediato e solido vantaggio competitivo, nei processi d’internazionalizzazione delle imprese e, finalmente, si sta comprendendo che questo miglioramento lo si crea solo se si possiedono competenze specifiche e distintive. In altre parole, stiamo riconoscendo alle “hard skill” la giusta ricompensa e valore.

Questa necessità di valorizzare le hard skill nasce anche dal fatto che da poco più di un anno sono state introdotte due importanti novità nell’ambito delle strategie di export – import:

  1. Il varo della norma UNI 11823 che prevede testualmente: “Attività professionali non regolamentate – Manager. Esperto di Processi di Import/Export ed Internazionalizzazione (EXIM Manager) – Requisiti di conoscenza, abilità, autonomia e responsabilità”;
  2. La possibilità di conseguire la Certificazione di EXIM Manager ovverosia di Esperto di Processi di Import/Export ed Internazionalizzazione.

Analizziamo in breve l’importanza delle competenze nei processi d’internazionalizzazione e, successivamente, il valore della norma e della relativa certificazione. Per vendere nei mercati esteri servono grinta, determinazione, professionalità, ma occorrono anche competenze, conoscenze, organizzazione della struttura e capacità di operare. Sviluppare un processo di export non è più cosa facile, sono finiti i tempi durante i quali bastava prendere un aereo, mostrare un catalogo a qualche potenziale cliente e la vendita era conclusa e si credeva d’aver conquistato il mercato. Oggi non è possibile muoversi con le stesse modalità che andavano bene una ventina o una decina di anni fa, o forse cinque anni fa, le situazioni geopolitiche, economiche e di sistema competitivo sono cambiate moltissimo.

Se si ripetessero queste modalità, oltre a non concludere la vendita, si produrrebbero semplicemente dei danni anche seri sia alla reputazione dell’azienda sia al morale degli area manager e forze vendite residenti nei mercati target. In aggiunta, si spenderebbero soldi il più delle volte investiti in azioni poco o per niente redditizie. È fondamentale riflettere su come vendere all’estero, comprendere che spedire una e-mail in lingua nella quale si fa riferimento all’attesa di “ambiti ordini” non è la strada giusta: oggi la globalizzazione è diventata più agguerrita, e in certi momenti pare anche senza regole, e la semplice conoscenza di una lingua non è sufficiente.

Moltissime aziende selezionano risorse umane destinate alle strutture di commercio estero solo se conoscono una lingua straniera, ma magari sono persone specializzate in letteratura e quindi senza una specifica conoscenza delle tecniche che caratterizzano il processo del commercio con l’estero. Per vendere o comprare all’estero servono azioni nuove, strategie diverse, in altri termini bisogna ragionare con una visione nuova che si ottiene mettendo in pratica competenze e conoscenze specifiche per il commercio estero e l’internazionalizzazione delle imprese. Ma cosa sono le competenze indispensabili, cioè le “hard skill” necessarie per vendere o comprare all’estero? Quali sono e a cosa servono?

Competenze

Si è già scritto molto sulle strategie d’internazionalizzazione, globalizzazione, penetrazione nei vari mercati esteri, e in molta letteratura si è parlato e discusso ampiamente su come attaccare o difendersi dai mercati emergenti o in quei mercati che rappresentano la nuova economia-mondo del XXI secolo. “La Cina è protagonista perché è la fabbrica del mondo, l’India il suo ufficio, la Russia la stazione di rifornimento, il Brasile la fattoria e il Sud Africa la nuova porta d’ingresso a questo arcipelago di paesi di nuova industrializzazione”.

La domanda, anche un po’ retorica, è sempre la stessa: come fare per difendersi o cosa fare per essere vincenti su tutti i mercati? Per affrontare i mercati internazionali servono tante cose: la padronanza di almeno una lingua straniera – meglio la lingua ufficiale dei Paesi/mercati con i quali s’intende fare affari – una buona idea, meglio se geniale, e poi? Essendo italiani pensiamo: la nostra faccia tosta e il fatto che siamo ben voluti un po’ ovunque, come la pizza e il cappuccino. Ma tutto questo non è sufficiente: oggi sono indispensabili le competenze, ovverosia tutte le conoscenze sul commercio estero, competenze specifiche sul prodotto e l’esperienza che ci si forma sin dal primo passo nei mercati esteri.

