La narrazione entusiastica dell’export del Made in Italy proposta in questi giorni sui media stride drammaticamente con la realtà di un paese dove un lavoratore su tre guadagna meno di mille euro al mese e avrà una pensione da fame.
Il doveroso rilancio dell’economia italiana attraverso l’export viene declinato su innumerevoli summit e passerelle di interventi autoreferenziali che si trastullano su improbabili grandi risultati raggiunti e raggiungibili dal nostro export.
In realtà bisogna dare atto agli ultimi Governi di aver allocato a favore dell’export risorse crescenti e senza precedenti. A favore di chi sono andate?
La nobiltà : le oligarchie dell’export
A gestire questo fiume di risorse, oltre 5 miliardi, che teoricamente dovevano essere destinate allo sviluppo internazionale delle PMI, è stata chiamata una galassia di apparati i quali sono stati i primi a beneficiarne.
La seconda importante categoria di beneficiari è quella dei grandi esportatori, corporate, small cap, sostenute dalle loro potenti lobby associative e dalle multinazionali della consulenza export. Alla loro patrimonializzazione è andata gran parte delle ingenti risorse del fondo 394.
Insomma, la galassia degli apparati e delle oligarchie dell’export prospera nei summit, nelle conferenze e nelle cabine di regia, e resta lontana anni luce dal mondo delle aziende e della gente che lavora.
Alle piccole aziende, quelle che potevano veramente consolidarsi con l’export e creare sviluppo e occupazione in italia, sono rimaste le briciole, come i microbonus per fare l’export digitale, o i 15 secondi per selezionare i migliori progetti di impresa femminile.
Miseria e nobiltà del Made in Italy
Nel mentre si amplifica sempre di più la divaricazione tra grandi imprese sempre più grandi e sempre più esportatrici e piccole imprese sempre meno esportatrici e sempre meno numerose.
Il primo a risentirne è il quadro occupazionale e retributivo: lavoratori che percepiscono meno di 9 euro lordi l’ora sono 4,3 milioni, il 23,3% del totale si legge nella Relazione annuale dell’Inps sul 2021, presentata dal presidente Pasquale Tridico alla Camera. Il fenomeno della povertà lavorativa è più marcato che negli altri Stati europei. A ciò si aggiunge il problema dell’instabilità lavorativa che diventa spesso precarietà e insufficienza di ore lavorate per mese.
Aumentano tutte le diseguaglianze
Insomma, ha ribadito Tridico, le diseguaglianza nei redditi stanno aumentando, così come crescono le disparità di trattamento tra grandi aziende e piccole imprese.
Ancora di più si allarga la forbice tra imprese esportatrici (appena 120mila, il loro numero in costante diminuzione da anni) e i 4 milioni di imprese che non hanno capacità o competenze per lavorare con l’estero.
La fotografia dell’Italia post pandemia dice il Ministro del Lavoro Andrea Orlando è quella di un Paese lontano dagli obiettivi dell’Unione Europea, che sta facendo i conti con ampi divari che peseranno sempre di più negli anni a venire. “La guerra in Ucraina e i noti processi di transizione in atto nell’economia non ci permettono di stare tranquilli. Il tema del contenimento e del contrasto alle diseguaglianze e ai rischi di esclusione sociale sono sempre più centrali”.
Per creare lavoro attraverso l’export
Manca un reale cambiamento rispetto al perseverare su uno status quo di errori che si trascinano già da molto prima che arrivassero covid guerra e inflazione. Il cambiamento è ancora piu doveroso oggi a fronte dei dati diffusi dall’INPS.
Eppure il pensiero unico dominante continua ad amplificare la voce delle grandi società finanziate con i fondi destinati alle PMI, delle lobby della consulenza, insieme agli apparati istituzionali tutti insieme appassionatamente.
Non fatevi ingannare dalla narrazione ufficiale che lavora, di fatto, per coloro che hanno prosciugato il fondo 394, e che ha lavorato con mezzi mai visti per ottenere cosa? La riduzione del numero di aziende esportatrici.
Pensate che per portare competenze di export management alle PMI con il voucher TEM, la misura che ha avuto indiscutibilmente le migliori performance di efficacia, sono stati destinati 50 milioni, appena l’1% delle risorse del Patto per l’Export.
Le più significative export story realizzate con i voucher TEM INVITALIA saranno selezionate e premiate nelle selezioni del Premio ExportItalia. Vogliamo mandare in passerella le piccole aziende esportatrici e condividere le storie di centinaia di imprenditori e manager coraggiosi, che a esportare ci provano e spesso ci riescono pur avendo tutti contro. Non vogliamo le superstar patinate.
Serve un nuova visione per creare lavoro attraverso l’export
La nuova visione, portata avanti tra gli altri da Uniexportmanager, Federitaly, AssoretiPMI, e condivisa dalla community degli ExportPeople, accomuna PMI esportatrici e potenziali su modelli collaborativi concreti per l’export, che stanno emergendo del tutto ignorati dal circo mediatico dell’export.
Nella consapevolezza che l’export è il cuore dello sviluppo del Made in Italy, le piccole imprese sono il cuore dell’export, e le competenze di export management il cuore delle PMI.
Sta qui la vera nobiltà dell’export:
Giuseppe Vargiu,
Presidente Uniexportmanager
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