C’era una volta un architetto, anzi no, in realtà non era un architetto!
Ma si faceva chiamare tale. Era un ottimo arredatore d’interni, ma non era un architetto.

Sapeva disporre i mobili nell’ambiente, acquarellare colori e finiture, ma non sapeva disegnare ergo non era un architetto.

Sembra l’incipit fantasioso di un racconto pirandelliano, invece è esperienza vissuta con un conoscente di lontana memoria.

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Photo by cottonbro on Pexels

Mettere la giacca di altri è uno sport praticato da sempre, talvolta ha il sapore di un divertissement, talora sa di teatro, altre volte invece diventa abuso vero e proprio.

Ricorderete la storia di Frank Jr. Abagnale, al secolo Leonardo Di Caprio, che nel film “Prova a prendermi”, con Tom Hanks, dà una brillante prova di trasformismo: entra furtivamente nel mestiere di altri, camuffando un biglietto da visita o un profilo social con titoli e esperienze non documentabili.

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Prova a prendermi (Catch Me If You Can), 2002

Ma come si dice, fra il dire e il fare, c’è (veramente) l’essere!

Il passo fra la concretezza e le chiacchiere, fra la sostanza e la fuffa è sempre più stretto e sottile di quanto si possa immaginare.

Sta di fatto che il mercato, in tema di export management, mette a disposizione da tempi non sospetti pletore di “presunti colleghi”, che sono a tutti gli effetti web-markettari, esperti di legge o di contabilità, creatori di siti, magari anche grafici e pubblicitari — senza dubbio ottimi professionisti — che solo perché una volta nella loro vita hanno fatto o creato qualcosa che aveva a che fare con “l’estero”, si titolano “Export Manager”, talvolta — e questo è grave — senza mai essersi mossi da casa.

Scriveva Voltaire: “È ben difficile, in geografia come in morale, capire il mondo senza uscire di casa propria.” Ed è qui che l’ “analogico” è la discriminante.

Più che una moda ormai, sembra un (mal)costume molto italiano, nulla a che vedere con chi ha veramente imparato sul campo ed esercita l’export management, avendone appreso tecniche e applicazioni, la dimestichezza e la giusta sensibilità con le culture, le competenze, le soft skill e tutte le buone pratiche che servono per interagire con lingue e Sistemi Paese complessi e differenti.

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Là fuori, su export e internazionalizzazione, c’è una grande confusione, che molto spesso — particolarmente in occasione di promettenti finanziamenti — viene cavalcata da profili, la cui improvvisazione fa sempre rima con qualcosa che non appartiene a chi si occupa di export management e internazionalizzazione.

Indossare i panni di altri in questi casi non è come giocare un gioco di ruolo. Si chiama piuttosto arrogarsi funzioni che non si hanno, spacciare competenze leggère, vendere liste preconfezionate o persino millantare professionalità merceologiche e territoriali, per ottenere le quali non basterebbe una vita di viaggi intorno al mondo.

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Photo by Clint Bustrillos on Unsplash

Potremmo scoprire che anche il vicino di casa, il cugino d’oltreocèano, è un export manager in incognito, ma nessuno lo sapeva!

Il mestiere dell’export è un percorso ricco di sfide, intriso di cambiamenti, aperto a logiche sempre nuove, rivoluzionarie, ma doverosamente estraneo all’improvvisazione.

Il mestiere dell’export è legato alla variabile tempo, essenziale allo sviluppo e all’esito dei progetti. Il tempo dell’analisi, quello della scelta, quello ancora più prezioso dedicato alla strategia e infine quello della semina, di cui pazientemente — con cura attenta e certosina della comunicazione, senza dimenticare la relazione — bisogna attendere e poi capitalizzare i risultati.

Il mestiere si impara (soprattutto) sul campo, da chi lo vive con passione, lo si costruisce nelle relazioni con i Clienti, la cui ricchezza risiede nello scambio di competenze, lo si perfeziona con gli errori, lo si completa con le soddisfazioni.

L’assioma è “Non esiste un mestiere senza studio né esercizio” ma non basta, questo è uno di quei mestieri in cui giocare in squadra, ciascuno con i propri ruoli e competenze, ha un senso, quello autentico, perché è proprio lì che sta la grande differenza!

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Photo by Quino Al on Unsplash

Fausto Massioni

“La magia è credere in noi stessi. Se riusciamo a farlo, allora possiamo far accadere qualsiasi cosa.” (Goethe)