Il contesto
Si apre una settimana di eventi importanti per l’export italiano e vorremmo parlarne per riportare l’assunto cruciale del pensiero ExportItalia2030: il commercio internazionale è fondamentale per la competitività del paese e la competititività delle Piccole aziende italiane è fondamentale per l’export italiano.
Petrolio, gas, energia, trasporti, inflazione sono tutti fattori di contesto straordinariamente importanti, ma impattano anche sui paesi ns. concorrenti: non sta a noi intervenire su questi temi, magari cercando di rimediare ai gravi errori che hanno portato a questa situazione. Ma di questo si parla anche troppo (e si fa troppo poco). Per noi il tema è ora agire. Vediamo come si muove il sistema italiano dell’export nel presente contesto di volatilità estrema.
Quelli che “guarda e aspetta”
Nell’ultimo report di Mckinsey, a fronte all’eccezionale congiuntura mondiale, è stato recentemente individuato a livello internazionale l’emergere fra le classi dirigenti e imprenditoriali della categoria “guarda e aspetta”.
In Italia questa categoria è tradizionalmente impersonata degli esponenti del settore pubblico e degli apparati burocratici e istituzionali, che si muovono (si fa per dire) con lo slogan “chi non fa non falla”. Lo dimostrano le centinaia di decreti PNRR che giacciono inattuati. Lo testimoniano incontri e summit sull’export che si succedono, tutti incentrati nella contemplazione di statistiche improbabili con le quali la sostanziale inefficacia delle principali misure varate per l’export delle piccole imprese viene celebrato come grande successo.
A dire il vero non c’è solo l’Italia in modalità Guarda e aspetta. A livello internazionale in questa classificazione confluiscono in questo periodo la maggior parte degli imprenditori e manager.
Sono persone, molto spesso anche leader aziendali o loro influencer, che scelgono di rinchiudersi un atteggiamento cauto e difensivo nell’affrontare la volatilità e l’incertezza. Questi leader si stanno solo riparando dalla pioggia. Si concentrano sul difendersi dalle minacce immediate, si focalizzano sui comodi giardinetti dei clienti esistenti. Parola d’ordine giocare in difesa: Governare l’emergenza, i risultati a breve, l’ inflazione, piccole economie, non esporsi, chiedere e ottenere i sussidi sono gli obiettivi tipici. In altre parole rinunciare a competere.
Questi leader stanno alla finestra in modalità “guarda e aspetta e guarda” mentre il mondo evolve tumultuosamente a velocità mai vista.
I leader ambidestri
Per fortuna vediamo emergere anche un secondo tipo di leader, che sono consapevoli del fatto che dietro ogni minaccia si nasconde opportunità. Lo diceva il grande pilota Ayrton Senna: non puoi battere 20 concorrenti quando c’è il sole, ma puoi farlo molto meglio quando piove se sai come muoverti.
E negli ultimi tempi chi corre sui mercati di pioggia ne ha trovato in abbondanza: pandemia, guerra, inflazione, crisi energetica, volatilità…
Il manager ambidestro non trascura le giuste azioni difensive perché comunque non si può affrontare in modo sconsiderato tutto quello che sta accadendo. Nel contempo fa leva su tutte le molteplici opportunità che emergono dalla rivoluzione in atto sui mercati, governa i cambiamenti senza limitarsi a subirli, sfrutta la volatilità per prendere vantaggi nei confronti dei concorrenti.
Ayrton Senna ha utilizzato al momento giusto le giuste gomme da pioggia per sbaragliare i competitor. Una simile reattività l’ abbiamo vista da imprese rapide e intelligenti con il Covid, ora succede con l’inflazione, con la Russia, con il rivoluzionamento delle filiere produttive.
Il contesto attuale ha rigenerato la mentalità di questi leader e imprenditori attenti e coraggiosi che si rendono conto che la pioggia per loro fa la differenza, e spinge ad andare avanti con coraggio, rivaluta giacimenti di risorse preziose, specialmente nelle centinaia di migliaia di PMI del Made in Italy, che in condizioni normali sarebbero rimaste a dormire. Gli ambidestri giocano la partita dell’export sia in attacco che in difesa.
