Gli eretici dell’export
Sta succedendo un fenomeno straordinario nel mondo dell’export italiano che vede coinvolti un modo crescente sostenitori entusiasti i quali condividono una scuola di pensiero che ha il coraggio di rompere schemi arcaici portati avanti per tanti anni e lavora per portare l’economia italiana a raggiungere prosperità grazie agli “exportpeople” e all’export delle piccole imprese.
Martin Lutero aveva attaccato il manifesto sulla porta di una chiesa. Oggi da qualche tempo circolano su internet in modo virale 24 tesi :
Sono tesi rivoluzionarie perché molto semplici. Tracciano indicazioni di puro buon senso che in molti fanno proprie, e sempre più numerosi e più convinti sono gli export people che diventano protagonisti e sostenitori della loro attuazione. Si muovono con coraggio all’interno di enti, aziende, istituzioni e associazioni per diffondere questa nuova visione, per fare accadere le cose.
Sono le stesse indicazioni che le lobby dominanti, gli apparati e le incrostazioni burocratiche che presidiano da molti anni lo status quo dell’export italiano osteggiano profondamente.
I leader del pensiero ExportItalia 2030 sono le aziende portatrici di exportstory da condividere, le associazioni visionarie, gli export manager e i professionisti che si mettono in gioco e rendono disponibile competenza, esperienza, e impegno. Persone come Massimo Cugusi , di cui riportiamo l’intervento di nel corso del meeting nazionale AssoretiPMI:
Lo status quo del sistema Italia è espresso dal pensiero unico riportato dai media, e ci dice che l’ export del Made in Italy non è mai andato così bene. Se diamo retta ai grandi numeri delle statistiche export, sembrerebbe che il sistema del Made in Italy, fra guerre e pandemie, abbia prosperato, e dunque secondo questo pensiero va tutto bene, andiamo avanti così.
I ricavi dell’export vanno all’estero
Ce lo dice il bollettino della Banca d’Italia: il paese è in surplus, ottiene più di quanto spende. Ma spicca il dato degli investimenti finanziari italiani all’estero, che ammonta a 128 miliardi di euro.
Da qui questi operatori hanno ricavato interessi e dividendi pari a 22 miliardi. La differenza tra crediti e debiti è pari a 105 miliardi di surplus. È come se tutta la manna dell’export si fosse riversata all’estero.
I media incensano i dati sbalorditivi dell’export nel 2021, che hanno superato il record del 2019, ma non serve a molto con tutti soldi che vanno all’estero, mentre si penalizzano salari, l’occupazione, e si lesinano i sostegni alle piccole imprese, umiliate da vergognosi clickday come quelli dell’imprenditorialità femminile. Intanto abbiamo PMI che non esportano o chiudono, 3 milioni di lavoratori in nero, e milioni di disoccupati immolati sull’altare degli investimenti finanziari all’estero.
Poco importa che il commercio internazionale sia dominato dai grandi gruppi e dallo strapotere delle piattaforme internazionali. Poco importa che siano reindirizzate in loro favore gran parte delle risorse che il sistema proclama di destinare alle PMI.
I padroni del commercio internazionale
Lo status quo dell’export prospera, ma la realtà è che il numero di aziende italiane esportatrici diminuisce inesorabilmente da anni. Si allarga anche il divario tra nord e sud. L’Istat non ha neanche divulgato i dati più recenti, quelli sulle piccole imprese. Per il pensiero unico basta e avanza far sapere che nel 2021 abbiamo superato il record storico dei 500 miliardi di export (poco importa che l’import sia aumentato molto di più con grave impatto nella bilancia commerciale).
Poco importa che mentre aumenta la domanda estera di prodotti italiani originali, e che mentre le piccole aziende italiane faticano a entrare sui canali locali di vendita, il nostro national branding sponsorizza le partite di calcio sostenendo di fatto i produttori esteri di falso Made in Italy. In un paese come il nostro dove i valori che esprimiamo vanno dalla manifattura all’arte, alla creatività, al talento, non possiamo lasciare che l’export, che già genera un terzo del PIL, sia lasciato in ostaggio alla propaganda, ai padroni del commercio internazionale, e alle lobby dello status quo. Dobbiamo cambiare.
