Chi lavora nel commercio internazionale  di fronte a quanto avviene in Ucraina, che si aggiunge agli altri devastanti avvenimenti degli ultimi due anni,  deve reagire con equilibrio e responsabilità. Cerchiamo innanzitutto di acquisire una visione più attenta e spassionata rispetto alla narrazione che ci perviene dalla maggior parte dei media.

La mossa di Putler e i cattivi consigli a Zelensky

La mossa di “Putler”, o “Putler Kaputt” come viene apostrofato Putin fin dai tempi dell’annessione della Crimea è probabilmente una follia. Si è organizzato una strategia autarchica per resistere alle sanzioni, forse riuscirà a vincere il primo round con l’Ucraina e instaurare un governo fantoccio, ma difficilmente riuscirà a mantenere il controllo di un paese così grande dove sarà impossibile domare la resistenza di una popolazione ostile e per niente disposta a piegarsi, sostenuta e armata dall’occidente.  
D’altra parte Zelensky ha commesso un grave errore nell’accettare soldi e pressioni interessate per lavorare al distacco dell’Ucraina da Mosca. Poteva governare la crisi del Donbass e mantenere una neutralità che era l’unico modo di salvare il suo paese. Kissinger l’aveva detto a suo tempo: «Far entrare gli ucraini nella Nato porterà solo conflitti». Ma i conflitti Russia / Ucraina a chi giovano?

A chi giova la guerra? Follow the money

Per chi vuole ragionare seriamente su quello che sta succedendo, al di là delle emozioni, dell’angoscia, del dolore e della solidarietà per chi muore, soffre e viene cacciato da casa, suggerisco di partire dal quello che diceva Trilussa nella sua famosa ninna nanna della guerra.

La riflessione è che nulla è cambiato da quando scriveva Trilussa, dalle guerre mondiali, dall’invasione di Hitler, dai conflitti in Iraq, Libia, Afghanistan. Quando gli Americani dicono mandiamo armi all’Ucraina chi fa festa?  350 milioni di commessa ai produttori di armamenti. Ma anche l’industria bellica russa esulta: per ogni vecchio carroarmato distrutto dai razzi ucraini arriveranno laute commesse statali per fabbricarne di nuovi.
E Gazprom? Chi se ne frega, se l’Europa non compra il gas: c’è sempre la Cina, l’Africa, l’India.

Ma anche i produttori di petrolio americani stanno bene: a 50$ al barile non c’è partita, a 100$ estrarre petrolio dalle rocce diventa un business senza precedenti, tanto più se l’europa smette di comprare il gas russo. Questo per dire che dietro tutte le storie che vi raccontano sulle strategie Nato e sulla libertà Ucraina di scegliere le proprie alleanza, si nascondono alla fine solo vili questioni di soldi.
Non meno delle storie e del tifo da stadio che abbiamo visto su vaccini, no vaccini, sull’autolesionistico e inutile greenpass: cortina di fumo sotto la quale prosperano interessi giganti, a partire da quelli personali de6i responsabili del CTS. Non siamo fuori tema: attenzione quando scendono in campo i generali: non sempre si tratta solo di carri armati.

Dopo gli Ucraini saranno gli Italiani a pagare il prezzo più alto

Torniamo alla tempesta perfetta, perché dopo Ucraini (e russi che, a parte gli oligarchi, anche loro sono vittime di una guerra che non vogliono) saremo probabilmente noi Italiani a pagare il prezzo più alto del conflitto tra Russia e Ucraina. Diciamolo chiaro: petrolio, gas, energia erano già aumentati molto prima dell’invasione russa. Più in Italia che altrove degli altri paesi. I rincari delle bollette da noi sono il 150% in Francia il 4%, è solo un esempio.
Il costo dell’energia e l’aumento dei costi delle materie prime ci penalizza come paese industriale, penalizza l’agricoltura, i trasporti, la manifattura. Sarà pagato dall’aumento dei prezzi in casa e dalla minore competitività all’estero. Le sanzioni dell’occidente colpiranno noi prima ancora che l’economia russa. Sarà azzerato nuovamente il nostro florido export con la Russia, oltre a rallentare il mercato tedesco di cui noi siamo grandi fornitori, finiranno i flussi turistici e di investimento russo in Italia, sono a rischio nazionalizzazione i nostri investimenti in Russia. I nostri aiuti “difensivi” comporteranno ulteriori ingenti risorse per finanziare le spese militari.
Tutto questo si tradurrà in quella che si chiama “stagflation”: inflazione e stagnazione: un mix devastante per il nostro già disastrato debito pubblico. e per il nostro futuro.

Gli errori che hanno condotto a tutto questo

Sia ben chiaro che non sto esprimendo giudizi o valutazioni personali, non ne avrei ne l’autorevolezza nè la competenza. Le ragioni di questo ce le spiega con grande lucidità un preoccupato Romano Prodi, uno che di politica internazionale, economia, energia , di Europa e di Italia se ne intende abbastanza. Alla base c’è una visione distorta nella quale  valori assolutamente da perseguire come transizione, ambiente, fonti rinnovabili sono stati messi in una collocazione temporale impossibile.

