Benvenuti alla newsletter #ExportItalia2030: oggi ragioniamo sul perchè esiste un vero e proprio obbligo per le aziende italiane, e sono ancora tantissime, che non fanno export.
Il vostro perchè:
Nuove misure ancora una volta presentate come necessarie, fondamentali, indispensabili e sicure sono state imposte dai decreti legge degli ultimi giorni. Il perché le accettiamo (o no ) è diverso per ognuno di noi. Quando facevo i corsi di formazione di impresa usavo questo giochino per far comprendere il “perché” facciamo le cose:
Immaginate di avere di fronte a voi una stretto trave di legno lunga 10 metri e larga 30 centimetri. Se io vi offrissi cinquanta euro per attraversarla lo fareste? Probabilmente sì. Ora solleviamo l’asticella. Portiamo la trave a 30 metri di altezza e la mettiamo sospesa fra due edifici. Lo attraversereste lo stesso in cambio dei cinquanta euro? Credo di no.
Ma non abbiamo finito. Cosa se uno degli edifici fosse in fiamme e il trave fosse l’unica via di scampo per voi e per i vostri cari? Il “perché“ attraversiamo la trave, perché ci vacciniamo, facciamo un’azione, intraprendiamo un’attività, un lavoro, un acquisto, un comportamento, è molto più importante dell’azione in se.
Perchè esportare diventa un obbligo
Ma che c’entra tutto questo con l’export? C’entra dal momento che la legge di bilancio ha appena introdotto nuove importanti misure per l’internazionalizzazione. Nessuna impresa che voglia definirsi tale potrà più fare a meno dall’entrare nei meccanismi del digitale e del commercio internazionale.
La manovra 2022 interviene rendendo stabili nel tempo le risorse del Fondo 394 di SIMEST e quelle del Fondo per la promozione integrata allocando più di 8 miliardi di euro in cinque anni. Si parla anche di nuove risorse per riorganizzare nel medio periodo l’attività ICE con gli strumenti pubblici a sostegno delle imprese italiane che competono all’estero. Il tutto anche con le risorse del PNRR . Complessivamente, dal 2022 al 2026, parliamo di 8,25 miliardi di euro, di cui 7,5 miliardi per il Fondo 394 e 750 milioni al Fondo per la promozione integrata. In quest’ultimo caso però parliamo di un fondo perduto che affievolirà al 10% dei finanziamenti concessi da SIMEST.
Oltre a un non meglio identificato voucher “promuoviti”, si parla anche di un nuovo bando per l’export digitale, e del ritorno del voucher Digital Temporary Export Manager. Per le piccole e micro imprese significa che l’intensità dei contributi a fondo perduto per export, cumulate con le agevolazioni Impresa4.0 per innovazione e digitale, potrà arrivare al 100%. Come vedete lo stato investe nell’export. Non c’è un Generale Figliolo che rincorre le aziende, ma gli inviti a esportare sono pressanti. Per gli imprenditori non c’è mai stato un contesto cosi favorevole per approcciare i mercati internazionali.
Nonostante il covid infatti il Commercio Mondiale raddoppierà dal 2021 al 2030, e le aziende di un paese naturalmente esportatore come il nostro non possono permettersi di non sfruttare queste opportunità. Ecco perché esportare diventa un obbligo per le aziende, pena l’uscita dal mercato.
Il voucher digital export manager
Abbiamo accennato al voucher digital export manager. Bisogna dire che questa misura, inizialmente criticata da molti, è stata invece ottimamente gestita da MAECI e Invitalia. Infatti una selezione intelligente delle regole di accesso hanno evitato un umiliante click day, e lo scorso dicembre circa 2500 aziende manifatturiere che occupano export manager hanno puntualmente ricevuto gli acconti promessi di diecimila euro. Mantenere, migliorare e soprattutto incrementare queste misure come questa è la strada che porta ad aumentare il numero delle aziende esportatrici.
I due mondi dell’export
Il Voucher TEM 2021 è stato caratterizzato da grande trasparenza: infatti sono note una per una le aziende che hanno beneficiato dei cinquanta milioni allocati per colmare il divario fra domanda e offerta di managerialità per l’export. Sconosciute sono invece le aziende medio grandi che hanno beneficiato dei cinque miliardi erogati da Simest sul fondo 394, protette da una privacy rigorosa che evidentemente non vale per le piccole aziende figlie di un dio minore. I due mondi dell’export italiano sono in divaricazione crescente!
La verità è che ci sono due mondi e due visioni dell’export che rischiano di allontanarsi. Insomma, l’export italiano è fatto in massima parte dalle grandi aziende e organizzazioni, tanto è vero che sono appena 123mila su 4 milioni le aziende esportatrici, e fra queste la massima parte esporta meno di 75mila euro all’anno.
Le statistiche ufficiali e il pensiero dominante esaltano infatti gli straordinari risultati export del 2021, o i 7 settori magnifici dove il made in italy è leader, ma dimenticano aspetti critici. L’export delle grandi organizzazioni italiane, che sempre più spesso sono di proprietà estera, cresce ma il numero delle aziende esportatrici diminuisce.
Il salto di qualità e l’obbligo di lavorare insieme per l’export
Ci sono 8 miliardi in gioco, un piatto ricco per molti, finora non lo è stato per le piccole aziende. Dobbiamo utilizzare queste risorse per migliorare la qualità degli interventi e per sostenere un export che porta benefici in Italia e non solo utili alla preponderanza delle piattaforme internazionali e dei capitali esteri. Si può fare lavorando con una visione condivisa nella consapevolezza che il cuore dello sviluppo export sta nella diffusione di una cultura imprenditoriale orientata all’export e nell’aumento del numero di aziende esportatrici.
Qui trovate le tesi della visione #ExportItalia2030
Il Governo ha compreso la centralità dell’export e ha allocato risorse senza precedenti per sostenerlo. Alle aziende consigliamo di avvalersene. Non c’è bisogno di essere obbligati a organizzare l’export management. Dalla nuova Cabina di Regia per l’Internazionalizzazione che si va insediando, ci aspettiamo risposte almeno a 4 domande precise:
● Chiederemo di sapere quali soldi sono stati dati a chi e con quali risultati.
● Quali misure sono state efficaci e quali no.
● Quante nuove aziende sono diventate esportatrici grazie ai sostegni erogati.
● Quali sono gli indicatori di risultato, ogni progetto di export o di impresa utilizza questi indicatori, e non è chiaro perchè i decreti di attuazione delle misure per l’export non si pongano obiettivi da raggiungere e meccanismi per misurarne il conseguimento.
Grazie per aver letto fino alla fine questo numero. Tutti coloro che si riconoscono nelle tesi Exportitalia2030 sono invitati a iscriversi e condividere questa newsletter su Linkedin, e sono benvenuti agli incontri settimanali che riprenderanno dal prossimo 14 gennaio, ore 16:00. Trovate l’invito sul sito uniexportmanager.it.
Giuseppe Vargiu
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