Il forum Verso Sud

Con il Forum “Verso Sud” in corso a Sorrento arriva la strategia europea per una nuova stagione geopolitica, economica, e socio-culturale del Mediterraneo.

Il Forum si pone l’obiettivo di valorizzare le risorse e i progetti che qualificano il Sud come luogo dove è conveniente vivere, fare impresa, investire. Citiamo il Ministero per la Coesione Territoriale:

L’evento è parte di una piattaforma pubblico-privata nazionale e internazionale in cui Istituzioni, imprese e rappresentanti del mondo accademico e della ricerca avranno l’opportunità di discutere le traiettorie di sviluppo del Sud Italia alla luce delle sfide e delle direttrici strategiche che interessano la macro-regione del Mediterraneo Allargato

Tra i temi oggetto di confronto anche un primo ‘Libro bianco’ per le strategie di crescita e di cooperazione del Mediterraneo, focalizzato su 8 aree:

il ruolo centrale dell’economia del mare per la competitività, attrattività e crescita del Sud Italia e del Mediterraneo;

i nuovi corridoi energetici e la sfida della green transition come cardini del Mediterraneo del futuro;

gli investimenti infrastrutturali e il nuovo modello di valutazione per dispiegarne gli effetti positivi;

lo sviluppo del settore turistico a beneficio dei territori, per un Sud più attrattivo nel Mediterraneo;

le specializzazioni produttive nelle nuove catene globali del valore;

il Sud Italia come centro di competenze per le Università dell’area del Mediterraneo;

la comunicazione della nuova visione e del nuovo ruolo per il Sud Italia;

la governance necessaria per realizzare la nuova visione e massimizzarne i benefici.

Tra i numerosi ospiti  presenti altri ministri del governo italiano, il Presidente della Camera, ospiti internazionali, rappresentanti di tutti i Paesi rivieraschi, Arabia Saudita, Giordania, Qatar ed Emirati Arabi.

 A volte ritornano

Ritorna il meridionalismo, in modalità PNRR. Tutto bene, molto positivo, molto internazionale: il pieno di buone intenzioni. Se non fosse che richiama alla memoria qualcosa di già visto.

I meno giovani forse ricorderanno la mitica Cassa del Mezzogiorno, una della migliori intuizioni della politica economica del secolo scorso. Al di là delle questioni sul meridionalismo, la visione del prof Pasquale Saraceno di investire per ridurre il divario fra nord e sud è sempre stata considerata corretta. Molto meno corretto il modo con cui è stata attuata. Questi dati provengono dal Fondo Monetario Internazionale:

Legge 12 agosto 77 n. 675, finanziate aziende al nord 63,4% al centro 6,4% al sud 5%.

Art.9 legge 46/82 sviluppo tecnologie innovative 1,621 miliardi £ di cui solo 370 al sud.

Scrive il FMI sull’ultimo periodo della Cassa per il Mezzogiorno dal 1984 al 1994:

Le imprese che hanno beneficiato dei finanziamenti sono per il 90% grandi imprese del nord.

Divario Nord Sud o divario fra piccole e grandi imprese?

Come ex giovane imprenditore del sud ai tempi della cassa per il mezzogiorno posso ritenermi fortunato perché continuo dopo tanti anni a fare l’imprenditore, anche se nel frattempo il mio business si è spostato sul digitale. Emigrato? Non esattamente.

Il film capolavoro  di Troisi ci deve ricordare che il vero divario non va ricercato tra nord e sud. Il vero divario crescente lo vediamo in tutta Italia fra piccole e piccolissime aziende, sempre meno digitali, sempre meno esportatrici, e sempre meno, perché chiudono. Non sono un economista ma questo divario e il conseguente disagio imprenditoriale ed economico lo vedo tutti i giorni con i colleghi export manager che lavorano con piccole imprese nella loro lotta per resistere fra mille difficoltà sui mercati internazionali.

Il 52% dell’export italiano è generato da sole 1000 aziende, che continuano a egemonizzare la politica economica e ad accaparrarsi le risorse per lo sviluppo, per l’export, per il digitale, per la sostenibilità. Nell’export basta vedere l’allocazione dei fondi Simest. In realtà vedere chi ha beneficiato non è facile perchè i dati della capitalizzazione attraverso il fondo 394 sono rigorosamente coperti dal segreto Simest. A differenza di quelli dei microincentivi per export e digitale che vanno a piccole e piccolissime imprese per le quali la trasparenza è obbligatoria.

Ritorneremo in questa newsletter su questo tema perché la trasparenza e il monitoraggio sono fra le tesi fondamentali del pensiero ExportItalia2030 ed è doveroso un rigoroso report su come sono utilizzati i cospicui fondi che il Patto per l’Export ha allocato per l’export, per il PNRR e in quale misura effettivamente ne abbiano beneficiato le PMI esportatrici, il cui numero continua a calare. Ma torniamo al divario:

 Il Divario Digitale

Cresce il divario digitale nelle aziende. Ce lo conferma anche il recentissimo rapporto della BEI: Banca Europea per gli Investimenti con Digitalisation In Europe 2021-2022. Il rapporto elabora una classifica delle aziende europee (EIB Corporate Digitalisation Index) nella transizione digitale.
Che durante la pandemia la aziende digitali abbiano performato meglio di quelle non digitali è un dato di fatto. Le loro vendite son calate meno e per molte di loro grazie alla digitalizzazione la crisi è diventata una opportunità, son cresciute, hanno accresciuto lavoro e salari.
Resta il fatto preoccupante che la crescita della digitalizzazione ha aumentato anche il divario digitale che lascia indietro le imprese più piccole.