Le competenze sono intese qui come le conoscenze delle dinamiche alla base dei processi d’internazionalizzazione delle imprese, che si devono tradurre in nuove norme e procedure utili non solo a penetrare nei vari mercati, ma anche a difendere le posizioni conquistate. Ma perché servono le competenze nelle norme e nelle procedure aziendali? Cercare i clienti, ad esempio, trattenerli e fidelizzarli sono obiettivi importanti che si raggiungono grazie all’utilizzo delle competenze che possono essere, sempre a titolo esemplificativo, marketing, relazioni internazionali, migliori condizioni sui pagamenti internazionali, garantire un servizio di trasporto sino al domicilio del cliente per togliere un’incombenza a quest’ultimo.

Tuttavia ancora oggi si crede che occuparsi di trasporto o di dogana rappresenti un aspetto “minore” in confronto, ad esempio, alla sola azione di proposta del prodotto. E quindi si demanda al cliente l’organizzazione di alcuni aspetti logistici-operativi che possono avere un’influenza negativa sul prezzo finale del prodotto. Di contro, chi si occupa delle vendite o del marketing, più per ragioni snobismo, tende a non voler conoscere e a sottovalutare tutte le altre “competenze”, evidenziando semplicemente di non conoscere bene il proprio lavoro. Un paragone per comprendere meglio la situazione: è come se a un corso di medicina si studiasse anatomia, ma poi si snobbassero le indagini diagnostiche fatte attraverso un semplice esame del sangue, perché ritenute di poco conto al confronto di un’operazione di neurochirurgia.

Tutto il sapere del commercio estero dev’essere sempre utilizzato, dev’essere tenuto in mente, perché tutte le conoscenze si legano tra loro in modo imprescindibile nelle strategie specifiche dell’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese. Chi va a vendere in giro per il mondo, e ha in mente solo il suo prezzo e il suo prodotto senza possedere nessuna competenza, se è un manager attento, di fronte a un successo o insuccesso dovrà chiedersi perché la vendita ha avuto buon esito o non è andata a buon fine o la relazione con il cliente si è “raffreddata”; nel commercio estero c’è sempre una spiegazione del perché le cose vanno in un certo modo.

Per esempio: un’azienda vende i suoi prodotti ex works (cioè a prezzo alla fabbrica del venditore), perché è comodo, è facile, e per tanti altri motivi; ma quando non conclude un affare, perde un affare perché il concorrente italiano, o straniero, offre un prodotto con le stesse caratteristiche ma con un prezzo con resa DAP o DDP (Prezzi alla consegna secondo i criteri delle regole Incoterms® 2020). Un buon export manager dovrà saper fare un confronto nel suo sistema settoriale competitivo allargato e capire perché ha perso l’ordine o la relazione con cliente e quali vantaggi competitivi, quindi, non ha offerto.

Le competenze non devono essere differenti all’interno della struttura commerciale per l’estero, nel senso che non possono sussistere persone che sanno più degli altri e viceversa. Si dovrebbe creare una sorta di area professionale, nella quale un insieme di soggetti, che operano con diversi livelli di professionalità, responsabilità e specializzazione, possiedono le stesse competenze di base e competenze distintive, in modo da rendere omogenei i vari processi lavorativi di riferimento all’area internazionalizzazione. Come si potrà intuire, le figure professionali non sono riconducibili a una singola famiglia di competenze o singoli saperi, ma necessitano di più competenze, in proporzioni variabili.

È questo il motivo per cui la struttura commerciale dev’essere formata da diverse figure che non devono esercitare giornalmente e attivamente tutte le competenze, ma a tutte è richiesto un coinvolgimento, almeno indiretto, in gran parte di esse: ad esempio un addetto alla vendita non deve sempre sollecitare ordini, ma essere in grado di ideare nuove campagne promozionali in qualche mercato che dà risultati sotto le aspettative; non deve chiedere preventivi di trasporto, ma essere in grado di valutare se l’arrivo della merce presso il cliente è congruente al budget e al risultato di marketing voluto.

Inoltre, il confine tra le strategie di export – competenze distintive e manageriali – e quelle realizzative – competenze tecniche – è sempre più sfumato, allo stesso modo in cui non si chiede più a una singola risorsa di occuparsi solo della fase di ricerca clienti e vendita pura disinteressandosi delle altre fasi delle strategie vere e proprie. Le competenze tecniche sono apprezzate particolarmente nella famiglia di competenze connesse alla realizzazione operativa, che si esplica nell’attenzione all’organizzazione, nello spirito di iniziativa e nella gestione dei tempi dell’attuazione delle strategie d’internazionalizzazione.

Quando si vince in una strategia o si prende una commessa è importante ricordare o cercare di comprendere perché si vince; non sempre si è al primo posto solo perché si è “bravi e migliori”: quest’ultima riflessione è troppo generica, riduttiva, scontata e non porterà mai a una crescita; specularmente quando si verifica un errore si accusa un capro espiatorio qualunque o qualche individuo che magari non ha colpa e subisce in questo caso solo un durissimo colpo alla propria autostima. Non si può pretendere di essere vincenti e nel contempo, in un mercato grande o piccolo che sia, rimanere anonimi oppure affidare le sorti del proprio brand a terzi che tutto fanno fuorché promuovere marchi e prodotti dell’azienda italiana.

