Sistema Italia per il Made in Italy
Il Ministero dello Sviluppo economico (MISE) diventa Ministero delle imprese e del Made in Italy (MIMIT) con una nuova governance del commercio internazionale condivisa tra il nuovo MIMIT e il MAECI. Come preannunciato la settimana scorsa su ExportItalia2030, è stato rapidamente approvato dal Consiglio dei Ministri il decreto legge che attribuisce al Ministero delle Imprese e Made in Italy specifiche funzioni volte a rafforzare il ruolo del Dicastero a favore delle imprese e del Made in Italy.
“Con il decreto adottato oggi si realizza un Sistema Italia che aiuta in maniera organica e compiuta le imprese nella loro attività in Italia e nel mondo, concretizzando la mission del nuovo Dicastero. Quelli che sembravano slogan, sono già azioni concrete che vedono la collaborazione sinergica di tutti i Ministeri di questo Governo“
Così ha dichiarato il ministro Adolfo Urso dopo le decisioni del Consiglio dei Ministri.
Il CIMIM subentra alle cabine di regia
Nel dettaglio, il decreto prevede che nella governance del sistema Italia, che a suo tempo era passata del Mise al Ministero degli Esteri, subentri il nuovo Comitato Interministeriale per il Made in Italy nel mondo.
Già il cambio di denominazione dichiara una nuova forte visione strategica.
La novità è l’istituzione del Comitato Interministeriale co-presieduto dai Ministri degli affari esteri e delle imprese e del Made in Italy, con il compito di indirizzare e coordinare le strategie finalizzate a promuovere, valorizzare e tutelare il Made in Italy in Italia e nel mondo.
Tra i diversi compiti del CIMIM è di particolare importanza la possibilità che il Comitato individui meccanismi di salvaguardia e di incentivazione di settori produttivi nazionali, particolarmente colpiti dall’imposizione di nuovi dazi, alla previsione di regimi sanzionatori o alla presenza di ostacoli tariffari e non tariffari sui mercati internazionali.
Il decreto prevede anche la modifica delle norme relative ad ICE, SIMEST e SACE, stabilendo un maggiore coinvolgimento del MIMIT per la parte di competenza sulle linee di indirizzo strategico da dare al sistema pubblico per l’internazionalizzazione.
Si rifà l’Italia con imprese e MadeinItaly fulcro dell’economia
E’ un mantra che i lettori di questa newsletter conoscono bene, è da sempre che lo portiamo avanti, e finalmente questa priorità strategica viene riconosciuta con forza, caratterizzando la missione di un ministero.
O si rifà l’italia con l’export delle MPMI, o si muore. Questo video di 10 anni fa è sempre attuale:
A dire il vero a livello enunciazioni si erano espressi in questo senso anche i Governi Conte e Draghi, cui dobbiamo dare atto di aver moltiplicato le risorse per l’internazionalizzazione rendendole strutturali. Nello stesso tempo è accaduto che gli indirizzi strategici proclamati a favore delle PMI sono stati stravolti in fase di attuazione andando a tutto favore delle aziende medio grandi. Più volte lo abbiamo fatto presente anche in sedi istituzionali come il Patto per l’Export, senza essere ascoltati.
Per esempio dei 5 miliardi destinati a sostenere export e internazionalizzazione del Made in Italy, appena 50 milioni sono andati a sostenere misure che portano competenze export e exportmanager alle aziende medio piccole. Risultato: è ulteriormente diminuito il numero delle aziende esportatrici. E’ invece aumentata la propaganda autoreferenziale del Made in Italy a tutto beneficio del falso Made in Italy, perché le aziende italiane sui canali di vendita estera NON ci sono.
Ci sembra di vedere un cambiamento
La nuova denominazione esprime un segnale di cambiamento molto chiaro: le aziende del Made in Italy sono una priorità, ci sembra di vedere una Regia e una visione ben focalizzata sull’importanza cruciale delle MPMI e del commercio internazionale. Insomma molto meglio un Comitato interministeriale ben identificato che una Cabina di Regia, come quella che esisteva in passato appoggiata composta da una pletora di registi che di regia non aveva proprio niente.
Quello che ci aspettiamo dal nuovo Sistema Italia
Ora quello che ci aspettiamo dal nuovo sistema MIMIT – MAECI è una forte Governance in grado di rimuovere gli ostacoli e le incrostazioni che apparati e lobby hanno frapposto alla crescita dell’export delle mPMI. Non basta cambiare i nomi: bisogna porsi obiettivi specifici da raggiungere.
Nell’export del Made in Italy questi sono definiti da un unico grande indicatore: il numero delle aziende esportatrici. Quantificato in appena 136mila nell’ultimo rapporto ICE. Possono raddoppiare di numero, creare valore, lavoro, e prosperità: già lo fanno lavorando duro e creando lavporo con la loro incredibile resilienza. Ora occorre una rinnovata volontà politica che accompagni sui mercati le mPMI e non solo un astratto e inutile “Nation Branding”.
