L’obiettivo di far crescere le aziende italiane, aumentare il numero di quelle stabilmente esportatrici, produrre ed esportare in modo competitivo non potrà essere raggiunto senza semplificare procedure e adempimenti inutili ed eliminare le incrostazioni burocratiche e lobbistiche che zavorrano le piccole imprese italiane. Anche per l’export serve mantenere dritta la barra del timone: e per questo premiamo sulla Pubblica Amministrazione per avere più semplificazione, più trasparenza, e meno burocrazia e propaganda. Intanto i nostri esportatori soffrono perché il costo di fare business in Italia è il più alto del mondo. 4.914 $ per aprire un’attività. Ingrandire questa carta della Worldbank per credere:

In una classifica appena pubblicata da Money.co ci piazziamo all’ultimo posto non solo per i costi, ma anche per i tempi e il numero di adepimenti burocratici necessari per avviare e gestire un’attività. Saremo un popolo di santi e navigatori, ma non certo il paese ideale per attrazione degli investimenti, per l’export, per le startup o le nuove imprese.

Cancellare 600 procedure inutili

Fra gli obiettivi del PNRR ce n’è uno particolarmante ambizioso che impatta su tutte le misure del piano: cancellare  600 procedure entro il 2026, e 200 già entro il 2024. Nell’import-export soffriamo in più le lentezze e burocrazie doganali: sdoganare un container a Rotterdam ha tempi e costi infinitamente inferiori rispetto a Genova o Livorno. La cattiva burocrazia resta il nemico numero uno non solo per il PNRR e per chi dall’Italia lavora con i mercati internazionali, e perde ogni giorno competitività, ma per la stessa sopravvivenza economica del sistema Italia.

Ogni singola attività imprenditoriale è appesantita da iter amministrativi stravaganti anche per le attività più banali. Non parliamo poi delle allucinanti depravazioni burocratiche alle quali imprese e cittadini sono assoggettati nel nome della pandemia. I 7 modelli di green pass, i banchi a rotelle, i milioni di commercianti obbligati a litigare coi clienti e a pagare lavoro negativo per controllare QR code, procedure falsamente rassicuranti e probabilmente inutili visto che da quando c’è il green pass sono 30mila i morti per covid. L’Agenzia delle Entrate chiamata  a perseguitare come appestati gli ultracinquantenni colpevoli di non essersi fatti abbastanza dosi. Polizia Carabinieri e Finanza impegnati nei controlli su mascherine e distanza sui tavoli dei locali, a chiudere i bar, a sanzionare severamente ristoratori e parrucchieri. Lo sketch che segue è scherzoso ma l’effetto delle norme idiote fra chi le subisce e chi le subisce per poter lavorare non è uno scherzo. Si dissemina odio e malessere.

Semplifichiamo con la digitalizzazione

Dicono semplifichiamo grazie alla digitalizzazione. In passato andavo in Comune con due fotografie e facevo subito la carta di identità, oggi a Roma mi dicono che occorrono 4 mesi per la carta di identità elettronica. Vogliamo parlare di firma digitale e documenti elettronici? Qualcuno sa dirmi perchè devo firmare i documenti rendendoli illeggibili col formato pdf.p7m quando esistono miriadi di alternative che ci evitano di diventare matti ad aprirli? Vogliamo parlare di privacy? Metà delle pagine web che apriamo ci bloccano e ci chiedono di approvare illeggibili questiti privacy e “cookies” . Qulcuno sa a cosa serve dal momento che ci basta accendere tv, telefono, o navigatore per essere tracciati fino in Cina? Sembra troppo facile eliminare moduli e procedure inutili. Molto meglio mantenere vecchi moduli riproponendoli sul digitale e complicare anche le cose più semplici con una serie di procedure collaterali tipo  ricorso forzato a a pin, spid, codici di sicurezza, p7m, greenpass.

Rendiamolo semplice

A dire il vero oggi è stata avviata dal Ministero per la Funzione Pubbica una lodevole consultazione pubblica per coinvolgere cittadini e imprese, pubbliche amministrazioni associazioni, enti, parrocchie e quant’altro. Si chiama  “Facciamo semplice l’Italia. Le tue idee per una PA amica”, questo il link.

Bene. Anzi benissimo. Apprezziamo l’iniziativa, e come associazione Uniexportmanager manderemo il nostro contributo. Aspetteremo pazienti il  18 maggio perchè si chiuda  la consultazione, si valutino i risultati, e poi chissa, magari si darà luogo ad azioni correttive. 600 procedure da abrogare non è obiettivo da poco, anche se ce lo dice il PNRR. Anche perchè alle 600 procedure si aggiungono ora quelle per la semplificazione. Consentitemi però di restare perplesso nel pensare che non possiamo cominciare subito, dobbiamo prima ricorrere a una consultazione pubblica per sapere che centinaia di procedure sono inutili e dannose.

36 anni fa ho lasciato una comoda carriera di manager pubblico anche per questo motivo. Da allora non è cambiato molto. Comunque cerchiamo di essere positivi. Alla consultazione possimo partecipare tutti. Ecco la procedura: bisogna munirsi di tutti gli id digitali, registrarsi e collegarsi al sito PA.gov.it,; compilare naturalmente il questionario; indicare i problemi; suggerire in quale modo svolgere la digitalizzazione per risolverli.

Ma perchè è solo la digitalizzazione la parola magica per risolvere i problemi?
Il punto chiave è che il burocrate pubblico è al servizio dei cittadini, ma non dipende da loro. Decide in modo autonomo, o magari rispondendo ad altri burocrati o ad astratti protocolli e procedure, ciò che è bene per i propri “clienti”. Lo abbiamo visto col Covid. E noi, cittadini o imprese, a nostra volta siamo impossibilitati a reagire, se non attraverso altri meccanismi formali o gestiti da altri burocrati o da interfacce digitali. Il cane che si morde la coda. Per far valere i nostri diritti contro le procedure dobbiamo attivare altre procedure. Lo stato aumenta la overregulation e si rafforza vieppiù il groviglio normativo. E insieme il potere dei burocrati. L’intero settore export import e internazionalizzazione è ostaggio degli  apparati burocratici, che decidono in autonomia come erogare fondi  sussidi  misure e servizi di sostegno all’export ripartendoli con grande discrezionali fra microimprese, PMI, grandi gruppi internazionali, e destinando buona parte a sostegno degli apparati stessi. Un gran numero di player tra Ministeri, Assessorati, Organismi ed Enti, Cabine di Regia, Task Force, i Patti per l’export, ora anche la PA Amica.
Maggiore è la complessità burocratica, maggiore il potere degli apparati, maggiore la debolezza di lavoratori e imprese che vedono progressivamente indebolità la loro competitività. Serve a poco rallegrarsi del positivo incremento dei volumi dell’export nazionale quando diminuiscono ancora le aziende esportatrici e cala drammaticamente il vero punto di forza che abbiamo come paese esportatore, che è il surplus commerciale con l’estero.

Le idee per migliorare l’export grazie al cielo esistono anche fuori dai palazzi. Noi le  portiamo avanti con il pensiero #Exportitalia2030 e le traduciamo in iniziative concrete, come ad esempio il PremioExportItalia dove la politica e le amministrazioni sono state invitate a partecipare, se vogliono, contribuendo da protagoniste ad apportare  un forte contributo di comunicazione semplificazione e trasparenza.

Giuseppe Vargiu
Presidente Uniexportmanager