Dal post di Manlio di Stefano:

“Guardiamo insieme qualche dato sull’#economia italiana. Al netto delle esportazioni energetiche, l’#Italia è il quinto Paese al mondo per #surplus della #BilanciaCommerciale, con più di 100 miliardi di attivo. Inoltre, nei primi tre mesi del 2022 l’export italiano ha segnato una #crescita del +23% rispetto allo stesso periodo del 2021.

Le nostre #esportazioni salgono, e riescono a farlo in una fase complicatissima per l’#EconomiaGlobale. A pesare su di noi: le interruzioni delle #SupplyChain, l’aumento del prezzo delle materie prime e dell’energia, le conseguenze del conflitto russo-ucraino. Allora come definire questo risultato italiano, se non come un successo?

Ma c’è di più. La struttura della nostra economia è unica al mondo. Si compone di un numero limitato di grandi gruppi imprenditoriali, diluito in un tessuto commerciale fatto di piccole e medie #imprese. Ognuna di queste, spesso, matura una propria #expertise, e non c’è una leadership uniforme, ma tante, di nicchia. 

Questa composizione del nostro tessuto economico, spesso ingiustamente criticata, crea i valori aggiunti che ci stanno permettendo di crescere. Le nostre filiere, ad esempio, sono a corto raggio, cosa che riduce l’impatto dell’aumento del costo dei trasporti.

In più, la #produzione italiana presenta un indice di differenziazione molto alto: di conseguenza, il nostro #export non è concentrato su pochi beni, ma su tantissimi, e questo attutisce gli effetti delle #congiunture economiche negative. Pensate che, considerati insieme, i primi 50 #prodotti esportati dall’Italia, corrispondono solo al 29.7% del totale delle nostre esportazioni. Il restante 70,3% è da dividere per il resto della produzione destinata all’estero.

Il nostro #MadeInItaly, che rischiava di essere schiacciato da #globalizzazione e #contraffazione, continua a vincere. Il Governo lavora senza sosta per promuovere e valorizzare le nostre esportazioni. Dopo il #PattoPerlExport, pensato per rilanciare il #CommercioEstero dopo la #pandemia, a breve renderemo operative le misure per le imprese esportatrici danneggiate della guerra in Ucraina.

Avanti così!”.

Questo post del sottosegretario Manlio Di Stefano porta uno spunto importantissimo che dobbiamo approfondire se vogliamo che il Patto per l’Export raggiunga gli obiettivi comuni per i quali è stato concordemente stipulato fra il sistema Istituzionale e decine di enti e associazioni imprenditoriali e professionali, inclusa #Uniexportmanager, che questo #Patto€xport si batte per farlo rispettare.

Al di là della tabella di Sole 24 Ore che compara dati non molto omogenei tra loro, del legittimo entusiasmo per la tenuta delle  esportazioni e del surplus commerciale nel 2021, esteso al primo trimestre 2022, resta valido un  tema fondamentale: abbiamo una struttura economica unica al mondo  imperniata su un tessuto diffuso di imprese medie piccole e piccolissime imprese ciascuna portatrice di  valori di nicchia che generano insieme un unicum non replicabile.

Questa differenziazione applicata all’indice di differenziazione sull’export dei primi 50 prodotti ci fa diventare primi al mondo e ci protegge dalle turbolenze di guerre, pandemie, o supply chain. Questa differenziazione significa anche che se estendessimo questo modello non solo ai primi 50 prodotti, ma ai primi 500 prodotti, o 5000 prodotti, e cercassimo di raddoppiare il numero delle aziende esportatrici, ci saremmo assicurati la leadership del mercato e un solido surplus commerciale per molti anni a venire.

Per farlo dobbiamo aiutare le piccole aziende a diventare esportatrici potenziandole con politiche che non possono essere le stesse che sostengono i grandi gruppi. Queste tesi sono alla base del pensiero #ExportItalia2030, abbiamo già avuto modo di condividerle con il sottosegretario e il #MAECI e ci proponiamo di dimostrarle in concreto con le export story del #Premio ExportItalia.