  1. Abbiamo pensato che dovendo puntare sulla transizione ecologica si potesse fare un salto ed abbiamo smesso di investire sul petrolio. Non si può pensare di avere tutto e subito e di governare la politica energetica con le energie del futuro: non si passa da una montagna all’altra passeggiando nel vuoto».
  2. Non abbiamo rinnovato i contratti long-term con la Russia per le forniture che ci avrebbero consentito di mettere in sicurezza il gas per l’Italia. Lo abbiamo fatto puntando sulla logica del libero mercato del gas per inseguire il prezzo più basso. Strategia che per un breve periodo ci ha favorito mentre adesso ci penalizza enormemente.
  3. Il fatto è che “Noi siamo diversi dagli altri. Nel gas l’Italia è più vulnerabile rispetto a tutti i Paesi della Ue. La Francia punta sul nucleare, la Germania segue altre dinamiche. Non è come con il rame dove siamo tutti uguali. O con l’acciaio. 
  4. “Noi dobbiamo essere fedeli alla Nato che ci garantisce sicurezza, ma tema diverso è capire quali sono i confini della Nato”.

Ora, sempre che non scoppi la terza guerra mondiale, la conclusione forzata, dopo l’inevitabile fase sanzioni, sarà arrivare a sottoscrivere un contratto di lungo periodo con la Russia sulla fornitura del gas naturale. Con buona pace delle sanzioni, della tutela di libertà e democrazia. Oppure riattivare le centrali a carbone (lo stiamo già facendo) e approvvigionarci a maggior costo.
Per non passeggiare nel vuoto, ossia senza gas e senza rinnovabili, per proteggere insieme il nostro ambiente e il nostro benessere, bisogna rendersi conto che occorre costruire gli strumenti per raggiungere la neutralità energetica. Il gas serve, è inutile nasconderlo, e un altro grave errore è stato aver sospeso la ricerca scientifica sul nucleare del futuro. Bisogna essere onesti con i cittadini. Bisogna difendere l’ambiente senza dimenticarci cosa vuol dire cadere nel vuoto».

Fermare il vento con le mani o reagire in maniera concreta

Mi piace richiamare questa frase di Seneca sulla ragione universale che determina la storia umana. Ci sono cose che sfuggono alla nostra comprensione, eventi che sfuggono alla nostra volontà. Non possiamo fermarle, è come cercare di afferrare il vento. Inutile capire cosa passa per la testa di Vladimir Putin. Noi, cosi come la incolpevole popolazione Ucraina, abbiamo il destino di subire le lotte di poteri ed eventi che passano sopra le nostre teste. Ora lasciamo ai governi le loro responsabilità (accadde 83 anni fa quando Hitler si appropriò di Danzica dando inizio alla seconda guerra mondiale), sperando che decidano per il meglio.

Per fortuna non sarà sempre così. Chi lavora e fa impresa in Italia è chiamato a gestire la situazione in modo coerente e responsabile. Ignoriamo le dispute da curva sud e curva nord. Non possiamo permetterci di perder tempo a fermare il vento. La prima riflessione è prendere consapevolezza dei  propri limiti. Questa consapevolezza è  una risorsa preziosa  che ci consente il passo successivo. Il passo successivo è capire quali sono le nostre risorse e competenze e focalizzarle  sul futuro. La tempesta perfetta ha stravolto i mercati, ma questo significa anche che si aprono nuove strade e nuovi mercati. Nonostante embarghi e sanzioni il commercio mondiale raddoppierà i suoi volumi nei prossimi 10 anni.

Con opportunità che possono essere sfruttate dalle più grandi risorse che ha 6il nostro paese: la creatività, l’imprenditorialità, il genio delle piccole e medie aziende italiane, la cultura, il turismo, l’ambiente. La qualità della nostra manifattura. L’autenticità e varietà delle produzioni eno food. Nella tempesta le grandi navi si spezzano, le piccole imbarcazioni cavalcano le onde. Se ben governate.

Rinnoviamo le competenze per export internazionalizzazione organizzazione e sosteniamo le piccole imprese con misure concrete ed efficaci e con una visione di lungo periodo. Per farlo richiamiamo l’attenzione sul dare attuazione pratica alle tesi del pensiero #Exportitalia2030.

Le trovate nel numero zero di questa newsletter, grazie per condividerle.

Il Premio ExportItalia partirà a breve con il roadshow2022, più attuale che mai per aiutare aziende e stakeholder: cominciano finalmente a ricevere l’attenzione delle Istituzioni più attente e illuminate fra cui MAECI, MISE, SIMEST, UNIONCAMERE, BPER alle quali forniamo nuovi modelli, guide, idee , esempi da replicare per uscire tutti dalla tempesta perfetta.

Giuseppe Vargiu
Presidente Uniexportmanager