Una cosa è certa: di puntare sull’export per risollevare l’economia di un paese esportatore come l’Italia a quelli che hanno fatto il Recovery Plan non gli è passato neanche lontanamente per la testa. Non solo le politiche per favorire export e internazionalizzazione sono estraneee al al fiume di soldi europei, ma c’è molto peggio: i 200 miliardi di fondi europei in gran parte saranno da restituire.
Ma per restituirli servirà un Sistema Italia che nel tempo si sia rimesso in grado di esportare in misura notevolmente superiore a quanto importa. Sarebbe stato giusto pensare a questo come uno degli obiettivi macroeconomici dichiarati dal PNRR. E invece guardate questa tabella, la voce investimenti – esportazioni – importazioni:
E’ la stessa che trovate a pagina 251 del documento presentato in Europa. E’ pazzesco. Investiamo 200 miliardi per far decrescere le esportazioni! E per fare aumentare quasi 5 volte le importazioni.
Non lo dico io, non è una polemica stravagante dei soliti complottisti, lo dichiara candidamente ed espressamente il documento ufficiale al capitolo impatto macroeconomico.
Io non sono un economista. Spero vivamente di sbagliarmi, se è così qualcuno mi dica dove e perché mi sbaglio, sarò ben felice di ricredermi. Investimenti annui +10,6% risultato: export +0,4 import +4,7.
Qualsiasi azienda se investe si aspetta un ritorno positivo. Che poi magari non arriva, però si investe in funzione di un ritorno. Nel PNRR non è così. L’Italia investe in ritorno negativo: e quel che è peggio lo dichiara apertamente fra gli obiettivi del piano! Intanto vediamo le ricadute del PNRR sui settori produttivi:
Un terzo dei fondi è destinato all’edilizia e dobbiamo dire che i risultati si vedono: sul Superbonus assistiamo a un caos incredibile.
Le banche si tirano indietro, il Ministro dell’Economia e delle Finanze parla delle truffe più grandi del secolo. Possiamo dire che i primi obiettivi di spesa sono stati raggiunti presto e male? Non lo so e devo dire che poco mi interessa entrare in questa polemica.
Il vero scandalo sul quale richiamare l’attenzione
Lo scandalo vero non sono le malversazioni nè i soldi sperperati su bonus edilizi e ristori non dovuti. Non posso pensare che nel fare debiti per 200 miliardi abbiamo scritto chiaramente che NON servono per produrre di più e per puntare sull’export, per creare lavoro. Il PNRR aumenta le importazioni in misura 5 volte maggiore, e impatta zero sulle esportazioni.
Risultato? Invece di produrre e creare lavoro importiamo, non restituiamo i debiti fatti, continiuamo a indebitarci. Perdonatemi la ripetizione: ogni anno investo 10,6 (con soldi da restituire) vendo 0,4 compro 4,7 ne consegue che sono sotto di -4,3. Ora arriva anche la crisi energetica che non farà che peggiorare la situazione e appesantire ulteriormente la bilancia commerciale.
Servirebbe un’altra visione, un’altro PNRR?
Forse non è troppo tardi, questa è una citazione contenuta nello stesso PNRR:
Forse non è troppo tardi, questa è una citazione contenuta nello stesso PNRR: “Per l’Italia, dunque, reduce da un ventennio caratterizzato da lenta crescita economica, costante aumento del tasso di disoccupazione e scarsa produttività del lavoro, il PNRR rappresenta un’occasione unica di ripresa economica e sociale. Perché ciò accada bisognerà supportare gli interventi del Piano con adeguati indirizzi di policy, nonché intensificare gli sforzi per adeguare il nostro Paese agli impegni cogenti richiesti dall’Europa: si tratta di una chiamata collettiva che richiede l’impegno di tutti gli stakeholder, dalle amministrazioni pubbliche alle aziende ai cittadini stessi.”
Si può, si deve ragionare su un nuovo modello di programmazione economica. Trainato dalla valorizzazione dell PMI Italiane, che già originano il 70% del PIL, aiutandole a crescere e fare quello che sanno e possono fare meglio: l’export.
Una strategia per coniugare crescita economica e riequilibrio territoriale, accumulazione del capitale e produttività da un lato e prosperità benessere e coesione sociale dall’altro. E’ una strategia che parte dal basso, è fondata sul buon senso, dice quello che non va e propone soluzioni correttive ai problemi.
Di questa strategia è parte il pensiero #ExportItalia2030, che viene dalla community degli Exportpeople, gente che lavora, fa impresa, consulenza, business, personaggi pubblici… le associazioni come Uniexportmanager, Federitaly, Ancimp, con le loro iniziative stanno portando avanti questo modello che possiamo chiamare di innovazione sociale nel quale l’export è il primo strumento di ripartenza resislienza e creazione di lavoro e prosperità. Di seguito le 24 tesi: grazie per condividerle: questa newsletter ogni settimana vi porterà i modelli positivi concreti, l’individuazione di criticità, azioni correttive per superarle.
Le tesi del pensiero ExportItalia 2030
1. L’Export NON si fa da soli.
2. L’Export è il cuore dello sviluppo dell’economia.
3. Le PMI sono il cuore dell’export.
4. Portare competenze export permanenti in ogni azienda.
5. Obiettivo 2030: 300mila aziende esportatrici .
6. Essere consapevoli che quanto più risorse sono allocate sull’export tanto più si generano benefici superiori all’investimento e si fa crescere il PIL.
7. Sostenere l’export come politica attiva che crea lavoro, occupazione e sviluppo.
8. Non può esserci export senza competenze digitali e senza contenuti sostenibili.
9. Premiare le migliori pratiche export.
10. Abbattere le barriere al commercio internazionale.
11. Combattere i monopoli e le posizioni dominanti che ostacolano la libera concorrenza sui mercati.
12. Sostenere le pratiche, le normative e i regolamenti che rafforzano la specificità del Made in Italy delle PMI.
13. P.A.: Semplificazione, trasparenza, obiettivi chiari , monitoraggio sui risultati.
14. Attuare il patto per l’export e misurarne l’impatto sulle piccole imprese motore della ripartenza.
15. Detassare gli utili provenienti dall’export delle PMI.
16. Sostenere gli expat e i professionisti italiani che lavorano all’estero.
17. Allocare le risorse export prioritariamente sulle pmi.
18. Incentivare le grandi aziende solo se inducono vantaggi alla collaborazione con le PMI in Italia.
19. Un export manager in ogni azienda.
20. Sostenere la qualificazione, la certificazione e la normazione volontaria delle professioni per l’accesso ai bandi.
21. Abbandonare la pratica dei clickday per agevolazioni e incentivi.
22. Promuovere lo sviluppo di export digitale consapevole e condiviso che porta benefici concreti alle aziende e non solo alle grandi piattaforme e fiere.
23. Sostenere le iniziative di collaborazioni fra aziende, professionisti, associazioni professionali e imprenditoriali che promuovono il Made in Italy.
24. La lotta più efficace all’italiansounding si fa portando il Made in Italy autentico delle PMI ai consumatori direttamente nei punti vendita e nei canali commerciali.
Giuseppe Vargiu
Presidente Uniexportmanager
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