Le mPMI valgono il 79% dell’occupazione e c’è chi vorrebbe distruggerle
Le PMI con meno di 50 dipendenti creano il 78,7 % dell’occupazione. Eppure anche ai livelli istituzionali più elevati abbiamo visto forti pressioni per la graduale soppressione delle imprese più piccole nella convinzione che il nanismo delle aziende sia un punto di debolezza.
Piccoli si nasce per forza, ma le opportunità per crescere ed esportare sono molto maggiori che non per le grandi imprese se c’è la volontà di valorizzarle. Nonostante le crisi di energia, finanza, e pandemia. Vale sia per gli innovatori che per i produttori tradizionali, anche i più piccoli. Possono essere facilitati formando organizzazioni nel cui ambito le relazioni tra imprese siano capaci di ricreare i vantaggi di efficienza della grande dimensione. Nuovi modelli associativi, reti di imprese, export collaborativo, sono solo alcune delle aree da potenziare perché le mPMI non siano parcheggiate in attesa di un futuro di prosperità improbabile.
Il problema è che molte delle politiche per l’export di oggi sono di mero sussidio. Per esempio un bonus di 4000 euro per sostenere l’export digitale:
Ma come si fa a volare senza benzina e senza competenze di export presenti in ogni azienda? Con piccoli sussidi e propaganda non si va da nessuna parte. E i problemi operativi impattano sulle mPMI in maniera molto maggiore. A partire da banche e finanza.
A partire dalle banche
Prendiamo il sistema bancario italiano per l’export. Parlano le storie e vi racconto un episodio di questi giorni, che mi descrive un collega export manager impegnato nell’accompagnare il difficile sbarco in USA di una brillante PMI italiana: voleva solo aprire il conto corrente con una banca italiana negli States:
“Dopo dozzine di documenti firmati, bollati e controfirmati in due continenti, in inglese e in italiano, questa settimana una nota banca italiana con sede in US ci ha richiesto espressamente due indirizzi diversi per la nostra nuova sede commerciale. Uno come sede operativa l’altro come sede legale. Siamo un PMI e oggi ci siamo arresi, non volendo aprire un secondo ufficio che non è necessario per noi, e siamo andati ad una banca US, al costo mensile 10 volte meno della banca italiana, e con un credito di 300$ come nuovi clienti ci ha aperto il conto in due ore. Carte di credito in arrivo entro 7 giorni.”
In realtà le banche estere richiedono anche loro molti dettagli, ma come servizio al cliente se li vanno a cercare direttamente presso le segreterie statali e gli enti federali, senza ribaltare il carico sul cliente. Casi del genere capitano ogni giorno ed è qui che il sistema paese potrebbe migliorare radicalmente. Ci risulta che nuovi soggetti bancari stiano entrando sulla piazza internazionale con un rinnovato approccio a favore delle piccole aziende esportatrici: ce n’era bisogno! Un sistema che vuole bene al Made in Italy dovrebbe fare ponti d’oro alle nostre piccole imprese esportatrici, spianando la strada invece di creare difficoltà.
3 semplici appunti per il nuovo CIMIM
Sommessamente appuntiamo 3 semplici suggerimenti immediatamente attuabili e cantierabili per il nuovo CIMIM:
● Potenziare il voucher TEM-Invitalia per portare più competenze alle mPMI esportatrici. Una misura agile ed efficace, è già stata lanciato l’anno scorso, ha impegnato appena l’1% delle risorse destinate all’export, e ha portato 2.500 exportmanager nelle mPMI. Nel 2022 questa misura è stata inspiegabilmente accantonata. Cosa si aspetta a renderla strutturale e magari ad ampiarla?
● Riaprire i fondi Simest con priorità alle aziende medio piccole. E possibilmente con un impatto burocratico minore. Il sostegno Simest alle aziende danneggiate dalla guerrra e dalle sanzioni è sacrosanto, ma diciamolo chiaro: nel 2022 non c’è stato altro. E ricordiamo ancora che le reti di imprese non possono beneficiare, di fatto, dei fondi Simest.
● Stabilire sponde locali, anche logistiche, di supporto e insediamento all’estero per facilitare nel concreto le mPMI, le reti e le aggregazioni di imprese. Bisogna incoraggiare nuovi modelli collaborativi e partnership pubblico private che abbattano le barriere al nostro commercio internazionale, e che facilitino l’arrivo dei nostri prodotti ai mercati di destinazione.
Prendere esempio dalle migliori export story
Del nuovo assetto del Made in Italy si parlerà nei prossimi eventi nel roadshow del Premio Export Italia. Abbiamo già individuato decine di aziende e manager che hanno portato esempi concreti di export story da emulare. Questa settimana il premio va in Sicilia, ospite di Sicindustria e EEN.
Da non perdere prossimamente i convegni sul Futuro del Made in Italy organizzati da Federitaly a Roma, CNA e TheHive SidaGroup ad Ancona, Unione Industriali a Napoli, eventi regionali sono previsti a Milano, Brescia, Matera, e Torino.
Grazie per seguire e condividere questa newsletter e le iniziative #ExportItalia2030 lavoriamo per migliorare l’export e migliorare l’Italia.
Giuseppe Vargiu,
Presidente Uniexportmanager
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