Il rapporto della BEI suggerisce all’Europa tre linee guida di policy:

  • un ecosistema europeo abilitante
  • una visione  europea che contrasti gli squilibri fra stati e regioni
  • un sostegno politico più forte per affrontare la mancanza di risorse finanziarie e di competenze

Sembrano gli assunti del pensiero ExportItalia 2030.

 Il divario export

Il divario digitale infatti è strettamente connesso con il divario export che colpisce le aziende italiane in maniera clamorosa. Mentre le piccole imprese hanno risposto alla crisi accelerando i cambiamenti  già pianificati, le imprese con oltre 50 dipendenti hanno investito molto di più e nel digitale. Il divario potrebbe espandersi nel tempo. Per ridurre il gap digitale il report BEI delinea alcuni input:

–     il sostegno finanziario mirato per le piccole e medie imprese si è dimostrato efficace  (da noi il sostegno per le Piccole imprese è stato troppo spesso dirottato ad altri beneficiari: non solo grandi imprese ma anche apparati pubblici e grandi organizzazioni istituzionali nda).

–     per le imprese non digitali, semplificare  l’accesso ai  finanziamenti è il modo migliore per sostenere i loro investimenti digitali (e l’export digitale nda).

–      il miglioramento delle competenze e la riqualificazione devono essere obiettivi politici chiave per affrontare il problema della riallocazione riqualificazione nel mercato del lavoro, evitando la trappola nella quale le aziende non esportano e non innovano e in prospettiva i loro dipendenti non crescono proprio per la carenza di competenze e di adattamento imprenditoriale.

Commenta il Vicepresidente della BEI Ricardo Mourinho Félix:

  “Durante la pandemia, la trasformazione digitale è diventata spesso essenziale per la sopravvivenza delle imprese e ha accelerato la trasformazione dell’economia europea”

 Il legame tra digitalizzazione export sostenibilità

Più le imprese sono avanti  nella digitalizzazione, più è probabile che investano in soluzioni che trasformano in opportunità i condizionamenti e le criticità del cambiamento climatico, della crisi energetica, dell’accesso a nuovi mercati. I primi tre mesi del 2022 hanno evidenziato un commercio mondiale ancora in crescita tendenziale dopo la pandemia e non si vedono ancora le  dinamiche recessive innescate del conflitto russo-ucraino e dai  lockdown cinesi. Ragione di più per governare l’evoluzione portando nuove competenze export e digitale soprattutto nelle PMI.

Le misure per ridurre il divario export digitale

Nelle numerose fiere ritornate in presenza e generosamente finanziate dai fondi per l’export abbiamo visto autorità politiche ed esponenti delle associazioni imprenditoriali parlare nei convegni e sfilare fra gli stand congratulandosi con gli speranzosi e coraggiosi imprenditori presenti.

Ma cosa risponde il sistema Italia alle piccole e piccolissime aziende che nell’export e nel digitale ci credono e vorrebbero essere sostenute in modo più efficace per acquisire le competenze necessarie a un percorso sui mercati esteri?
La prima risposta è stata la chiusura  dei fondi Simest 394. Accelerare l’esaurimento dei fondi è stato molto semplice: è bastato aprire le erogazioni alle smallcap, che a quanto pare i capitali devono ottenerli facilmente dal sistema pubblico, mentre le PMI sono notoriamente brave a finanziarsi da sole sul mercato dei capitali.

Ricorda in qualche modo l’approccio cassa per il Mezzogiorno di cui abbiamo parlato sopra. Come i fondi al sud hanno beneficiato il nord allo stesso modo i fondi delle piccole imprese vanno alle corporate. Per tacitare coloro che si permettono di disturbare il manovratore il sistema Italia ha pronto un asso della manica.
La seconda risposta è il bonus export digitale inventato da ICE e Invitalia.

La misura “Bonus Export Digitale” prevede la concessione di 4.000 euro con la finalità di sviluppare l’attività di internazionalizzazione delle micro-imprese manifatturiere nonché delle reti e consorzi.
La Convenzione MAECI-ICE per la promozione straordinaria del Made in Italy, prevede il sostegno ai processi di digitalizzazione delle PMI al fine di metterle in condizioni di avviare o consolidare le attività di export e di internazionalizzazione nell’ambito della strategia delineata dal Patto per l’Export.

Diciamo che erogare fondi alle microimprese è sempre cosa buona e giusta. Detto questo non riesco proprio a  immaginarmi quante imprese italiane diventeranno digitali e esportatrici con il favoloso sostegno di 4.000 euro.

Cosa fanno le imprese: il Premio ExportItalia

Con l’aria che tira alle aziende e agli exportmanager tocca fare da soli.

Il premio ExportItalia promosso da Uniexportmanager sta raccogliendo decine di storie di aziende che ci raccontano come hanno gestito il loro export.
Le candidature dirette delle aziende e le nomination che raccontano le export story da replicare per migliorare l’export possono essere presentate online su premioexportitalia.it, mentre i Comitati regionali del Premio sono al lavoro in tutta Italia per coinvolgere le associazioni imprenditoriale e professionali che vogliono lavorare per portare prosperità al nostro paese migliorando l’export.
E’ questo il vero contributo alla riduzione del divario export, del divario digitale, del divario nord sud.

Giuseppe Vargiu
Presidente Uniexportmanager