Hanno capito che stare accucciati non è la soluzione e bisogna agire ora, con rapidità e determinazione, per sfruttare i vantaggi emergenti. Non possiamo chiedere una simile reattività al sistema istituzionale, a maggior ragione ora che tutto è inquinato dalla propaganda elettorale, ma per le aziende stare accucciati al riparo aspettando che smetta di piovere è un grave errore.
Esempi vivi e vibranti di leader italiani coraggiosi che sanno reagire e impostare nuove strategie li trovate fra gli imprendtori e gli exportmanager che si candidano al Premio ExportItalia: le nomination restano aperte fino a ottobre.
La partita della competitività del Made in Italy
La partita dell’export italiano, in particolare quello delle miriadi di piccole imprese che ne costituiscono il cuore e l’ossatura portante, ora si gioca tutta sulla competitività e sulla rapidità di reazione alle condizioni avverse. E’ una partita molto diversa quella giocata dai colossi che fanno i grandi numeri di cui vediamo le celebrazioni su stampa e TV. Come Eni o i giganti finanziari del Made in Italy i quali continuano a macinare profitti ed extraprofitti di pura speculazione, del tutto slegati dalla genialità, dalla competitività vera delle aziende che realmente producono, danno lavoro, e soffrono..
Altra competitività di facciata che passa per Made in Italy ma non lo è anche quella dei brand italiani venduti e spesso prodotti all’estero grazie a delocalizzazioni di fatto sostenute da un sistema di incentivi che le privilegia.
ExportItalia 2030 contro i padroni dell’export
C’e’ qualcuno che pensa che le aziende italiane siano troppo piccole, dunque invece di potenziarne la loro competitività e la loro crescita internazionale si deve focalizzare il sostegno a favore di quelle medio grandi. Sono loro i padroni dell’export del Made in Italy. Sono costoro che hanno devastato il Patto per l’Export, stipulato in nome del sostegno all’export delle PMI, che ha ottenuto come risultato – a fronte di una sostanziale stabilità del valore nominale dell’export e di risorse allocate in misura mai vista – la perdita di decine di migliaia di aziende esportatrici.
La triste verità è che le istituzioni economiche dell’export sono messe al servizio dei padroni dell’export, dei più forti, dei vincenti, di quelli che hanno migliorato le proprie condizioni a danno di chi lavora e produce veramente e generato gli extraprofitti di cui tanto si parla per l’energia ma lo stesso discorso vale con poche eccezioni per i grandi gruppi che presidiano l’export nazionale. Con ulteriore beneficio di un italian sounding che continua a prosperare sostenuto dalla nostra “brand promotion” internazionale, mentre manca un adeguato sostegno alla presenza internazionale delle PMI.
Le tesi e le iniziative Exportitalia2030 sono portate avanti attivamente da associazioni come Uniexportmanager e FederItaly insieme agli operatori del sistema istituzionale con una visione illuminata preordinata a far crescere nel tempo prosperità e valore delle piccole imprese del Made in Italy.
Abbiamo dato vita alla NormaUNI per la professione di Export Manager per meglio affiancare le aziende e portare loro le competenze necessarie per l’export, e con le nostre iniziative portiamo in evidenza le storie di export di leader imprenditori e manager coraggiosi, che fanno grande il sistema Italia.
Ci troviamo a Firenze l’8 settembre
Vogliamo mettere in risalto la competitività delle piccole aziende italiane diffondendo e premiando le loro export story. Ne trovate 50 già pubblicate nel sito del Premio ExportItalia.
Intanto riparte dalla Toscana, in collaborazione con MakingBusinessHappen, il roadshow del Premio Exportitalia che porta alla ribalta storie ed esperienze degli exportmanager e imprenditori che col loro lavoro fanno grande l’Italia. L’appuntamento dell’8 settembre a Firenze è sold out, ma è possibile seguirlo sui canali youtube MakingBusinessHappen e Uniexportmanager.
Giuseppe Vargiu,
Presidente Uniexportmanager
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