Lo dice l’articolo 1 della costituzione, la legge delle leggi:
Art. 1. L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La tutela e la creazione del lavoro dovrebbero occupare SEMPRE il primo posto nelle attività legislative e di governo, anche se questo principio viene troppo spesso dimenticato.
Negli ultimi due anni il lavoro, l’impresa, e la democrazia sono stati messi in secondo piano da un pensiero unico ispirato a principi di tutela sanitaria come minimo discutibili. Ora, grazie a Dio, finiscono molte limitazioni al lavoro e si può finalmente tornare a incontrarsi e parlare liberamente, in presenza, senza maschere, di come gestire la transizione con nuove forme di lavoro e nuovi modelli organizzativi.
Il festival del lavoro
Marina Calderone, Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, non poteva presentare in modo migliore l’importanza dei temi al centro della 13^ edizione del Festival del Lavoro, in programma dal 23 al 25 giugno 2022 presso il Palazzo della Cultura e dei Congressi di Bologna:
Il pensiero ExportItalia 2030, che abbina in modo quasi intrinseco lo sviluppo dell’export alla creazione di prosperità e nuova occupazione, alla creazione di nuove competenze, ai nuovi modelli di lavoro e di collaborazione aziendale e professionale, non poteva mancare questo importantissimo appuntamento.
Venerdi 24 al Festival del Lavoro si parlerà infatti di come investire sull’export e sulle nuove competenze che sviluppano l’export delle aziende sia una politica più intelligente perché si ripaga da sola con i ritorni generati, e più efficace perchè i risultati sono facilmente visibili e misurabili. Interverrà Massimo Cugusi, VP di Uniexportmanager e presidente del Premio ExportItalia.
I prossimi eventi:
Le tesi del pensiero ExportItalia2030 fanno delle competenze export il driver dell’economia e del cambiamento. Saranno sviluppate ulteriormente con le aziende e le organizzazioni che le condividono: sabato 25 a Modena con AssoretiPMI, martedi 21 a Lamezia Terme con Unioncamere Calabria, martedi 27 ad Ancona con CNA Marche, mercoledi 28 con i partner internazionali di Federitaly, mentre decine di Candidature e nomination ed export story significative pervengono alla segreteria del Premio Exportitalia in vista della tappa di Lamezia Terme:
Ma non è solo questione di incontri e convegni. Per ispirare le strategie di cambiamento dobbiamo partire dello scenario internazionale nella prospettiva 2030.
Lo scenario internazionale in prospettiva 2030:
Molti pensano che il problema sia Putin e la sua sciagurata guerra all’Ucraina, ma la crisi finanziaria e geopolitica che porta nel mondo enormi tensioni sociali all’interno delle democrazie occidentali confluisce in quello che è il vero conflitto in atto: quello fra Usa e Cina.
Non sono io a dirlo, lo dice un signore che che è stato Ministro, Presidente del Consiglio, Presidente dell’ Unione Europea, il quale ha conosciuto non solo Putin, ma tutti i grandi della terra, e ancora oggi a 84 anni esprime un’impressionante lucidità di pensiero. Abbiamo ascoltato l’altra sera negli incontri di Resistere a Bassano del Grappa, con Marco Damilano, un Romano Prodi assolutamente inedito. La crescita annua del PIL Cinese, ci dice Prodi, equivale al totale del PIL della Russia. Ossia, la Cina cresce di una Russia all’anno.
La Russia ha un prodotto interno irrilevante fondato sulle sole materie prime, e vince solo per il suo strapotere decisionale e militare che manca alle democrazie occidentali. La Cina ha lo strapotere decisionale, militare, e in più ha lo strapotere economico. Per cui chi vincerà la partita economica nei prossimi 10 anni non è difficile pronosticarlo, e di sicuro in questa partita l’Europa disunita non ha grande influenza.
Ci avviamo alla fine dell’Impero Americano?
Secondo Ray Dalio, Il fondatore di Bridgewater, il più ricco hedge fund del mondo, siamo al termine del cosiddetto “Impero Americano”: “Ci sono tre grandi forze esistite molte volte in passato: l’enorme produzione di debito, la stampa di denaro per monetizzare quel debito, e i conflitti interni del populismo di sinistra e di destra causati dagli ampi divari di ricchezza e di valori. Queste forze stanno portando verso una guerra civile e un grande conflitto di potere gli Stati Uniti e i loro alleati e la Cina e i suoi alleati”.
E’ già successo un fenomeno simile tra il 1930 e il 1945. Diciamolo chiaro: è molto probabile che la Cina sarà la futura padrona del mondo, soppiantando gli Stati Uniti, i quali però sono il partner storico del nostro export.
Quale dovrebbe essere la visione guida del nostro export futuro?
Molto semplicemente puntare sui punti di forza del Made in Italy e farli valere nel mondo occidentale certamente ma anche nei confronti della Cina, e acquisire posizioni nelle destinazioni emergenti dove non siamo presenti, a partire da Africa e Latino America. Aprirsi ai paesi che hanno avuto la capacità e la fortuna di mantenersi lontani dalle guerre: dove c’è stabilità è sicuri che c’è sviluppo.
Al di là del legittimo entusiasmo per la tenuta delle esportazioni e del surplus commerciale nel 2021, esteso al primo trimestre 2022, e della preoccupazione per la progressiva riduzione in atto del numero di aziende italiane esportatrici, resta valido un tema fondamentale:
Abbiamo una struttura economica unica al mondo, imperniata su un tessuto diffuso di imprese medie piccole e piccolissime, ciascuna portatrice di valori di nicchia che generano insieme un unicum non replicabile. Questa differenziazione applicata all’indice di differenziazione sull’export dei primi 50 prodotti ci fa diventare primi al mondo, e ci ha protetto in parte dalle turbolenze di guerra, pandemia, e dalla crisi di supply chain. Se estendiamo questo modello non ai primi 50 prodotti ma ai primi 500 prodotti o 5000 prodotti, e cerchiamo di raddoppiare il numero delle aziende esportatrici, andremo ad assicurarci la leadership e un solido surplus commerciale per molti anni a venire.
Per farlo dobbiamo aiutare le piccole aziende a diventare esportatrici, potenziandole con politiche che non possono essere le stesse che sostengono i grandi gruppi. In particolare è necessario sostenere una crescita della cultura aziendale, e l’acquisizione permanente ed effettiva delle competenze specializzate indispensabili al business internazionale.
Investire sul lavoro qualificato per l’export
Queste tesi sono alla base del pensiero #ExportItalia2030, abbiamo già avuto modo di condividerle nel contesto del Patto Export, una delle più importanti innovazioni nella policy governativa degli ultimi anni che ha portato ad allocare su export e internazionalizzazione (delle PMI in teoria), risorse in misura mai vista in passato.
Resta il fatto che i Patti vanno mantenuti, non è solo questione di declinarne gli assi portanti. All’attuazione del patto per l’export mancano ancora i risultati più importanti: l’aumento del numero di PMI esportatrici. Risultati che si raggiungono nella prospettiva di medio termine solo facendo emergere le migliori pratiche export delle PMI e portando competenze di export management in ogni impresa, con nuovi modelli di lavoro e innesto di competenze specializzate come gli export manager o gli stessi consulenti del lavoro, opportunamente aggiornati, qualificati e affiancati.
Vi aspettiamo i prossimi giorni a Bologna, Lamezia Terme, Modena, Ancona, e agli eventi online del Premio ExportItalia. Per approfondimenti e aggiornamenti premio@premioexportitalia.it e www.uniexportmanager.it.
Giuseppe Vargiu,
Presidente Uniexportmanager
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