Qui una piccola galleria di “eretici” del cambiamento
Dai tempi di Galileo in Italia si processa per eresia chi si permette di dire le cose come stanno e portare avanti tesi non condivise dal potere dominante. Il pensiero ExportItalia 2030 ha molti leader che non hanno paura di dire al manovratore le cose come stanno, e di rimarcare che ha il volante scollegato dalle ruote. A partire dagli esponenti coraggiosi e visionari presenti nelle associazioni professionali e imprenditoriali.
Abbiamo visto sopra l’intervento ospitato da AssoretiPMI, che ha nel proprio DNA l’approccio collaborativo all’export e alle PMI. Ringraziamo Eugenio Lazzari e Monica Franco. Il giorno prima a Bologna le tesi ExportItalia 2030 sono state ospitate al Festival del Lavoro. La Fondazione Studi dell’Ordine dei Consulenti del lavoro, sempre attentissima alle transizioni nel mondo del lavoro, dell’economia e della società, ha focalizzato il ruolo cruciale dell’export nel nuovo mondo del lavoro e le nuove declinazioni di un processo che sta scardinando assetti e paradigmi consolidati da decenni. Grazie a Marina Calderone.
Il 23 giugno a Lamezia Terme è stato lanciato in Calabria il Premio ExportItalia, con la partecipazione di Unioncamere Calabria e presidente Tramontana, Rosella Vitale, e Invitalia. Un grazie a Giuseppina Bruno e Adolfo Rossi, i colleghi Uniexportmanager che stanno dando al pensiero ExportItalia una attuazione con un ruolo di leader. Cosi come a Fausto Massioni, CNA Ancona, e ai partner di TheHive, che incontreremo online ad Ancona il 29 alle 18:00.
Il calendario su Uniexportmanager.it. Presto saremo a Venezia, Firenze, e Salerno. Vi terremo informati.
Eravamo 4 amici al bar
Le idee ExportItalia 2030 e gli export people sono in pieno movimento: se siete motivati dal desiderio di fare anche voi qualcosa per l’export del Made in Italy, e non soltanto da quello che l’export può fare per voi, allora seguiteci e condividete questa newsletter, è un primo passo. Sentitevi leader propositivi di un cambiamento che vogliamo tutti nel mondo dell’export.
Azionare il cambiamento come leader coraggiosi è una cosa che stanno facendo le aziende che si candidano al Premio ExportItalia e le organizzazioni visionarie che motivano imprese e professionisti che rivoluzionano un modello sindacale e associativo ormai dominato da regole arcaiche.
E’ nato un nuovo modello aggregativo trainato dalla volontà di migliorare l’economia e il lavoro partendo da una distruzione creativa del comodo sistema che vede asserragliati burocrazia, lobby e vecchi apparati. Uniexportmanager e FederItaly sono associazioni praticamente neonate, new entry nello sterminato e cristallizzato mondo associativo del nostro paese. FederItaly è un’associazione imprenditoriale, Uniexportmanager un associazione professionale non ordinistica. Portano avanti ciascuna un modello aperto di collaborazione e partnership.
Se volete possiamo darvi le straordinarie metriche di crescita degli associati e followers, ma per noi non conta il numero di iscritti. Soprattutto conta quanto loro sono motivati e coinvolti, quanto diventano essi stessi attori promotori e leader nelle iniziative condivise. E’ grazie a questo assunto molto semplice che queste due organizzazioni, unite nel comune focus rivolto a sostenere l’interazione fra Italia e mercati internazionali stanno aprendo una nuova strada all’insegna della condivisione e dell’impegno ad attuare le tesi ExportItalia 2030.
E a sviluppare sinergie di business a favore dei rispettivi associati. Vi aspettiamo martedi alle ore 15:30.
In conclusione:
siamo gente motivata dal desiderio di fare qualcosa per l’export del Made in Italy, e non soltanto da quello che l’export può fare per noi. Se lo siete anche voi seguirci e condividere questa newsletter non vi può bastare: sentitevi leader propositivi di un cambiamento che vogliamo tutti vedere attuato.
Giuseppe Vargiu,
Presidente Uniexportmanager
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