Per vincere e crescere servono sì le competenze e le conoscenze di commercio estero, che devono essere anche sempre nuove e aggiornate. Ma come fare per ottenere questo? Un primo passaggio è sicuramente quello della formazione, la sola esperienza professionale non è sufficiente, anche se si crede di sapere tantissimo. La seconda iniziata che aziende e export manager potrebbero e dovrebbero prendere in considerazione è la lettura della norma e l’avvicinamento verso la Certificazione EXIM.

L’Associazione


Scegliere di collaborare con un export manager proveniente dallo stesso settore merceologico, non è una scelta vincente perché si pone la fiducia al fatto che con il passaggio da un’azienda all’altra sia costituito sia dalla persona sia dalla lista dei clienti. Premesso che “portar via liste di clienti” non è deontologicamente corretto e rasente qualche denuncia, i clienti appartengono all’azienda e mai della singola persona/venditore, che rappresenta servizi e prodotti dell’azienda, Quindi come muoversi? Valutare le competenze dell’export manager o della risorsa da inserire nell’azienda, capire principalmente come creare valore per l’impresa, aumentare al meglio la customer experience dei clienti e creare un inossidabile vantaggio competitivo.

La Norma UNI 11823 è stare redatta dopo un attento e meticoloso lavoro di esperti e quindi al momento raccoglie tutta l’attenzione che le competenze, conoscenze e abilità del commercio estero devono ottenere. La norma non è quindi rivolta solo a professionisti, ma anche alle risorse che lavorano all’interno dell’azienda nel processo di import ed export. È una norma che non differenzia l’export manager aziendale dal libero professionista. Infatti, ha un unico obiettivo: per la prima volta in Italia, essere guida ed elemento super partes per la valorizzazione e al certificazione delle competenze utili al processo di import export.

Anche l’Associazione Uniexportmanager ha lanciato, qualche mese fa, la propria “Scuola Di Formazione Uniexportmanager”che con specifici percorsi formativi vuole raggiungere specifici obiettivi. Difatti, i propri programmi formativi e lo specifico know how sono perfetti per:

  1. Coloro la cui professione richiede loro di seguire corsi incentrati sulle operazioni di import/export;
  2. Export manager, con esperienza junior, advanced e senior che hanno la necessità di completare un percorso di aggiornamento secondo i dettami della norma per il conseguimento della Certificazione EXIM secondo la Norma Uni 11823;
  3. Risorse che, a qualsiasi titolo, sono in cerca di una transizione professionale verso un lavoro sempre in crescita e sempre stimolante;
  4. Soggetti che hanno un interesse personale verso le operazioni di import/export e internazionalizzazione delle imprese;
  5. Studenti di qualsiasi corso universitario che desiderano aggiungere specifiche competenze e conoscenze relative alle operazioni di import/export.

In breve, presso la “Scuola di Formazione Uniexportmanager” è possibile acquisire specifiche conosce e abilità per la gestione delle:

  1. Competenze di business globale, comprese strategie di pianificazione e negoziazione;
  2. Analisi della documentazione di importazione ed esportazione tra cui: documenti di trasporti e spedizioni, contratti di diritto commerciale internazionale, documentazione tipiche delle lettere di credito;
  3. Gestione operativa e tecniche delle operazioni di importazione;
  4. Gestione globale della catena di fornitura;
  5. comprendere le fonti di informazioni per il trading, il monitoraggio e la valutazione delle condizioni commerciali in tutto il mondo;
  6. Esplora le fonti di finanziamento per l’esportazione e l’importazione, i metodi di pagamento, le regole sulla valuta estera e i contratti esteri;
  7. Acquisire una conoscenza pratica delle modalità di trasporto e trasporto, imballaggio, assicurazione e altre informazioni logistiche;
  8. Esplorare l’approvvigionamento locale rispetto all’importazione di componenti, la concessione di licenze e joint venture internazionali e la progettazione di strutture organizzative che corrispondano alle mutevoli condizioni internazionali;
  9. Ottenere una comprensione di come gestire una struttura globale inclusi rischi politici, acquisizioni e considerazioni etiche internazionali.

Ovviamente la “Scuola Di Formazione Uniexportmanager” e la gestione delle competenze è molto altro ancora.

Saverio Aprile,
Docente Scuola di Formazione Uniexportmanager